Verso la pace con Fini

Il Cav. si dà un'estate di tempo per reincollare i cocci rotti di Pdl

Salvatore Merlo

Si è affermato, da ambo le parti, un principio: Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini si devono incontrare. Non è poco considerata l'aria tesa che si respirava ancora ieri mattina in Consiglio dei ministri, con Giancarlo Galan molto irritato con i ministri padani (tema: le quote latte) e con Giulio Tremonti, ancora una volta, schierato a difesa di Umberto Bossi. Ma il moltiplicarsi delle linee di frattura interne alla maggioranza e al Pdl, nelle ultime settimane, paradossalmente, ha avuto l'effetto di rendere politicamente più urgente, talvolta persino agli occhi di un riottoso Berlusconi, la ricomposizione con Fini.

    Si è affermato, da ambo le parti, un principio: Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini si devono incontrare. Non è poco considerata l'aria tesa che si respirava ancora ieri mattina in Consiglio dei ministri, con Giancarlo Galan molto irritato con i ministri padani (tema: le quote latte) e con Giulio Tremonti, ancora una volta, schierato a difesa di Umberto Bossi. Ma il moltiplicarsi delle linee di frattura interne alla maggioranza e al Pdl, nelle ultime settimane, paradossalmente, ha avuto l'effetto di rendere politicamente più urgente, talvolta persino agli occhi di un riottoso Berlusconi, la ricomposizione con Fini. Mercoledì mattina Gianni Letta è stato a colloquio con l'ex leader di An che gli ha sottoposto una sorta di preaccordo: una volta dimessosi Nicola Cosentino e approvato il ddl intercettazioni sono disponibile a incontrare Berlusconi anche la settimana prossima, se volete.

    Messaggio che nel pomeriggio il plenipotenziario del Cav. ha subito trasmesso a Palazzo Chigi a margine degli incontri febbrili che hanno poi effettivamente portato alle dimissioni del sottosegretario campano. La novità delle ultime ore è che il presidente del Consiglio, sebbene non di buon grado, – così risulta al Foglio – avrebbe dato il proprio via libera anche alle ultime modifiche al ddl intercettazioni e dunque agli emendamenti di Giulia Bongiorno e a quei ritocchi che permetteranno di dissipare le ultime perplessità del Quirinale. Ma chi può dirlo con sicurezza? Le evoluzioni degli ultimi giorni hanno confermato agli osservatori una estrema volubilità di intendimenti da parte del Cav., il quale sembra sempre giocare la propria partita sia sul tavolo della trattativa sia su quello del riarmo.

    Per il momento la mediazione di Letta va avanti. Ma non è affatto detto che il tanto atteso vertice tra i due cofondatori del Pdl avvenga in tempi rapidi. Ieri Fini ha fatto smentire la notizia di un incontro già fissato per la fine del mese. Una parte del blocco di mediazione ritiene infatti necessario preparare bene l'incontro per evitare che si trasformi nell'ennesimo incidente diplomatico tra due personalità caratteriali che “non si capiscono e probabilmente non si capiranno mai”. I legati di ambo le parti concordano nella necessità di garantire, preliminarmente, un risultato minimo. Nel giorno fatidico sia Berlusconi sia Fini devono già sapere di essere d'accordo su un punto: il reciproco riconoscimento e la reciproca legittimazione. L'ex leader di An dovrà riconoscere la supremazia della leadership carismatica, mentre il Cav. dovrà accettare Fini in qualità di cofondatore e leader di minoranza. I contenuti più specifici potranno poi anche variare o essere precisati in un secondo momento ma comunque secondo lo schema fissato in quella bozza di accordo controfirmata da Alfano, Ghedini, Augello e Bocchino che da un mese giace sulla scrivania del premier e che il Cav. si è forse risolto a guardare soltanto di recente.

    Berlusconi appare fermo nell'idea di rimettere complessivamente le mani sull'organizzazione del suo partito, un'operazione che dovrà avvenire dopo il chiarimento con Fini. Intanto però si fa pressante la necessità di un confronto con Bossi, c'è chi soffia nell'orecchio del premier: devi capire se Bossi considera più forte il rapporto con te o con Tremonti. Prima di avallare, semmai, la fantasiosa ipotesi di una crisi pilotata da far scattare a ottobre, il Cav. ha necessità di sgombrare il campo dal rischio di tradimenti: un voltafaccia a dimissioni avvenute. Ma per il momento il premier pensa soprattutto al suo Pdl in fiamme. Che fare? Un rimpasto negli organi di controllo a partire dal triumvirato. Circolano già alcuni nomi. Secondo il progetto del premier, anche i coordinamenti regionali saranno rivisti, prima che in Campania (dove Cosentino è ancora in carica), in Lombardia e nel Lazio. Agosto sarà il mese delle novità: il Cav. vorrebbe reincollare il Pdl in frantumi (ieri Frattini parlava di “cupio dissolvi”) riparando le linee di frattura che dividono tra loro gli ex di FI (il gruppo storico contro i ministri donna) e tra una parte di questi e i colonnelli ex di An. Non sarà facile. E chissà se la pace con Fini sarà di aiuto o complicherà le cose. “Il premier rischia di diventare ostaggio dei signori della guerra”, insinua il finiano Carmelo Briguglio: “Dalla rottura con Fini è uscita fuori una classe dirigente che giura fedeltà mentre si attrezza al dopo Berlusconi. Non era meglio, sin da subito, governare in due?”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.