Viva le badanti

Annalena Benini

Qualcuno deve scrivere un'ode alle badanti d'Italia, per ringraziarle di quanta vita portano dentro le nostre vite: parlare di “scippo della pensione di reversibilità”, quando queste signore salvifiche vengono chieste in moglie dall'anziano di cui si prendono cura, è un modo rancoroso e taccagno di raccontare la vecchiaia. Le casse previdenziali contano sempre sulla ragionevole dipartita del pensionato, magari già vedovo e intristito dalla solitudine, ma non avevano previsto l'ondata irresistibile di queste donne di buon umore.

    Qualcuno deve scrivere un'ode alle badanti d'Italia, per ringraziarle di quanta vita portano dentro le nostre vite: parlare di “scippo della pensione di reversibilità”, quando queste signore salvifiche vengono chieste in moglie dall'anziano di cui si prendono cura, è un modo rancoroso e taccagno di raccontare la vecchiaia. Le casse previdenziali contano sempre sulla ragionevole dipartita del pensionato, magari già vedovo e intristito dalla solitudine, ma non avevano previsto l'ondata irresistibile di queste donne di buon umore, energiche e in ottima salute, forgiate nell'acciaio (la ragazza moldava che ha in mano la vita della mia famiglia e per la quale sono pronta a firmare adesso la donazione in blocco della futura pensione, dorme anche d'inverno con la finestra della camera spalancata, esce di casa in vestaglia, in febbraio, per andare a chiacchierare con le amiche, se ha la febbre la uccide con l'aceto nel giro di due ore ed è allegra e dolce anche quando accarezza le foto dei suoi tre figli lontani e piange, anzi piangiamo insieme, e lei consola me di quest'ingiustizia carnale).

    Loro hanno (ancora) la forza, la pazienza e la cura che noi abbiamo perduto assieme al tempo, e spesso mostrano anche la voglia e la convenienza di accendere sprazzi di luce e di vitalità in signori che scivolano su viali del tramonto fatti di minestre riscaldate, maledizioni al governo e previsioni del tempo (“Mi dice cento volte fra la rete dei giardini di una sua gatta morta, di una lite coi vicini, e mi racconta piano, col suo tono un po' sommesso, di quando lui e Bologna eran più giovani di adesso”, cantava Francesco Guccini ne “Il pensionato”, e si chiedeva se quel vecchio fosse stato mai felice, perché a vederli così, quasi assopiti, è più difficile immaginare vite avventurose e grandi conquiste).

    Le badanti preparano pranzi, aprono le finestre, fanno entrare la luce, riempiono la stanza di chiacchiere e rossetto, sono capaci di carezze e di risate, anche davanti a intimità imbarazzanti e a compiti da infermiere. I figli non hanno tempo, le case di riposo sono tristi, le signore straniere sono disposte a farsi carico della nostra vecchiaia, degli acciacchi e dei ricordi. Lo fanno per necessità, si adattano ad abitudini che trovano bizzarre (prestare attenzione ai minuti di cottura della pasta, non condirla con la maionese), accettano di diventare la colonna operosa della famiglia, quella che offre agli altri la libertà di andare in vacanza, di uscire la sera, di dimenticarsi la spesa e le medicine, di sentirsi figli responsabili e genitori amorevoli. Così quando sento amiche disperarsi perché il padre da quando ha la badante è impazzito, si è comprato un giubbotto di pelle e l'ha portata al cinema, e bisogna andare subito dal notaio per evitare disastri, tifo segretamente per la badante e per quel pezzetto di vita nuova, inaspettata ma consapevolissima.

    Tifo per lei, che la notte si alza se lui deve andare in bagno, che resta a Natale se i figli partono per le Maldive, che ascolta la musica del proprio paese e si commuove, che si affeziona anche al gatto e guarda film d'amore, guadagnandosi la possibilità di una vita migliore. E che ha accettato, in qualche caso, di essere un ultimo tuffo al cuore, di comportarsi da moglie e di sprimacciare il cuscino, cercare alla radio le canzoni che gli piacciono, raccontare del marito che pensava solo a bere e non l'amava. La pensione non è un raggiro di incapace ma è il diritto di sposarsi in nome dell'amore e del beneficio verso chi ci fa sentire ancora vivi, è un bel gesto di libertà e di giovinezza.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.