Eco-ruminanti contro il metano

Maurizio Stefanini

Pecore al curry per combattere il riscaldamento globale. Attenzione: non è che il curry ce lo dovete mettere voi sugli arrosti, per acquisire meriti ecologici. Va bene comunque: ma solo perché è più buono, disinfetta, e d'estate facendo sudare vi abbassa a la temperatura. Ma per ridurre l'effetto serra, col curry ci dovete invece condire il foraggio. Non è uno scherzo, ma il responso di un serissimo studio della britannica Università di Newcastle.

    Pecore al curry per combattere il riscaldamento globale. Attenzione: non è che il curry ce lo dovete mettere voi sugli arrosti, per acquisire meriti ecologici. Va bene comunque: ma solo perché è più buono, disinfetta, e d'estate facendo sudare vi abbassa a la temperatura. Ma per ridurre l'effetto serra, col curry ci dovete invece condire il foraggio. Non è uno scherzo, ma il responso di un serissimo studio della britannica Università di Newcastle.

    In effetti, si sa da tempo che sono gli allevamenti di ruminanti la fonte di almeno il 25 per cento delle emissioni di metano prodotte dalle attività umane. Ed è il metano, formula chimica CH4, una fonte di effetto serra anche 20 volte peggiore del tanto demonizzato biossido di carbonio, CO2. Effetto di deiezioni e peti, ma ancor di più dei rutti. Come si studia a scuola, lo stomaco dei ruminanti è diviso in quattro cavità , che servono apposta a digerire due volte. Discendenti da animali selvatici che dovevano brucare in fretta prima che arrivassero i predatori e per di più consumatori di vegetali duri ad alto contenuto di cellulosa, i ruminanti come prima cosa stoccano l'erba appena masticata nel rumine, dove viene impastata con acqua e comincia a essere attaccata dalla flora batterica locale. Mentre se ne tornano al sicuro la massa va poi nel reticolo, che smista la parte fluida all'omaso. E quando poi infine hanno potuto stravaccarsi con comodo, o strapecorarsi o stracervarsi o che altro, si rivomitano la parte solida in bocca in forma di boli per dargli una seconda e decisiva passata, gustandoselo anche in pace. Per mandare infine tutto nell'abomaso.

    Ci si può dunque figurare che cosa dagli stomachi torni indietro assieme al cibo da ruminare. Ed è una minaccia tanto più insidiosa, in quanto i ruminanti appunto ruttano in un silenzio talmente composto che nemmeno gli allevatori attenti se ne accorgono. Proprio per questo, d'altronde, sia gli allevatori neozelandesi nel 2003 che quelli americani nel 2009 sono riusciti a bloccare proposte di leggi volte a stabilire una specie di Carbon Tax sul metano animale. Dunque, la palla è rimbalzata dal campo dei legiislatori a quello dei ricercatori.

    Già in Nuova Zelanda si è provato a somministrare un foraggio più dolce, in grado di migliorare quel basso rendimento che porta abitualmente i ruminanti a sprecare anche l'80 per cento del cibo da loro ingurgitato. In particolare, leguminose tipo il trifoglio bianco cambierebbero il modo in cui i batteri dello stomaco convertono il materiale ingerito in gas, con un abbattimento che è stato verificato fino al 50 per cento. Ma quanto costerebbe nutrire gli animali solo con trifoglio bianco? A Newcastle si è allora tentato un altro percorso: non cambiare il foraggio, ma aggiungerci qualcosa. E dopo aver sperimentato cannella, chiodi di garofano, comino, coriandolo e curcuma, si è visto che proprio coriandolo e curcuma riducono l'emissione di metano in misura maggiore, perché contengono più acidi grassi insaturi. In particolare, l'effetto calcolato è stato del 40 per cento in meno di metano col coriandolo, del 30 con la curcuma e del 20 con il cumino.

    Tutti e cinque questi ingredienti stanno però già nella ricetta del curry, assieme a pepe, peperoncino, zenzero, noce moscata e fieno greco. Il tutto infatti ammazza i batteri responsabili della produzione di metano: è già accertato con le pecore, ma probabilmente dovrebbe funzionare anche con gli altri tipi di ruminanti. Resta solo da studiare il modo di somministrare il curry alle bestiole. L'ideatore del progetto assicura che dovrebbero andarne pazze. Il nome e cognome di Abdul Shakoor Chaudhry indicano però un'inequivocabile origine indo-pakistana, che forse non lo rende un giudice particolarmente obiettivo.