La Spagna in finale dice che talento e arte nel calcio non sono opinabili

Lanfranco Pace

Primo tempo. 6', lancio verticale di Pedro, Villa anticipa i difensori, il portiere Neuer fa un miracolo. 13', triangolo in area, Puyol spreca. 19', cambio di fronte in velocità, apertura a Sergio Ramos, fuori. 21', lancio di Xavi per Iniesta, Lahm non si fa ingannare. 24', azione in velocità di Pedro, palla a Villa e tiro sull'esterno della rete. 30' destro di Xabi dai venti metri, a lato di poco. 44' veronica di Pedro, calcio d'angolo. 46', bomba di Pedro, centrale.

    RIPESCAGGIO. SEMIFINALE. Germania-Spagna: 0-1.  Arbitro: Kassai (Ung). Reti: 28' st Puyol
    Primo tempo. 6', lancio verticale di Pedro, Villa anticipa i difensori, il portiere Neuer fa un miracolo. 13', triangolo in area, Puyol spreca. 19', cambio di fronte in velocità, apertura a Sergio Ramos, fuori. 21', lancio di Xavi per Iniesta, Lahm non si fa ingannare. 24', azione in velocità di Pedro, palla a Villa e tiro sull'esterno della rete. 30' destro di Xabi dai venti metri, a lato di poco. 44' veronica di Pedro, calcio d'angolo. 46', bomba di Pedro, centrale. Un minuto prima la sola azione della Germania, contropiede di Özil che sta per entrare in area, Ramos lo urta: il tedesco va a terra, non è rigore, infatti l'arbitro non fischia. Si ricomincia. 2', numero di Pedro, il tiro di Xabi Alonso è una pappetta. 4', azione in fotocopia, sventola a lato di poco. 9' azione in puro stile cantera del Barcellona, Xavi, Iniesta, Pedro, poi Villa, destro a girare, fuori di un niente. 11', Pedro semina gli über alles ma tira fuori. 12', idem Iniesta. 13', ancora Pedro, ancora fuori. 17', azione palla a terra tutta di prima. 22' Villa in dribbling, Neuer para.

    Sono minuti di fuoco, tedeschi annichiliti da questa banda di bassi e bruni che spuntano da ogni dove. Il problema è che ancora non ne è andata dentro nessuna e per il dio maligno del contrappasso tutto sarebbe ancora possibile. 23', Özil ha il secondo guizzo della partita, finta, fuga, passaggio a Podolski che al volo butta al centro per Kroos: Casillas para. Quello che avrebbe potuto essere non è stato. La partita come concetto finisce qui. Si aspetta solo che qualcuno ne rediga il certificato di morte. Di fronte al turbine degli attaccanti e allo sciupio delle occasioni ci pensa un grande difensore, una bandiera della Catalogna. E' il 26'. Xavi batte un corner, la palla in follia gira e va all'indietro. Lui, Carles Puyol, se ne sta appostato dietro l'ultima linea tedesca, è il più lontano dalla porta, i capelli in battaglia lo fanno più alto dei suoi 178 centimetri ma si alza lo stesso al di sopra delle teste nemiche: impatta di fronte con una violenza che nemmeno di piede. Il portiere non la vede. Schweinsteiger è sconsolato, fa una smorfia come a dire no, non io, non così. E' lui che lo vede troppo tardi, tutti gli altri nemmeno l'hanno visto, tutti ma non Xavi. Dopo aver passato più di un'ora ingobbiti nel vallo atlantico, si buttano avanti con la forza dell'essere tedeschi. Più volte rischiano di essere trafitti. La Spagna nasconde la palla e finisce in attacco.

    Mettiamola così.
    La Germania che sembrava avere trovato armi di distruzione di massa, la Germania che “Haydn e fotti che qualche volta è meglio del lacrimevole tango”, la Germania che tanto è piaciuta al mio amato direttore che da arci-italiano non s'è tenuto dal bastonare i cani che affogano, Maradona e l'Argentina, la Germania come metafora “delle tempeste d'acciaio della barbarie civilizzata con cui noi, Peter Pan del '68, abbiamo poche probabilità di conciliarci”, ipse dixit, questa Germania dunque si è finalmente levata dai “cojones”. Si è inchinata ai “più forti”, ha dovuto riconoscerlo anche il suo coach. Non maramaldeggio. E' che sono contento. Nato in anni lontani e venuto su in una parte di secolo che tanti vorrebbero dimenticare e cancellare, e niente affatto “incinichito” né dalla vita che continuo a credere bella né dai soldi che non ho, continuo a diffidare fermamente della cosiddetta civiltà, barbarica o no, tempestosa o no. E' vero l'arte, il talento, non innervati, non rafforzati dal duro quotidiano lavoro sono un insulto al Dio generoso che dona. Ma è vero anche che il duro lavoro quotidiano senza arte né talento è becera, inutile fatica, piace a comunisti vecchi e nuovi ma resta un'offesa alla condizione umana. Il talento, l'arte sono misteriosi e spesso opinabili, ma non nel calcio.

    Dopo la partita, Luca Marchegiani, ex portiere e commentatore di Sky, ha raccontato di aver visto una volta i giovani del vivaio del Barcellona uscire dagli allenamenti: un lotto di bassi, stortignaccoli, gambe muscolose ma niente altro che alludesse alla possanza, allo strapotere atletico. Perché in fondo solo i piedi contano, diceva. E' lì e solo lì il talento, lì e solo lì l'arte e la bellezza, nei controlli che non fanno rimbalzare la palla, negli stop a seguire che liberano lo spazio, negli assist al volo spalle alla porta, nei “dai e vai” che quando te ne accorgi quelli stanno già in porta, nei lanci da cinquanta metri che aprono le difese come scatole di sardine. In quello che fanno da anni Xavi e Iniesta e non si capisce perché non gli abbiano dato nemmeno un pallone in simil oro. In quello che faceva in un modo ancora ineguagliato Diego Armando Maradona. Cose che sono la deliziosa rivincita degli uomini normali, anzi medi, anche di quelli che hanno fame e non nuotano nel plasmon, che la Germania tutta muscoli e cannate non ha mai fatto e forse nemmeno potrà fare. Auf wiedersehen, amato direttore.

    • Lanfranco Pace
    • Giornalista da tempo e per caso, crede che gli animali abbiano un'anima. Per proteggere i suoi, potrebbe anche chiedere un'ordinanza restrittiva contro Camillo Langone.