Brand trust

Ecco gli sponsor che si contendono la Coppa mondiale del marchio più ganzo e famoso (Fifa compresa)

Michele Boroni

Mettiamo da parte per un attimo il pallone, le immancabili polemiche, i pronostici su chi arriverà in finale e anche tutta la retorica legata al rilancio del continente africano, e concentriamoci sul business, che è poi il motivo per cui, almeno oggi, la Fifa organizza la Coppa del Mondo.

    Mettiamo da parte per un attimo il pallone, le immancabili polemiche, i pronostici su chi arriverà in finale e anche tutta la retorica legata al rilancio del continente africano, e concentriamoci sul business, che è poi il motivo per cui, almeno oggi, la Fifa organizza la Coppa del Mondo. Trentadue nazioni coinvolte, duecento paesi che seguono le partite in tv per un totale di potenziali ventisei miliardi di spettatori spalmati lungo un mese sono un palcoscenico appetitoso per qualsiasi brand che si definisce globale.

    La Coppa del Mondo è la big oil dello sport. E quest'anno il bottino è ancora più ricco sia per il business legato al marketing sia per le strategie di comunicazione. Rispetto al 2006 quest'anno la parola chiave di tutti i marchi sarà engagement (coinvolgimento) e il terreno di sfida internet e, soprattutto, i social media. A partire dalla Fifa. Durante i mondiali di Germania la Federazione aveva on line due siti, uno per la Coppa del Mondo e uno per sé. Quest'anno il sito fifa.com è unico per fornire ai fan una maggiore profondità di contenuti esclusivi; perché se è vero che la tv rimane il media di riferimento per la visione delle partite, gli aggiornamenti e le conversazioni avvengono in rete attraverso il computer e gli smartphone. E gli sponsor ufficiali si sono organizzati di conseguenza: Coca Cola e Panini oltre a replicare il classico album delle figurine come nel 2006 hanno ideato una raccolta di “adesivi virtuali” da scambiarsi attraverso il social network di Microsoft, McDonald's (che è il ristorante ufficiale della Coppa del Mondo, sappiatelo) è lo sponsor del gioco ufficiale on line, Castrol ha organizzato il Castrol Rankings, il pagellone delle performance di giocatori e squadre e Hyundai ha sfruttato al meglio Facebook per coinvolgere i tifosi e fargli vincere migliaia di biglietti e soggiorni in Sud Africa.

    Il modello di riferimento della pubblicità resta quello del Superbowl americano. Per questo i principali sponsor, ufficiali e non, hanno realizzato per l'occasione spot milionari coinvolgendo registi di fama (Iñarritu per la Nike) e star del mondo dell'entertainment (Noel Gallagher degli Oasis, il rapper Snoop Dogg, i Daft Punk e David Beckham tutti insieme nel bar di Star Wars per Adidas) senza però mai citare l'evento del Mondiale per non sembrar troppo didascalici o pedanti. Non a caso abbiamo citato questi due marchi, perché è proprio sull'abbigliamento sportivo che si gioca la partita più importante.

    Adidas è il partner principale della Fifa: a fronte di un esborso di 350 milioni di dollari, anche quest'anno fornirà il pallone (nel Mondiale 2006 ne furono venduti dieci milioni), l'abbigliamento agli arbitri, al personale di servizio e a dodici squadre tra cui le favorite Spagna e Argentina e anche alla squadra del Sudafrica. Oltre a questo l'azienda tedesca fornisce le scarpe a duecento star del calcio, tra cui anche l'argentino Lionel Messi che quest'anno indosserà la AdiZero f50, la scarpa più leggera al mondo. Tutto questo non certo per amore del calcio, bensì per superare il record, che stabilì durante gli europei (vinti dalla “sua” Spagna), di 1,3 miliardi di euro di fatturato sui prodotti legati al calcio e confermare la sua leadership sul mercato.
    Dall'altra parte c'è l'americana Nike che quest'anno nella comunicazione punta tutto sulla squadra del Brasile e una serie di calciatori superstar come il portoghese Cristiano Ronaldo e l'inglese Wayne Rooney: insieme con la sua affiliata Umbro (storico marchio che veste l'Inghilterra) sviluppano un fatturato di 1,6 miliardi di prodotti di calcio.
    E infine c'è la tedesca Puma (controllata dal gruppo francese Ppr), che dopo il successo di Berlino del 2006 in cui vestiva gli azzurri campioni del mondo è diventata un brand di prima grandezza. Quest'anno oltre all'Italia (a cui versa 15 milioni di euro all'anno) il marchio punterà sull'orgoglio africano: Puma infatti veste e sponsorizza Camerun, Ghana, Nigeria e Costa D'Avorio e per la comunicazione utilizzerà i colori e lo stile di vita africano per promuovere il marchio, con l'obiettivo di una crescita a doppia cifra del fatturato. Perché se è vero che l'Africa non può ancora essere un fiorente mercato per l'abbigliamento sportivo, c'è tutto un mercato potenziale degli africani sparsi nel mondo: in Francia, ad esempio, all'inzio di quest'anno la stessa Puma andò fuori stock dopo aver venduto in pochi giorni circa 50.000 maglie della squadra di calcio dell'Algeria.
    Comunque andrà, sul campo e fuori, il vincitore è già stato annunciato. Ed è la Fifa che, a fronte di un investimento di nove milioni di dollari, tra contratti di sponsorizzazione, diritti tv e licenze del merchandising, incasserà oltre tre miliardi di dollari.