Il presidente non si processa

Giuliano Ferrara

Jacques è Berlusconi più Napolitano. Il paese che tagliò la testa al Re è venuto a consigli più miti

Jacques Chirac molto probabilmente non sarà processato. Ma non sono i cavilli procedurali dei grandi avvocati parigini a far questione. Né si può esagerare con i paragoni tra capi europei dell’esecutivo (perché questo sono per l’attualità giudiziaria e per la storia l’ex presidente francese e il presidente del Consiglio italiano): Chirac infatti è Berlusconi più Napolitano, dirigeva il governo come il suo successore Nicolas Sarkozy, di cui il premier François Fillon è solo un capo di gabinetto operoso, ma il presidente eletto esprime l’unità nazionale in una Repubblica riplasmata in senso bonapartista e subliminalmente monarchico dal grande riformatore Charles de Gaulle.

 

Però la notizia, per il pubblico italiano e per quello francese, è grande e significativa. I capi politici alla fine non si processano. Il paese che tagliò la testa al Re è venuto a consigli più miti. Da Daniel Cohn-Bendit, il leader del 1968, ai vecchi comunisti, fino ai liberali e centristi, tutti convengono sul fatto che quello a Chirac è un processo morto e sepolto, di cui un paese serio non sente la necessità. Nessuno, tranne Jean-Marie Le Pen, un Di Pietro che ha fatto il parà, si indigna per la prospettiva, prossima, di un rinvio sine die del dibattimento che riguarda l’ex capo dello stato. La Francia è infatti quel paese in cui una cretinata bolsa come il pamphlet “Indignatevi!” (lo ha liquidato ieri senza tanti complimenti Pierluigi Battista nel Corriere) vende milioni di copie. E’ la patria spirituale della cultura pseudougonotta e pseudogiacobina delle Barbara Spinelli, parigina di residenza e d’attacco, e dei suoi compagnon d’armes nella crociata neopuritana contro Berlusconi e l’impresentabile popolo-paese che egli rappresenterebbe alla perfezione.

  

Eppure, questo è il lato della cosa da osservare con occhi spregiudicati, storie di abuso d’ufficio, con le connesse ipotesi di corruzione impropria e altri reati di un certo peso, non paralizzano il paese durante il mandato del suo capo eletto, che non è immune, è addirittura “inviolabile”, e non lo lasciano impietrito in un sentimento di vendetta a cose fatte, nel dopo. La Corte costituzionale francese, paese molto serio e con un acuto senso dello stato già notato dal Machiavelli nel 1500, è presieduta da un famiglio politico del gollista Chirac, Jean-Louis Debré. I due di recente hanno cenato assieme senza scandalo, sebbene possa toccare proprio al Conseil constitutionnel di esaminare il dossier processuale, perché sono “questioni costituzionali preliminari” quelle che un coimputato dell’ex inquilino dell’Eliseo ha sollevato per ammazzare il processo. Da noi invece le cene private sono reati, orribili espressioni di conflitto di interessi, e nella nostra mentalità inquisitoria tutto è proibito e sospetto e fradicio tranne quanto è consentito dai gestori dell’opinione pubblica e della magistratura d’assalto. Sia lode alla Francia che non si lascia sputazzare dal mondo, che preserva la propria dignità, che non fa pornopolitica. Con una preghiera: i cugini e i loro amici italiani la smettano di tormentarci con l’indignazione.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.