Mark Twain lo scrisse un secolo fa, ma sembra un film di Woody Allen

Annalena Benini

Quando Adamo incontra il nuovo essere di pelo lungo nel giardino dell'Eden, capisce che niente sarà più come prima.  Dal diario di Adamo: “Il nuovo essere dice che si chiama Eva. Tutto a posto. Nessuna obiezione. Dice che è per chiamarlo quando voglio che venga. Ho risposto che in tal caso era ‘superfluo'. Questa parola mi ha fatto salire nella sua considerazione ed è, in effetti, una gran bella parola, di quelle che si possono ripetere più di una volta.

    Quando Adamo incontra il nuovo essere di pelo lungo nel giardino dell'Eden, capisce che niente sarà più come prima.  Dal diario di Adamo: “Il nuovo essere dice che si chiama Eva. Tutto a posto. Nessuna obiezione. Dice che è per chiamarlo quando voglio che venga. Ho risposto che in tal caso era ‘superfluo'. Questa parola mi ha fatto salire nella sua considerazione ed è, in effetti, una gran bella parola, di quelle che si possono ripetere più di una volta. Il nuovo essere dice che non è un essere, ma una Lei. Dubito, ma per me fa lo stesso. Quel che è non mi interessa, purché si faccia i fatti suoi e non parli”.

    E' “Il diario di Adamo ed Eva”, scritto da Mark Twain nel 1883 e  tradotto adesso da Romana Petri per Cavallo di Ferro (pur essendo già molto famoso,  Twain riuscì a pubblicare questo libro dopo anni, e solo come opuscolo omaggio per promuovere il turismo alle cascate del Niagara, costretto quindi a collocare l'Eden accanto alle cascate, a Buffalo, New York). Adamo scrive che la sua vita non è più felice come un tempo  perché il nuovo essere parla in continuazione, vuole dare un nome a ogni cosa, si specchia nell'acqua, chiama pesci i pesci, è curiosa di tutto, vuole mangiare le mele, chiacchiera col serpente, sostiene che le cascate sono state fatte per il paesaggio e non per tuffarcisi dentro e, se  Adamo scappa lontano per starsene in pace, lo insegue, fa rumori terribili con la bocca e le esce una gran quantità d'acqua dagli occhi, tanto che lui è costretto a tornare nella caverna con lei. “Dice che questo posto potrebbe essere una bella residenza estiva, se solo ce ne fosse l'abitudine. ‘Residenza estiva'! – un'altra delle sue invenzioni – Che sarà mai una residenza estiva? La cosa migliore è non chiederglielo nemmeno, ha sempre una voglia pazza di dare spiegazioni”. 

    E' lei a mangiare la mela per prima,
    ma riesce a dare la colpa ad Adamo, è lei a spiegargli che adesso dovranno lavorare per vivere e lui commenta: “Mi sarà utile. Coordinerò”. Chiunque abbia letto “Le avventure di Huckleberry Finn” da piccolo sogna di costruirsi prima o poi una zattera per scendere lungo il Mississippi, e dormire almeno una volta in una botte: secondo Hemingway  tutta la letteratura americana moderna discende da lì. Ma “Il diario di Adamo ed Eva”, a cento anni dalla morte di Mark Twain, è più sofisticato (e divertente) di “Io e Annie” di Woody Allen. Adamo si sconvolge quando Eva trova una specie di pesce nel bosco, lo chiama Caino e lo tiene sempre in braccio. “La domenica lei non lavora, si distende completamente distrutta e le piace tenere il pesce quasi spalmato sopra di sé. Fa versi idioti per divertirlo e finge di mordergli le zampe, cosa che lo fa ridere. Non ho mai visto ridere un pesce. La cosa mi turba […]. Le domeniche cominciano a piacermi. Sovrintendere per tutta la settimana mi lascia un po' ammaccato. Dovrebbero esserci più domeniche. All'epoca erano dure, ma oggi farebbero comodo”.

    E lei, Eva, quando vede Adamo la prima volta lo trova un po' volgare, poi prende una decisione: “Beh, credo che lo considererò un uomo fino a prova contraria. E' meglio così che restare sempre nell'incertezza”. Lo insegue in cerca di compagnia, usa il “noi” per farlo sentire incluso in qualcosa e a poco a poco (nel frattempo scopre il fuoco ma pensa che serva solo come miglioramento estetico) si accorge di amarlo: “Non è per via della sua intelligenza che lo amo, assolutamente no. Non è colpa sua se si ritrova l'intelligenza che ha, non se l'è fatta da sé… sì, penso di amarlo per la semplice ragione che è mio ed è maschio”. E Adamo, alla fine di tutto, cambia idea sul nuovo essere: “Ovunque lei sia stata, QUELLO era l'Eden”.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.