Biglietti?

La dura vita dei bagarini al Mondiale sudafricano

Francesco Viola

Ha guadagnato mille dollari in poco più di mezz'ora. Comprando sei biglietti per gli ottavi di finale tra Argentina e Messico e rivendendoli subito a un altro che poi cercherà di piazzarli a sua volta per una cifra ancora più alta. E così via. Fino a quando si raggiungerà un prezzo, il massimo che il mercato consente in quel momento. “Qui funziona come nella vita di tutti i giorni, i biglietti hanno un valore che dipende dalla richiesta che c'è, la cifra che vedi scritta sopra non vale niente”.

    Ha guadagnato mille dollari in poco più di mezz'ora. Comprando sei biglietti per gli ottavi di finale tra Argentina e Messico e rivendendoli subito a un altro che poi cercherà di piazzarli a sua volta per una cifra ancora più alta. E così via. Fino a quando si raggiungerà un prezzo, il massimo che il mercato consente in quel momento. “Qui funziona come nella vita di tutti i giorni, i biglietti hanno un valore che dipende dalla richiesta che c'è, la cifra che vedi scritta sopra non vale niente”, dice seduto al tavolino di un bar nel centro di Johannesburg. Per capirci: ha acquistato i tagliandi per la prossima partita di Maradona sganciando cinquecento euro in contanti e lo ha rivenduto a poco più di mille e cinquecento a un americano che tirava fuori le banconote lentamente, come dovesse contarle bene. Ma ognuno di quegli ingressi valeva ufficialmente cento dollari. Va da sé che il primo venditore li aveva ottenuti gratis o quasi. Il nostro uomo è un italiano. Fa questo mestiere da quando aveva diciotto anni e oggi ne ha quarantacinque. Sono quasi tre decenni, tra Olimpiadi, Mondiali e tutti i grandi appuntamenti dello sport. “Vendo di tutto, anche gli ingressi per la Scala e il Super Bowl in America. Dove c'è un avvenimento che tira, io sono lì”. Vive in Toscana, si chiama Giovanni (ma probabilmente non è il vero nome) e agli ultimi Giochi cinesi ha passato un mezzo guaio, facendosi beccare per strada dalla polizia con un mucchio di biglietti e di banconote.

    “Gli ultimi quattro giorni li ho fatti in una cella con sei persone;
    poi alla fine delle Olimpiadi mi hanno accompagnato in albergo a prendere le mie cose, hanno comprato un biglietto aereo con la mia carta di credito e via in Italia”. Ride quando ricorda altre disavventure di una vita da bagarino di alto livello, uno che ha accumulato qualche milione di euro che tiene in banche di mezzo mondo. Nei tempi morti, tra un campionato e l'altro, passa il tempo in mare con la sua barca. Ma per quelli come lui il Sudafrica non è un grande affare. Anzi, è un gigantesco flop. E' venuto lo stesso perché comprare e vendere significa adrenalina e non si può rimanere senza. “Ma in Germania ho portato a casa trecentomila euro – spiega – a Vancouver altrettanti, forse di più; qui se va bene se ne possono fare venti, trentamila al massimo. E le grandi agenzie di rivendita di biglietti si trovano in difficoltà perché non sanno a chi piazzare i tagliandi comprati qualche mese fa”. Non è un mistero che gli organizzatori si aspettassero più turisti e tifosi. Le previsioni iniziali erano di un milione di persone, poi la cifra è scesa a 450 mila, ma finora non siamo neppure a trecentomila. Qualcosa sta cambiando negli ultimi giorni, ma molti stadi hanno larghi spazi vuoti e i biglietti si vendono a un prezzo inferiore a quello iniziale. Se poi ci mettiamo le difficoltà di trasporto in tutto il paese e gli alberghi che costano un occhio della testa ecco che il numero dei potenziali clienti di Giovanni si restringe. “Però piccoli affari si possono fare lo stesso – dice – solo che i margini sono stretti. Ci sono più tagliandi in circolazione rispetto al solito, ma su ognuno di questi bisogna accontentarsi di guadagni limitati, qualche volta il dieci per cento”.

    Il grande suk dei biglietti dei Mondiali si svolge all'aperto,
    vicino al 132 di Rivonia Road, nella zona più esclusiva di Johannesburg, davanti agli occhi della polizia e dei funzionari della Fifa. Qui si raduna una strana fauna, quelli che gli inglesi chiamano “scalpers”, cioè i bagarini di strada. Ci sono i cani sciolti, quelli che lavorano da soli, altri che si muovono in gruppo e poi quelli che fanno da intermediari per grandi società che vendono sul Web. Molti sono inglesi, poi vengono gli americani, i più agguerriti sono una decina di francesi di origine algerina, ma si fanno notare anche messicani, romeni e serbi. Pochi gli italiani, tra i quali il nostro uomo si aggira come un veterano che ha fatto mille guerre. David per esempio ha in mano due biglietti per Germania-Ghana, che valgono 120 dollari ciascuno. Ne chiede almeno 180, ma i prezzi stanno precipitando perché la partita si avvicina, lo stadio è grande e i ghanesi arrivati in Sudafrica sono pochi. Dopo tre ore gli stessi tagliandi li offre entrambi a 160 dollari. “Le uniche partite su cui si guadagna – spiega Giovanni mentre tratta al telefono l'acquisto di quattro ticket per la finale per 2.500 dollari in tutto – sono al momento Brasile-Portogallo, Spagna-Cile e l'Argentina. Oggi valgono almeno il doppio e sto cercando di comprarne il più possibile, domani chissà. Mentre l'Italia tira poco”. Chi vuole fare i soldi deve puntare su inglesi e brasiliani. E naturalmente semifinali e finale. “A vedere quelle partite vengono dai paesi arabi, disposti a pagare qualsiasi cifra”. Ma da dove spuntano i biglietti? La Fifa dice di averli venduti quasi tutti, ma in realtà molti sono stati “distribuiti” alle federazioni, agli sponsor e alle agenzie. In quelli della finale che ha in mano il nostro uomo c'è scritto: Tour Operator Programme. L'importante, per gli “scalpers”, è avere buoni contatti. Alla fine della giornata Giovanni arrotola le banconote verdi con un elastico e le infila in tasca. Ha addosso decine di migliaia di euro, i jeans sporchi e un maglione da pochi euro. Dice che “in Sudafrica è meglio andare in giro come uno straccione”. Da un milione di euro all'anno.