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Gli scontri alla Scala e la grandezza di Barenboim

Giorgio Israel

Un centinaio i giovani dei collettivi universitari e studenteschi che hanno protestato contro i tagli alla cultura e contro la riforma Gelmini. Durante il pomeriggio polizia e carabinieri, in tenuta anti sommossa, hanno spinto i manifestanti in fondo a piazza della Scala, lontano dall'ingresso del teatro peraltro transennato dal lato di Palazzo Marino, sede del Comune. Le forze dell'ordine e i giovani si sono fronteggiati proprio sotto Palazzo Marino.

    Un centinaio i giovani dei collettivi universitari e studenteschi che hanno protestato contro i tagli alla cultura e contro la riforma Gelmini. Durante il pomeriggio polizia e carabinieri, in tenuta anti sommossa, hanno spinto i manifestanti in fondo a piazza della Scala, lontano dall'ingresso del teatro peraltro transennato dal lato di Palazzo Marino, sede del Comune. Le forze dell'ordine e i giovani si sono fronteggiati proprio sotto Palazzo Marino ma la situazione sembra essere al momento sotto controllo. Un altro robusto cordone di poliziotti blocca l'ingresso e l'uscita dalla Galleria Vittorio Emanuele. Gli incidenti hanno cambiato volto e clima alla manifestazione dei rappresentanti della cultura, del teatro e dei sindacati contro i tagli previsti dalla Finanziaria. Il sovrintendente della Scala Stephane Lissner ha detto: "E' così in tutta Europa. E' triste".

    Daniel Barenboim è uno dei più grandi musicisti viventi, e in un intervento sulla musica di Wagner pubblicato di recente dal Corriere della Sera (“Wagner, Israele e i palestinesi”) ha mostrato anche di essere un musicista profondamente colto, capace di mettere in luce gli strati più profondi della tecnica espressiva wagneriana. Prende di petto anche la questione dell'antisemitismo di Wagner, che lo spinse a scrivere un libello dal titolo “Il giudaismo nella musica”. Non ho simpatia per la tendenza a cercare l'antisemitismo ovunque. Ma nel caso di Wagner è difficile trovare attenuanti, né Barenboim lo fa. Ricorda un commento di Wagner alla moglie Cosima in cui affermava che, se avesse dovuto riscrivere degli ebrei, avrebbe detto di non avere nulla contro di loro: “E' solo che ci sono piombati addosso, tra noi tedeschi, troppo in fretta e non eravamo ancora pronti ad assorbirli”, tuttavia non minimizza le “posizioni antisemitiche estreme” di Wagner. Appare convincente nel sostenere che la musica di Wagner non è in alcun modo un veicolo del suo antisemitismo e che l'appropriazione di Wagner da parte dei nazisti fu un abuso, come denunciò anche il compositore ebreo Ernest Bloch.

    La questione è: ha senso proscrivere assieme alle manifestazioni di antisemitismo di una personalità di genio la sua opera, in quanto indistinguibile da tali manifestazioni? Non voler vedere le sfumature della realtà conduce alle condanne totali da “tricoteuse” giacobine. Se il male e il bene si intersecano e ciò favorisce il riproporsi di pregiudizi razzisti, possiamo seguire Barenboim quando invita gli ebrei israeliani a comprendere le rivendicazioni palestinesi. Ma qui ci fermiamo, perché il suo invito non si attiene all'equilibrio richiesto.

    Barenboim parla dell'antisemitismo che ha afflitto l'esistenza degli ebrei per secoli, ma dimentica che l'intellettuale americano-palestinese Edward Said, suo grande amico e collaboratore, sosteneva che gli ebrei non avevano alcun diritto a considerarsi vittime dell'antisemitismo. Il messaggio si ripropone nelle parole di Mahmoud Zahar, leader di Hamas, secondo cui gli ebrei, “i primi antisemiti”, “sono stati espulsi per secoli dai paesi europei per la loro implicazione nell'assassinio di imperatori e dirigenti e per la loro tendenza a seminare rancore e discordia nel mondo”. Ma le rampogne di Barenboim si rivolgono a una parte sola. Quando rammenta agli israeliani di aver occupato una terra non vuota, non dice che quella terra fu per secoli l'oggetto del desiderio di generazioni di ebrei. Il poeta medievale Yehuda Ha-Levi volle finire i suoi giorni a Gerusalemme e fu trafitto dalla lancia di un saraceno davanti al Muro del pianto. Ma il viceministro per l'informazione del “moderato” Abu Mazen sostiene che il Muro del pianto è solo il sostegno del terrapieno delle moschee ed è proprietà islamica. La negazione di ogni rapporto tra l'ebraismo e la Palestina può creare comprensione?

    Questa vicenda rafforza la convinzione che l'animo umano ha facce molteplici e contraddittorie che la mentalità della “tricoteuse” giacobina non lascia comprendere. Per questo, siamo ansiosi di ascoltare l'interpretazione della “Walkiria” di Barenboim alla Scala, certi che sarà un grande dono. Certi che, anche se l'artista non trasferisce nel contesto della questione israelo-palestinese la stessa limpidezza di giudizio di cui dà prova altrove, ciò non interferirà con la qualità della sua arte.