That win the best

Panchine hot

Jack O'Malley

La partita con maggiore carica emotiva del campionato inglese. E' il derby del nord di Londra, per molti il derby dei derby. Gunners contro Spurs. Arsenal contro Tottenham. Roberto Mancini sembra essersi riconquistato cuore, gambe e palle dei suoi giocatori, se è vero che – complici i suicidi multipli di Chelsea e Arsenal – il suo Manchester City è a tre punti dalla vetta della classifica dopo essere stato spernacchiato da tutta la stampa inglese fino a qualche settimana fa. Non fosse che porta cravatte decenti, Ancelotti sarebbe nella stessa situazione di Benitez.

    La partita con maggiore carica emotiva del campionato inglese. Il match dove scorre più adrenalina. E non è questione di bel calcio. E nemmeno di spettacolo. Ma di rivalità, inimicizia, a tratti di odio. E' il derby del nord di Londra, per molti il derby dei derby. Gunners contro Spurs. Arsenal contro Tottenham. Si è giocato sabato e il match non ha tradito le attese. Niente è stato scontato. Nulla è andato come per logica sarebbe dovuto andare. E, infatti, l'immagine più bella, più scenografica, la foto che tutto riassume e tutto dice, è stata scattata a fine partita: Arsene Wenger, coach dell'Arsenal, accovacciato per terra con le mani a coprire il viso, in una posa di plateale disperazione. Cosa è successo? E' successo che alla fine del primo tempo l'Arsenal conduceva per due a zero: Nasri e Chamakh avevano messo il sigillo su quarantacinque minuti perfetti dei Gunners, con un Fàbregas devastante, imprendibile, forse il miglior Fàbregas da inizio stagione. E poi? Poi è successo ciò che solo nei derby accade. “Attenzione – ha detto Massimo Marianella nell'intervallo ai telespettatori italiani collegati su Sky – perché in questa partita può ancora succedere di tutto. Fino alla fine questo derby può regalare gol ed emozioni”. E così è stato. Prima Gareth Bale, poi Van der Vaart e infine Kaboul hanno portato gli Spurs alla vittoria interrompendo un digiuno che durava fuori casa da diciassette anni. Era l'11 maggio 1993, Sheringham e Hendry ne fecero tre nel mitico e indimenticato Highbury. La storia si ripete. E il derby del North London non si smentisce mai.

    E' praticamente l'unico allenatore di cui non si è fatto il nome come possibile nuovo allenatore sulla panchina dell'Inter. Anche perché ci è già stato, riuscendo addirittura a vincere uno scudetto “in segreteria”, roba da pochi. Roberto Mancini sembra essersi riconquistato cuore, gambe e palle dei suoi giocatori, se è vero che – complici i suicidi multipli di Chelsea e Arsenal – il suo Manchester City è a tre punti dalla vetta della classifica dopo essere stato spernacchiato da tutta la stampa inglese fino a qualche settimana fa. Il merito è anche di un Carlos Tevez tanto in forma quanto brutto. Due gol (il secondo con un furbo tocco di tacco a superare portiere e difensore a pochi centimetri dalla linea di porta) e un assist per un esaltante 4-1 in casa del Fulham. La squadra sembra trasformata: non è più un'accozzaglia di nove giocatori che si muovono un po' a caso dietro la linea della palla più un Tevez lasciato da solo là davanti a prendere freddo. Eppure poteva essere il pomeriggio perfetto dell'allenatore del Fulham, Mark Hughes. Cacciato l'anno scorso dalla panchina del City per far posto a Mancini, aspettava da mesi questo momento per rendergli il servizio: una sconfitta contro il Fulham guidato dall'ex sarebbe stato troppo. Soprattutto, sarebbe stata la dimostrazione che il City non giocava più per Mancini. Hughes ha passato i giorni precedenti il match di sabato a preparare a parole la bara con cui seppellire l'odiato avversario. Era certo di presentarsi nel dopo partita in sala stampa con chiodi e martello. A gettare la terra avrebbe pensato la dirigenza dei Citizens. Il campo ha raccontato un'altra storia, con i Cottagers mai pericolosi. E ora Mancini si gioca il campionato forte di una squadra che ha deciso di salvarlo proprio quando sarebbe stato facile farlo fuori.

    Non fosse che porta cravatte decenti, Ancelotti sarebbe nella stessa situazione di Benitez. L'allenatore del Chelsea dice che i rumors di una sua dipartita dopo la terza sconfitta in quattro partite sono “totalmente falsi”, ma il castello dei Blues sta crollando. Come Benitez, Ancelotti ha l'infermeria piena ma, al contrario di Benitez, ha a disposizione una rosa abbastanza folta da poter evitare di mettere in campo i panchinari della primavera. La sconfitta con il Birmingham (1-0, gol di Bowyer) dà segnali paradossalmente positivi: contro il Sunderland i ragazzi di Ancelotti bighellonavano per il campo come bambini al parco, mentre per lo meno sabato il Chelsea ha attaccato per tutta la partita, ha fatto gioco, ha tirato in porta, ma fra i pali avversari c'era Foster, che dopo la pessima figura infrasettimanale con l'Inghilterra si è ricordato di essere un portiere della Premier League e ha parato l'impossibile. Il secondo di Ancelotti, Ray Wilkins, si è dimesso dopo la sconfitta, lasciando l'allenatore italiano con il suo solito sopracciglio alzato, quello di chi non sa che pesci pigliare. Un po' come Benitez, ma almeno primo in classifica.