Qualcosa si muove per Asia Bibi, condannata a morte perché cristiana

Giulia De Matteo

Anche se non ha ancora mobilitato giornali, capi di stato e appelli internazionali come Sakineh, il caso di Asia Bibi è stato affrontato ieri da Benedetto XVI: “Esprimo la mia vicinanza ad Asia Bibi e ai suoi familiari e chiedo che al più presto le sia restituita la libertà”, ha detto al termine dell'udienza generale. Asia Bibi è una cristiana attualmente rinchiusa in carcere in attesa della conferma della sentenza di condanna a morte da parte dell'Alta corte di Lahore.

    Anche se non ha ancora mobilitato giornali, capi di stato e appelli internazionali come Sakineh, il caso di Asia Bibi è stato affrontato ieri da Benedetto XVI: “Esprimo la mia vicinanza ad Asia Bibi e ai suoi familiari e chiedo che al più presto le sia restituita la libertà”, ha detto al termine dell'udienza generale. Asia Bibi è una cristiana attualmente rinchiusa in carcere in attesa della conferma della sentenza di condanna a morte da parte dell'Alta corte di Lahore. L'accusa a suo carico è di blasfemia. Il fatto risale al giugno 2009, quando durante il lavoro la donna aveva chiesto ad alcune colleghe che cosa avesse fatto Maometto per loro, spiegando che Gesù Cristo è morto in croce per i peccati dell'umanità.

    Denunciata, è stata accusata di blasfemia, fattispecie contenuta nell'articolo 295 del codice penale pachistano. Questa legge è spesso un alibi usato per reprimere le minoranze indesiderate, come conferma ad Asianews Shahbaz Bhatti, cattolico, ministro federale per le Minoranze del Pakistan: “La legge sulla blasfemia è spesso utilizzata come uno strumento per risolvere questioni personali; l'85 per cento dei casi risulta falso. Molti innocenti ne sono stati vittime senza prove a loro carico”. Fino a ora a nessuna donna è stata inflitta la pena capitale, ma tristi precedenti confermano l'operatività di questo reato. Risale al luglio scorso l'uccisione fuori dal Tribunale di Faisalabad di Rashid Emmanuel e Sajid Masih Emmanuel, due fratelli cristiani, poco dopo la conclusione dell'udienza di un processo a loro carico per blasfemia.

    L'esistenza di questo reato nella legislazione pachistana sbilancia il difficile equilibrio che questo stato di frontiera cerca di mantenere tra sharia e democrazia, tra lotta al terrorismo e istanze della comunità musulmana. Il caso di Asia Bibi ha fatto riemergere la difficoltà dei rapporti tra islam e occidente. In questi giorni c'è chi ha proposto di abolire la legge in questione sulla blasfemia. A escluderlo categoricamente è il Jamiat Ulema, uno dei più influenti partiti religiosi di Islamabad. “Le donne del Pakistan si stanno muovendo – ha detto ieri Saman Wazdani, musulmana e attivista per i diritti umani – Il caso di Asia Bibi ha fatto pressione sulle nostre coscienze”.

    Molto dipenderà dall'attenzione che la comunità internazionale rivolgerà al caso. Fare il paragone con la maggiore mobilitazione per l'iraniana Sakineh viene automatico. Perché questa differenza? “La battaglia contro la pena di morte e per i diritti umani è ormai consolidata nella civiltà occidentale – dice al Foglio Fiamma Nirenstein, deputata pdl e animatrice di appelli e manifestazioni per la libertà di pensiero e di religione in medio oriente – Ma quando è comminata per motivi religiosi sono tutti più cauti”. Il motivo di questa cautela spesso è “la paura di generare ulteriori rappresaglie e di non essere abbastanza politically correct”, spiega la Nirenstein, che definisce Asia Bibi “un'eroina perseguitata che deve essere difesa da chi ama la libertà”. In Italia Asianews e Tv2000 hanno fatto partire una raccolta firme promossa anche da Alexander John Malik, vescovo anglicano di Lahore. Dopo le parole di impegno del ministro Franco Frattini nei giorni scorsi, anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha annunciato iniziative per salvare la vita di Asia Bibi.