Not in my bb

Annalena Benini

Il blackberry non è più solo un oggetto meraviglioso, indispensabile, che dà dipendenza: è diventato un gesto eroico. Un telefono (ma telefono non rende l'idea dell'amore e dell'apprensione che il blackberry suscita in chi lo possiede) che si rifiuta di farsi intercettare, un piccolo computer coraggioso che nega i propri codici ai governi e lotta per la libertà.

    Il blackberry non è più solo un oggetto meraviglioso, indispensabile, che dà dipendenza: è diventato un gesto eroico. Un telefono (ma telefono non rende l'idea dell'amore e dell'apprensione che il blackberry suscita in chi lo possiede) che si rifiuta di farsi intercettare, un piccolo computer coraggioso che nega i propri codici ai governi e lotta per la libertà: si scendesse un'altra volta in piazza per manifestare contro la censura, bisognerebbe sventolare un blackberry.

    Gli Emirati, l'Arabia Saudita e l'Indonesia lo vietano perché si può chattare infinitamente, dirsi tutto senza che nessuno sappia nulla. Naturalmente solo fra blackberristi, legati fra loro da un forte senso di appartenenza e solidarietà (a una incosciente che ha per sbaglio tuffato il blackberry in mare sono arrivati molti messaggi di sincero cordoglio). Si finge di leggere un importante articolo del New York Times e intanto ci si racconta segreti irrintracciabili a velocità di chiacchierata, senza necessità di nascondersi, far squillare un telefono, sprecare fiato, lasciarsi ascoltare da qualche spione. In una commedia recente, “Che fine hanno fatto i Morgan?”, Sarah Jessica Parker è costretta a entrare in un programma di protezione testimoni, deve cambiare identità e consegnare documenti, chiavi e telefono all'agente Fbi.

    Prima di separarsi dal blackberry, lei (newyorchese totale, affezionata al frastuono delle sirene, allo smog, al cibo a domicilio e ai taxi) lo bacia e si commuove. “Non daremo a nessun governo le chiavi di accesso ai nostri blackberry”, ha detto Mike Lazaridis, il fondatore dell'azienda che li produce, e molte ragazze speranzose hanno immediatamente digitato il suo nome su Google per vedere che faccia avesse questo genio ed eroe canadese (niente, non è esattamente un bell'uomo, ma non sfigurerebbe fotografato su nessun quotidiano, in questi giorni di continue cronache di palazzo e retroscena politici).

    La libertà di pettegolezzo tascabile non ammette compromessi, la possibilità di non aprire bocca per giorni e giorni, smettere per sempre di parlare con gli scocciatori e restare comunque connessi con il resto del mondo non si può negoziare. Il blackberry appartiene ai diritti fondamentali dell'uomo (soprattutto della donna: spesso i maschi preferiscono altri tipi di smartphone) e non è rinunciabile. E' uno stato dell'anima e non si può piegare a nessuna legge, nemmeno a quella islamica (nei giochi di società estivi, quelli in cui bisogna per forza scegliere una risposta: preferisci metterti il velo o rinunciare al blackberry? il velo in certi casi può perfino regalare fascino e liberare dall'incubo della ricrescita, ma senza blackberry mai).

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.