Tre dubbi sulla capacità dei greci di mettere ordine nei conti

Giuseppe Pennisi

I negoziati in corso tra la Grecia, da un lato, e i rappresentanti del Fondo monetario internazionale (Fmi) e dell'Unione monetaria europea (Ume) ci riguardano molto più da vicino di quanto non sembri. E non perché l'Economist sostenga che in caso di insolvenza da parte della Repubblica ellenica e di contagio nei confronti di altri stati dell'area dell'euro, dopo Irlanda, Portogallo e Spagna, l'Italia sarebbe a rischio di un fato analogo.

    I negoziati in corso tra la Grecia, da un lato, e i rappresentanti del Fondo monetario internazionale (Fmi) e dell'Unione monetaria europea (Ume) ci riguardano molto più da vicino di quanto non sembri. E non perché l'Economist sostenga che in caso di insolvenza da parte della Repubblica ellenica e di contagio nei confronti di altri stati dell'area dell'euro, dopo Irlanda, Portogallo e Spagna, l'Italia sarebbe a rischio di un fato analogo. Siamo entrati nel gruppo di testa della moneta unica con i conti in ordine e siamo riusciti a mantenerli tali, nonostante i tremori e i timori successivi all'11 settembre 2001 e la crisi finanziaria internazionale in atto dal luglio 2007.

    Allora perché preoccuparsi? Non certo per la spesa addizionale che comporta la nostra partecipazione all'eventuale programma Fmi-Ume (tanto più che si tratta di un prestito a tassi quasi di mercato). Ma per la capacità di tenuta dell'Unione monetaria medesima rispetto a questo choc. La trattativa in corso a Atene non riguarda solo la Grecia ma l'essenza stessa dell'Ume e dei suoi trattati fondatori (Maastricht e patto di stabilità): lo mostrano due documenti.

    Il primo è il “Legal Working Paper” n. 10 del 2009 il cui il direttore del servizio legale della Banca centrale europea, il giurista greco Phoebus Athanasiou, definisce le condizioni per essere espulsi dall'Unione europea (Ue) e dall'Ume. Il monito è serio: l'Ellade le soddisfa tutte, quindi se non si mette in regola può essere cacciata dall'Ume e, secondo un'interpretazione rigorosa del paper, pure dall'Ue.

    Il secondo documento sono le varie bozze (i dettagli cambiano ogni ora) del piano di riassetto della Grecia: un elemento è costante: una manovra di bilancio pari al 10 per cento del pil da effettuarsi nell'arco di tre-cinque anni. E' fattibile? Per entrare nell'euro, negli anni Novanta, l'Italia ha spalmato su circa dieci anni una manovra analoga (il 9,5 per cento del pil), aumentando di sette punti percentuali sul pil il carico fiscale e tagliando di due punti percentuali e mezzo le spese, azzerando in effetti l'investimento pubblico. Il percorso italiano, inoltre, è stato interrotto da due “pause” (nel 1992, quando però proprio la “pausa” innescò la crisi) e nel 1994 (quando il governo Ciampi ritenne di dare respiro al sistema economico dopo la maxi-manovra attuata dall'esecutivo Amato). Quindi, ciò che si aspetta dalla Grecia è un “aggiustamento” molto più intenso di quello effettuato dall'Italia. Stime econometriche (utilizzando un modello analogo a quello del Fmi) suggeriscono che se i 45 miliardi di aiuti verranno erogati rapidamente e l'estero continuerà ad acquistare bond greci al 6-7 per cento l'anno, la manovra comporterà crescita zero per almeno due anni (e un aumento del tasso di disoccupazione al 12-13 per cento della forza lavoro); la Grecia potrebbe sperare in un tasso positivo di crescita a partire dal 2014, non prima.

    Ci sono legittimi dubbi che i greci siano in grado di sostenere una stretta di tale intensità. In caso d'insolvenza verrebbero penalizzate soprattutto le banche franco-tedesche (che detengono tra il 50 e l'80 per cento del debito estero greco). Tuttavia le banche francesi hanno (secondo tutte le stime) un tasso di esposizione verso la Grecia pari al doppio di quelle tedesche. Per l'Italia si aprono due scenari. Se il salvataggio funziona (ma lo si saprà solo nel 2013-14) e blocca il contagio, occorre adoperarsi per modificare i trattati e precisare quando e come mettere in atto operazioni analoghe nell'Ume. Se il salvataggio non funziona, bisogna pensare a ripari in vista di una seria crisi dell'Ume.