Olanda-Brasile 2-1

C'è un fiume di gente vestita di arancione che da un mese segue l'Olanda attraverso il Sudafrica

Francesco Viola

Pretoria. Viene voglia di fare un tifo matto per l'Olanda, dopo avere passato qualche ora in un parco chiamato Fountains Valley, pochi chilometri fuori da Pretoria. L'Oranje Camp è un modo straordinario per neutralizzare i tifosi violenti e colorare di arancione tutto il Sudafrica. Migliaia di supporter della squadra di Robben e Sneijder dall'inizio di giugno si ritrovano tutti insieme in un campeggio, e da lì si muovono per seguire le partite in una sorta di lunga marcia che attraversa il paese con macchine, bus scoperti e naturalmente fiumi di birra.

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    Pretoria. Viene voglia di fare un tifo matto per l'Olanda, dopo avere passato qualche ora in un parco chiamato Fountains Valley, pochi chilometri fuori da Pretoria. L'Oranje Camp è un modo straordinario per neutralizzare i tifosi violenti e colorare di arancione tutto il Sudafrica. Migliaia di supporter della squadra di Robben e Sneijder dall'inizio di giugno si ritrovano tutti insieme in un campeggio, e da lì si muovono per seguire le partite in una sorta di lunga marcia che attraversa il paese con macchine, bus scoperti e naturalmente fiumi di birra. Per essere della partita devi avere addosso qualcosa di orange, una maglietta, un cappello, una parrucca.

    Sembrano tutti uguali. Ma è invece un miscuglio di vite, esperienze e mestieri diversi. Johann è un giovane studente universitario che per pagarsi un viaggio da quattromila euro ha lavorato duramente per sei mesi. “Ci pensavo da anni e finora è un'esperienza fantastica”, dice. Ma troviamo anche Lucas che invece lavora al marketing di una grande azienda, non ha problemi di portafoglio e si è preso un “congedo” di quaranta giorni per seguire l'Olanda in cima al mondo. “Nessuno mi ha preso per matto – racconta in pantaloncini, maglietta della nazionale e un boccale in mano – anzi. Molti miei colleghi vorrebbero passare un mese così”.

    Nella serata che abbiamo trascorso al Camp abbiamo incontrato: un broker finanziario, un impiegato del fisco, un commerciante di giocattoli, due ingegneri, un dipendente di una compagnia assicurativa, un paio di esperti informatici, quattro famiglie con figli che hanno speso le ferie in questo modo, dipingendo di arancio il viso dei ragazzini. Lei, Sofia, ha le guance colorate del tricolore olandese e si occupa di moda: “Visitiamo un paese sconosciuto, viviamo le partite con allegria, non c'è modo migliore per trascorrere un periodo di vacanza”. La prima domanda è: chi glielo fa fare? Però la risposta è molto più semplice di quello che si può immaginare. Dice Giovanni, un italo olandese che ha una gelateria a Utrecht: “Vedi, è una cosa che in Italia non potrebbe neppure essere concepibile. Il tifo per la Nazionale è tiepido, prevale il campanilismo. Un tifoso del Milan o dell'Inter non rinuncerebbe mai a mezza giornata delle sue vacanze con il tricolore addosso. Per noi invece l'arancione è un segno di riconoscimento, un colore che significa appartenenza, identità nazionale”. Oltre che un punto di riferimento per quarantamila olandesi residenti in Sudafrica, il Camp nel tempo è diventato anche un business. La prima esperienza è stata nel 2004 all'Europeo in Portogallo, poi il bis al Mondiale in Germania e infine in Svizzera per l'Euro 2008. Ma non c'era mai stata un'organizzazione così imponente come questa in Sudafrica, con tanto di sponsor birraio, camion di prodotti alimentari fatti arrivare da Amsterdam e campeggi itineranti che seguono le tappe della squadra di van Marwijck.

    Chi ci guadagna è un ragazzo di Breda, Jokko de Wit, poco più di trent'anni, che insieme al socio Jerome Toonen, ha trasformato la passione per l'Olanda in un affare. “Una delle prime regole – ci dice Wieke de Vries, che fa parte dello staff – è che tutti i nomi di quelli che si iscrivono sono passati al setaccio della polizia. Chiunque abbia anche un piccolo precedente per tifo violento sarebbe bandito. Cerchiamo di attirare un pubblico non solo calcistico. Dal 2004 a oggi la percentuale femminile si è alzata, oggi abbiamo l'88 per cento di uomini e il 12 per cento di donne”. All'interno del campeggio di Pretoria la presenza delle forze dell'ordine è costante, soprattutto durante i concerti di una delle band più conosciute in Olanda, la Bzn (Band zonder naam, Banda senza nome), reclutata per tutta la durata dei campionati. Seduto su uno dei pullman scoperti c'è Aart van der Toorn, 72 anni, uno degli autisti che ha impiegato dieci settimane per arrivare a Pretoria dall'Olanda, attraversando sedici paesi. “Sono in pensione – spiega – e volevo fare qualcosa di diverso. Ho avuto tutto l'appoggio di mia moglie, con cui sono sposato da più di quarant'anni”. Il convoglio era formato da 22 veicoli tra camion, fuoristrada e moto; ha raggiunto il Sudafrica il dieci giugno e da allora ha continuato il suo viaggio tra Johannesburg, Città del Capo e Durban. Il Great Trek, la lunga marcia Orange dell'anno 2010, non aveva nessuna intenzione di fermarsi oggi a Port Elizabeth, e continuerà a marciare.

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