Ridateci il Cav. scomparso in questa tetra, interminabile litigata

Giuliano Ferrara

Certe volte quel mostro di bravura e di simpatia che fu il Cav. è irriconoscibile. Che facciamo, presidente? Passiamo i prossimi tre anni a sparlare di Bocchino e a straparlare di Fini, a litigare, a guardarci in cagnesco? A saggiare, usando anche il buco della serratura dei retroscena, il grado di amicizia o di fedeltà che corre tra lei e Fini? Ancora suocere, e altre parentele? Oppure, dietro l'angolo, ci aspetta uno show-down incomprensibile, una rottura che mandi tutto in fumo e certifichi il fallimento di una solida maggioranza politica, di una leadership riconosciuta?

    Certe volte quel mostro di bravura e di simpatia che fu il Cav. è irriconoscibile. Che facciamo, presidente? Passiamo i prossimi tre anni a sparlare di Bocchino e a straparlare di Fini, a litigare, a guardarci in cagnesco? A saggiare, usando anche il buco della serratura dei retroscena, il grado di amicizia o di fedeltà che corre tra lei e Fini? Ancora suocere, e altre parentele? Oppure, dietro l'angolo, ci aspetta uno show-down incomprensibile, una rottura che mandi tutto in fumo e certifichi il fallimento di una solida maggioranza politica, di una leadership riconosciuta?

    Tutto sommato direi che il Cav. dovrebbe preoccuparsi, per una volta, della sua lealtà verso gli altri, verso chi gli vuol bene e lo stima e lo sostiene in modo non servile. Deve essere leale verso la propria storia, che molti di noi hanno condiviso partendo da presupposti tutti diversi tra loro. Deve essere leale verso chi gli ha dato una mano, ricambiato alla pari, sapendo che in ballo non c'era il suo Ego, un suo capriccio, un inno salmodiante che esalta in forma cultuale la sua indispensabilità, ma questo paese, questo tempo, questa storia di tristizie, di faziosità, di vendette, di inganni e ipocrisie che aveva travolto la prima Repubblica. E la speranza di fare qualcosa di diverso, come abbassare le tasse e diradare le manette e le confessioni in carcere e le chiamate in correità e altre delazioni. “Meno male che Silvio c'è” è un sentimento che fu comune, quando una parte codina dei poteri cosiddetti neutri prese parte alla battaglia e fece le sue scelte autoritarie, ma era un codice ironico, un giudizio d'occasione, una convinzione politica matura, non un credo religioso per fanatici, non un canto di fissità psicologica e di epos posticcio.

    L'orgoglio ferito fa brutti scherzi. Berlusconi ha questo di bello, che orgoglioso in modo sciocco, truculento, non è mai stato. Anche la solitudine può far danni seri, e al Cav. capita da qualche tempo, ma  sempre più spesso, di rimanere isolato, estraneo a sé stesso perché estraniato da gente che gli parli in modo non professionale, con un minimo di decente distanza, in perfetta autonomia, in privato. La pressione subita da Berlusconi, anche quella che riguarda esclusivamente la sua vita nell'evoluzione degli anni, è spaventosa, ingiusta, belluina. Ma anche l'avventura da lui corsa è formidabile, suscita inquietudine e timore per lui stesso: si capisce che abbiano voluto bloccare questa valanga a ogni costo. Il Cav. non è un qualunque segretario di partito, fungibile a piacere. Non si può sopravvalutare la sua parabola, che ci riguarda tutti e che ha impresso un marchio su un tratto decisivo di storia italiana.

    Ma Berlusconi non è una statua. Non è di pietra. Non va trattato come un simbolo. Va scosso con affetto e ragionevolezza, come hanno usato fare in passato i Confalonieri, i Letta e altri suoi pochi veri amici. Va messo di fronte alla responsabilità di riconoscersi, di piacersi al suo meglio, di rifarsi al suo clamoroso buonumore, alla sua sapienziale capacità di attacco e di interlocuzione, che sa separare il fondo limaccioso dei sentimenti di dispetto dalle esigenze della socievolezza, dell'ottimismo, del progetto positivo, aperto. Berlusconi deve restituirci sé stesso per come lo abbiamo conosciuto, la sua megalomania è impervia ma sontuosa, in definitiva accettabile,  perché sempre sorridente, benevola, ironica. La torvaggine non è mai stata parte del suo mondo, è sempre stata soltanto un'invenzione dei suoi avversari più faziosi, un modo di cancellarlo e negarlo. Il Cav. deve dimostrare ai suoi amici che i suoi nemici non sono riusciti ad aver ragione della sua eccellenza di carattere, della sua bonomia versatile, dei suoi doni e talenti di persona fiduciosa e anche un poco noncurante. 

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.