Di salvataggio in salvataggio

Il Patto per l'euro piace (un po') alla politica ma non calma i mercati

David Carretta

L'approvazione del Patto per l'euro non basta a calmare i timori dei mercati e delle istituzioni per la crisi dei paesi periferici dell'Eurozona. Se ieri l'ex commissario Ue, Mario Monti, ha osservato sul Corriere della Sera che “le decisioni prese venerdì dal Consiglio europeo renderanno un po' meglio governabile l'economia europea”, il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, ha detto che “è imperativo” fare di più. I columnist economici internazionali sono ancora più scettici. Secondo Wolfgang Münchau, del Financial Times, il “grand bargain non riuscirà a porre fine alla crisi”.

    L'approvazione del Patto per l'euro non basta a calmare i timori dei mercati e delle istituzioni per la crisi dei paesi periferici dell'Eurozona. Se ieri l'ex commissario Ue, Mario Monti, ha osservato sul Corriere della Sera che “le decisioni prese venerdì dal Consiglio europeo renderanno un po' meglio governabile l'economia europea”, il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, ha detto che “è imperativo” fare di più. I columnist economici internazionali sono ancora più scettici. Secondo Wolfgang Münchau, del Financial Times, il “grand bargain non riuscirà a porre fine alla crisi”. Per Irwin Stelzer, del Wall Street Journal, l'Ue persevera nello “stesso errore”: prima o poi Grecia, Irlanda e Portogallo dovranno “ristrutturare” il debito.

    In piena crisi politica, Lisbona ieri ha visto i rendimenti sui titoli di stato a dieci anni raggiungere un nuovo record dall'introduzione dell'euro: oltre l'8 per cento, un livello insostenibile secondo gli analisti. Standard & Poor's questa settimana potrebbe degradare nuovamente il rating del Portogallo. Nel frattempo, ieri, ha abbassato la notazione di cinque banche del paese. Per il Portogallo è una corsa contro il tempo, in attesa delle elezioni anticipate previste per giugno. José Sócrates, il premier dimissionario confermato alla testa dei socialisti, ha ribadito di non aver bisogno di aiuti: nel caso di un improbabile successo elettorale, riproporrà il piano di austerità bocciato dal Parlamento. Il leader dell'opposizione conservatrice, Pedro Passos Coelho, considerato favorito dai sondaggi, ha promesso ulteriori tagli e altre privatizzazioni. Se forse è possibile trovare i 4,3 miliardi di euro di debito in scadenza ad aprile, difficilmente Lisbona potrà evitare un salvataggio finanziario in giugno, quando deve rimborsare 4,9 miliardi.

    Ma in queste ore c'è anche l'Irlanda a far tremare l'establishment dell'Eurozona. Giovedì saranno pubblicati i nuovi stress test sulle banche irlandesi e, secondo diversi analisti, il governo potrebbe essere costretto a iniettare altri 27,5 miliardi di capitale negli istituti già nazionalizzati. La Bce sta finalizzando un piano di aiuti di medio termine da 60 miliardi per evitare che l'Irlanda resti a secco. Ma, nelle trattative per ottenere uno sconto sul bailout, Dublino ha lanciato una minaccia sistemica: se Germania e Francia non smetteranno di esigere l'aumento delle tasse per le società, le perdite delle banche irlandesi saranno scaricate anche su di loro.

    L'Irlanda ha così scelto una risposta “mercatista”
    alla battaglia di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy contro l'aliquota al 12,5 per cento della tassa sulle imprese. A inizio mese, i leader europei hanno concesso alla Grecia uno sconto dell'1 per cento sul tasso di interesse sul prestito del salvataggio, in cambio di un piano di privatizzazioni di Atene da 50 miliardi. Per un trattamento di favore analogo, Francia e Germania hanno chiesto all'Irlanda di aumentare la “corporate tax rate”. Ma Dublino ha preferito non cedere al ricatto: le basse tasse per le imprese sono la chiave per attrarre investimenti stranieri e rilanciare l'economia. Le trattative si sono arenate fino a domenica, quando il ministro dell'Agricoltura Simon Coveney ha detto che, non solo i contribuenti irlandesi, ma anche i “senior bondholder”, ovvero i “creditori privilegiati”, dovranno sostenere i costi del salvataggio delle banche. In fondo, su richiesta di Merkel, lo stesso principio – imporre delle perdite ai detentori di titoli di stato dei paesi salvati dall'Ue – è stato inserito nel Meccanismo di stabilità finanziaria di cui l'Eurozona si doterà dal 2013.

    Per l'establishment dell'Eurozona il problema è che tra i creditori senior delle banche irlandesi ci sono istituti britannici, francesi e tedeschi. Un “haircut” – una perdita imposta – danneggerebbe ulteriormente i loro fragili bilanci. Nella sola Germania, il settore finanziario è esposto per 21,3 miliardi verso le banche irlandesi. Così ieri la Bce ha risposto con insolita durezza: “Qualsiasi stato che rinnega i suoi stessi impegni perde credibilità”, ha detto a Dow Jones Newswires Lorenzo Bini Smaghi. La Bce, secondo l'agenzia Reuters, sta comunque andando avanti con il suo piano per aiutare gli istituti finanziari irlandesi per un arco di tempo più lungo nell'ambito della nuova “Facility per le banche in ristrutturazione”, destinata a sostituire il programma d'emergenza di liquidità per le banche dell'Eurozona.