Casa D'Alema

Annalena Benini

Massimo D'Alema non aveva mai perso le staffe a quel modo, nemmeno quando si parlava di banche o di scarpe. Ma appena gli è stato rinfacciato, in tivù, l'affitto a equo canone, gli si è gonfiata la faccia, è diventato rosso, feroce, imbarazzato, ha strabuzzato gli occhi, ha urlato: “Va a farti fottere”. La casa fa quest'effetto, accende e mostrifica, risveglia istinti molto bassi e urla molto alte, provoca liti, lacrime, figuracce, divorzi sanguinosi.

    Massimo D'Alema non aveva mai perso le staffe a quel modo, nemmeno quando si parlava di banche o di scarpe. Ma appena gli è stato rinfacciato, in tivù, l'affitto a equo canone, quando gli hanno ricordato che pagava una pigione esageratamente bassa e che infatti decise di lasciare quell'appartamento, gli si è gonfiata la faccia, è diventato rosso, feroce, imbarazzato, ha strabuzzato gli occhi, ha urlato: “Va a farti fottere”, mascalzone, bugiardo, stai zitto, ti manderanno per premio delle signorine, eccetera (scena godibile su Youtube, naturalmente). E l'ex ministro Scajola è scoppiato in irrefrenabili singhiozzi poiché tutti in questi giorni parlano di casa sua (sui giornali, al bar, sugli striscioni, in autobus, con la bava alla bocca e un'edipica invidia del mattone).

    La casa fa quest'effetto, accende e mostrifica, risveglia istinti molto bassi e urla molto alte, provoca liti, lacrime, figuracce, divorzi sanguinosi (nella guerra dei Roses hanno preferito ammazzarsi piuttosto che spartirsi la casa, molti Roses minori in nome della casa fanno cose anche più intimidatorie di un finto patè di cane a colazione). Perché è un pezzo di vita, anzi spesso è la vita intera e riguarda tutti, più delle escort, dei trans, delle consulenze, degli appalti. E' la famiglia, la camera della bambina, il risparmio, l'investimento azzeccato, l'eredità, l'esibizione sociale, l'enciclopedia Treccani in vista, il lampadario di Murano, le vetrinette con il servizio di bicchieri, il parquet da tenere lucido, e togliti le scarpe che mi fai i segni, quando abbiamo i soldi facciamo un altro bagno così ci metti le tue stupide creme. Il Cav. lo sa benissimo e si è inventato il piano casa, niente Ici la prima volta, gli elogi pubblici all'Ikea.

    Corrado Guzzanti, un genio, creò lo spot elettorale decisivo per la vittoria della Casa delle libertà di allora, gente dentro un appartamento che faceva cose proibite: rompere un muro a picconate per avere più luce, buttare gli spaghetti per terra e mangiarli da lì, fare rutti tremendi accolti con un applauso, far pipì sui cuscini del divano, lanciare i bisognini del cane direttamente dalla finestra. Allora qualcuno debolmente obiettava: “Ma questo non si può fare”. Risposta: “Questa è la casa delle libertà, facciamo un po' come cazzo ci pare”. Poi il gran finale: tutti in salotto a fare il trenino cantando: “Brigitte Bardot Bardot”, e palloncini, coriandoli, fischietti, risate. Mai parodia fu più efficace, più invogliante. La casa è un mondo a parte, sicuro, protetto, e non si può sopportare che qualcuno arrivi a spiarlo e a raccontarne i segreti, ma nemmeno si può tollerare che un altro abbia una cucina più bella, una vista migliore, un mutuo più basso. La casa è il confronto con gli altri e soprattutto il prolungamento di sé. Quindi strano che D'Alema non abbia menato Sallusti.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.