V. S. Naipaul che fugge in carrozzella dall'evento culturale: ci voleva

Giuliano Ferrara

Mantua me genuit, diceva Virgilio dei suoi natali. A me Mantova fa venire l'orticaria. E V. S. Naipaul si è conquistato, per quel che valga, tutta la mia simpatia. Non che io sia per principio contro il consumo culturale: bene i concerti e l'opera, bene il teatro, bene il cinema, le librerie piene sono una delizia, le terze pagine sono il nuovo baricentro dei giornali, le mostre e i musei permettono a uomini e donne di non calpestare le città invano. Ma intorno a preziose iniziative letterarie, si incolla con il tempo la limacciosa e bolsa retorica dell'evento.

    Mantua me genuit, diceva Virgilio dei suoi natali. A me Mantova fa venire l'orticaria. E V. S. Naipaul si è conquistato, per quel che valga, tutta la mia simpatia. Non che io sia per principio contro il consumo culturale: bene i concerti e l'opera, bene il teatro, bene il cinema, le librerie piene sono una delizia, le terze pagine sono il nuovo baricentro dei giornali, le mostre e i musei permettono a uomini e donne di non calpestare le città invano. Ma intorno a preziose iniziative letterarie, spesso decentrate nella prosperosa e inventiva provincia italiana, si incolla con il tempo la limacciosa e bolsa retorica dell'evento. Alzarsi e andarsene, soprattutto se si sia in carrozzella come Naipaul, e noti per un carattere tempestoso, atrabiliare, è un modo per ripristinare un equilibrio psicologico e sottrarre a queste feste in gran pompa, sobrie e socialmente utili, al loro destino di cerimonie di regime (culturale): Naipaul dimostra che a Mantova certo si può andare, per un dibattito molto corretto con la correttissima Caterina Soffici, dest/sinist, ma poi uno se ne può anche andare. Che liberazione.

    Si dice che il principale contributo di Beethoven alla musica e all'umanità sia stato la creazione di un nuovo pubblico. Teste riscaldate dall'incendio di una rivoluzione e dal potere della ragione, immagino. Oppure elevate al cielo in un'esplosione di soggettività e di turbamento fino allora sconosciuta al classicismo e alle sue divine regole. Forse è un eccesso interpretativo, ma è da domandarsi che pubblico stiamo creando con il cartellone degli eventi culturali e letterari oggi prevalente? Non dico la prevalenza del cretino, per non scimmiottare il grande Fruttero, ma poco ci manca.

    Con la mediazione del giornalismo moderatoriale, e dei suoi vezzi conformisti, scrittori e popolo si incontrano all'insegna dell'identificazione collettiva nei diversi settarismi umanitari a disposizione. Vogliamo parlare di Africa o di Islam, cara celebrità angloindiana? Tocchiamo le corde vibranti delle accuse di razzismo? Le dispiace se contestiamo trasversalmente il suo racconto sulla bollitura dei gatti? Ah, preferirebbe parlare a fondo dei suoi libri, della sua lingua e del suo mondo? Mi scusi, ma su questo non sono preparata/o… sono un lettore/lettrice di giornali, qui non si fa accademia letteraria, mai in arcadia. Andiamo al sodo, ci parli del suo razzismo come riportato sul Guardian o sul Monde.
    Una carrozzella che se ne va disgustata, una moglie di scrittore che prende tutti in giro salendo sul palco, un moderatore interdetto, un pubblico diviso e fischiante, un incidente di percorso culturale: era quello che ci voleva. Caratteri rissosi in azione dispiegata migliorano cadenze e figure della danza ampollosa e melassosa intorno ai libri, alle celebrities, alle idee ricevute e riespettorate senza vaglio critico. Bisognerebbe organizzare dei festival letterari fatti apposta per esaltare certe luccicanti gratuità della cultura, certe sfumature che non hanno più posto sul palchetto dell'oratore, certe eleganze senza senso e apparente utilità. Bisognerebbe selezionare il pubblico, imporre una regola dei due mandati, due festival e poi per un paio di giri una dieta evenemenziale, per non diventare troppo informati.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.