La conversione alcolicamente corretta della sorella di Cherie Blair

Annalena Benini

Tutti abbiamo fatto cose imbarazzanti prima o poi, scrive Julie Burchill sull'Independent. Lei, scrittrice ed editorialista molto scorretta, non nasconde le proprie, così come non ha mai nascosto l'odio per Madonna (“Ora, io lo so che sono grassa: ma devo dire che, se spendessi quattro ore al giorno ad allenarmi, pretenderei di essere molto più figa di Madonna”).

    Tutti abbiamo fatto cose imbarazzanti prima o poi, scrive Julie Burchill sull'Independent. Lei, scrittrice ed editorialista molto scorretta, non nasconde le proprie, così come non ha mai nascosto l'odio per Madonna (“Ora, io lo so che sono grassa: ma devo dire che, se spendessi quattro ore al giorno ad allenarmi, pretenderei di essere molto più figa di Madonna”), e racconta la non riuscita conversione all'ebraismo (una cosa troppo seria e lunga, lei non riesce a seguire nemmeno “Lost” in televisione), i sei mesi in cui è stata lesbica, il momento in cui ha cominciato a sentirsi ridicola ad andare in sinagoga ogni sabato.

    Tutto questo serve come espiazione preparatoria all'attacco micidiale verso Lauren (detta Sarah) Booth, sorellastra di Cherie Blair, che si è platealmente convertita all'islam, capelli gialli sotto il velo, perché, entrando in una moschea in Iran ha sentito “come una scarica di morfina spirituale, assoluta benedizione e gioia”. Secondo la Burchill questa dichiarazione sta tra “l'eccitazione di un'adolescente isterica” e l'impazzimento di una ricoverata per alcolismo che si aggrappa disperatamente al relitto della propria sobrietà: “Non tocco un drink da quarantacinque giorni, e non mi era mai successo”, ha dichiarato infatti, fiera, Sarah Booth, poiché fra i pregi della sua nuova religione c'è la disintossicazione dall'alcol.

    “Non so da che parte cominciare per descrivere la svenevolezza di Booth”, così la descrive come un'attrice fallita, una di cui non si sarebbe mai sentito parlare se la sua sorellastra non avesse sposato Tony Blair, una con la sindrome di Stoccolma a go-go, perché tra l'altro lavora per la televisione iraniana in lingua inglese: “E' a libro paga del regime iraniano, una donna che sceglie di stare con una gang di assassini che sostengono la lapidazione per le adultere!”. Julie Burchill è fuori di sé, ma Sarah Booth era sempre stata un po' sciroccata: quando Cherie era a Downing Street, lei faceva la fotomodella, chiamava il New Labour la “Versace Revolution” e aveva una relazione con il famoso storico e diarista conservatore Alan Clarke, avversario politico di Tony Blair. Poi Tony Blair è diventato cattolico e adesso lei islamica. Forse i problemi fra sorelle riguardano cose di uomini: il padre, Tony Booth, ha avuto sette figlie da donne diverse, si è molto divertito e una volta che rientrava a casa ubriaco passando dalla soffitta, avendo trovato la porta sprangata, si diede fuoco cadendo sopra una bomba di paraffina confezionata in casa. Ognuno asseconda le proprie follie come può: Sarah si mette il velo e smette di bere, Cherie vende su eBay un cronografo regalo di Silvio Berlusconi per guadagnare novanta sterline.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.