Tre presidenti un euro

David Carretta

L'Europa non è ancora uscita dalla peggiore crisi economica del dopoguerra e i mercati tornano a vacillare perché la sopravvivenza dell'euro è in pericolo. E' la “crisi del debito”, accumulato dagli stati membri dell'Unione europea – Grecia, Spagna e Portogallo – cui gli investitori non danno più fiducia perché hanno speso troppo in bailout e stimoli.

    L'Europa non è ancora uscita dalla peggiore crisi economica del dopoguerra e i mercati tornano a vacillare perché la sopravvivenza dell'euro è in pericolo. E' la “crisi del debito”, accumulato dagli stati membri dell'Unione europea – Grecia, Spagna e Portogallo – cui gli investitori non danno più fiducia perché hanno speso troppo in bailout e stimoli. Gli spread dei titoli di stato – che misurano il rischio di bancarotta – si ampliano, creando tensioni insostenibili per la moneta unica. S'invoca la leadership dell'Europa: un pilota a Bruxelles che dia “un segnale forte”. Oggi i Ventisette si riuniscono per decidere le sorti dell'economia, e almeno quattro personalità rivendicano il ruolo di leader per guidare l'Ue fuori dall'ennesima crisi. Ma tanti presidenti non fanno una leadership. Con il Trattato di Lisbona, che doveva dare una sola voce all'Ue, “abbiamo aumentato la complessità e l'illeggibilità”, spiega al Foglio un ambasciatore di un grande paese.

    E' Berlino, e non Bruxelles, che sta organizzando il salvataggio intergovernativo, e non comunitario, della Grecia. La cancelliera Angela Merkel terrà oggi una conferenza stampa congiunta con il francese Nicolas Sarkozy per annunciare un piano. Le capitali nazionali hanno ignorato il nuovo presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, e il presidente della Commissione, José Manuel Barroso. Il presidente dell'Eurogruppo, il premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, è stato a malapena consultato. Al summit informale di oggi, il compito dei presidenti dell'Ue sarà limitato: elaborare la strategia EU 2020, erede della strategia di Lisbona che doveva fare dell'Europa l'economia più competitiva al mondo entro quest'anno. Van Rompuy e Barroso hanno progetti concorrenti. Poi c'è la Spagna, che ha la presidenza di turno dell'Ue: il premier José Luis Rodríguez Zapatero ha un terzo piano che prevede “sanzioni” per chi non rispetta la nuova strategia economica.
    “Il problema quando ci sono troppi leader, è che non c'è un leader sufficientemente convincente”, dice al Foglio Mario Mauro, capogruppo del Pdl all'Europarlamento. “Van Rompuy ha scelto di scomparire dopo la sua elezione. E ci è riuscito!”, spiega l'europarlamentare Alain Lamassoure. Nell'eurocrazia, Van Rompuy ha acquisito la fama di “monarca”, solo perché ha convocato il vertice informale di oggi fuori dalla sede ufficiale del Consiglio e senza codazzi di funzionari. Per il resto, nei due mesi e mezzo dalla sua nomina, Van Rompuy non ha detto quasi nulla sulla crisi dell'euro o la decisione di Barack Obama di boicottare il vertice Ue-Usa di maggio.

    L'Europa si prepara a istituire un grande servizio diplomatico comune – con centinaia tra inviati speciali e ambasciatori – ma “non si sa chi fa cosa”, dicono alla Casa Bianca per spiegare il boicottaggio di Obama. L'Ue aveva detto al resto del mondo di aver abolito le sue presidenze semestrali e essersi dotata di una voce unica. Invece Obama deve fare i conti con due presidenti: Zapatero e Van Rompuy. Così gli americani hanno detto all'Ue: “Prima di convocarci, chiaritevi tra di voi”. L'ex commissario tedesco Günter Verheugen ha spiegato allo Spiegel che “dentro all'Ue non si ha idea di dove stiamo andando. Non c'è accordo su come definire il nostro ruolo nel mondo”. Gli Stati Uniti e la Cina si inventano il G2, mentre gli europei litigano per uno strapuntino al G20. In vista del prossimo summit, “gli assistenti degli assistenti si fanno la guerra su chi va alla riunione degli sherpa degli sherpa”, racconta l'ambasciatore del grande paese.

    Henry Kissinger, che invocava un numero di telefono unico per l'Europa, difficilmente avrebbe chiamato Catherine Ashton, l'Alto rappresentante per la politica estera. Dalla sua nomina, le missioni all'estero si contano sulle dita di una mano. Ma Ashton non rinuncia mai ai fine settimana a Londra. Nemmeno venerdì 15 gennaio, subito dopo il terremoto di Haiti, quando ha preferito tornare in famiglia, dimenticando di coordinare le operazioni di aiuto umanitario dell'Ue. Ashton non ha intenzione di fare i 300 mila chilometri l'anno che percorreva il suo predecessore, Javier Solana, anche se, ha scritto Libération, “un ministro degli Esteri che non viaggia non esiste”. La baronessa non ha idee su come e dove guidare la diplomazia dell'Ue. Dall'Iran all'Afghanistan, dalla Russia alla Cina, “l'impressione attuale è di vuoto”, dice Pierre Lellouche, ministro francese per gli Affari europei.

    Resta Barroso, che nell'ultimo anno e mezzo ha brillato per assenza. “Dobbiamo fare il minestrone con le verdure che ci sono”, dice Mario Mauro. Dopo le bocciature popolari, l'Ue “è sulla difensiva”, ha riconosciuto Van Rompuy. In realtà, l'Europa è fatta di stati e i più grandi dettano le regole: sono Germania e Francia a salvare la Grecia. Berlino preferisce farlo con discrezione, perché non vuole dare ai suoi contribuenti l'impressione di pagare per Atene. All'Ue e ai suoi tanti presidenti non resta che prendere atto, perché manca il fondamento di qualsiasi governo: la legittimità democratica.