My fair Sam Cam

Annalena Benini

Samantha Cameron è diventata first lady nel momento migliore della gravidanza (la quarta a trentanove anni), quando la pancia ha la misura perfetta per i vestiti e i tacchi alti su gambe nude non sono ancora una tortura. “E' abbastanza stressante andare al lavoro e portare i bambini a scuola in orario, facendo attenzione al trucco e soprattutto controllando di non avere cereali incastrati nei denti, prima di sorridere ai fotografi là fuori”. Tory anche per dinastia familiare, ma senza averne l'aria

    Samantha Cameron è diventata first lady nel momento migliore della gravidanza (la quarta a trentanove anni), quando la pancia ha la misura perfetta per i vestiti e i tacchi alti su gambe nude non sono ancora una tortura. “E' abbastanza stressante andare al lavoro e portare i bambini a scuola in orario, facendo attenzione al trucco e soprattutto controllando di non avere cereali incastrati nei denti, prima di sorridere ai fotografi là fuori”. Tory anche per dinastia familiare, ma senza averne l'aria (qualche tatuaggio, le scarpe di Zara, il piglio ancora bohèmienne di quando studiava arte all'Università di Bristol), Samantha Sheffield, figlia di baronetto, cresciuta in proprietà imbarazzanti per ampiezza e bellezza, ha sempre guadagnato più del marito, essendo diventata a venticinque anni direttrice creativa di Smythson, uno dei più antichi negozi di Bond Street, di cui indossa spesso le borse per fare pubblicità (anzi, quando è nata sua figlia Nancy, ha disegnato una Nancy bag, andata a ruba per mille sterline).

    Lei è un sacco di cose che bisognerebbe essere: plurimamma con un lavoro che le piace (quattro giorni alla settimana), ragazza con stile, capace di far sembrare costosissimo un vestito da 65 sterline (era di Marks & Spencer ed è andato immediatamente esaurito), elegante con i jeans, moglie amorevole ma in grado di imporre al marito ultra impegnato di tornare a casa una sera sì e una no in tempo per fare il bagnetto ai bambini, donna intelligente che sa trattenere gli sbadigli quando a cena si parla di minuzie politiche, e certo non eccessivamente ideologizzata.

    Ha molto altro a cui pensare, una vera vita da far funzionare, la cucina non ordinata e piena di foto dei figli, il frigorifero enorme, il computer in salotto (ovviamente Macintosh), i video su Youtube per mostrare un ménage familiare da giovani e carini, e ha raccontato in un'intervista la tragedia vera: le notti sul pavimento dell'ospedale quando suo figlio Ivan, il primogenito, nato con una disabilità grave, stava morendo, a sei anni, nel 2009. Per molto tempo è andata a parlare con lui al cimitero ogni giorno, per molti mesi l'hanno fotografata con gli occhi lucidi. “Stiamo insieme da diciott'anni, posso dire che mio marito non è un uomo perfetto, ma non c'è mai stato un momento in cui mi abbia deluso. E' stato incredibilmente forte, gentile, mi ha sempre sostenuta”. A parte quando non lo sopporta perché gira per casa in condizioni igieniche pietose. A settembre nascerà a Downing Street un altro bambino, lo porteranno in giro per Londra in bicicletta e la mamma gli insegnerà a non sembrare aristocratico.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.