Il diavolo a pagina 11

Giuliano Ferrara

Da realisti, rispettiamo i confini che i vescovi si attribuiscono, e quei confini sono perfino un elemento della sana laicità che predichiamo da anni, con i nostri argomenti e spesso in sintonia con quelli ecclesiastici. Però bisogna mettersi d'accordo. Qui il dissenso non è civico, non riguarda il piano regolatore, non insiste su aspetti marginali dell'esistenza civile di un popolo: qui si parla di roba decisiva, principi che sono stati autorevolmente definiti come “non negoziabili”, qui si tratta di vita, letteralmente, o di morte.

    Ma il diavolo si combatte a pagina uno o a pagina 11? Esorcizzarlo è un'opinione individuale o, per lo meno sul giornale dei vescovi, un'opinione editoriale? La domanda è assurda, ma pertinente. Ieri infatti i lettori di Avvenire, quotidiano della Conferenza episcopale, hanno trovato ben descritta, dal punto di vista culturale cristiano-cattolico, la Bonino. Che certo è una peccatrice la quale sarà salvata come tutti dall'inferno, peraltro teologicamente vuoto. Ma viene descritta, dall'autorevolissimo editorialista Domenico Delle Foglie, come un vivente “schiaffo alla comunità cristiana”, come “alfiere di aborto ed eutanasia” eccetera, “testimone di militante inimicizia nei confronti della visione cristiana dell'uomo e del mondo”. L'articolo parla della candidata alla presidenza del Lazio, Roma compresa, come di un soggetto incline al “pregiudizio antireligioso e anticattolico”; predice che la regione da lei presieduta diventerà “il laboratorio di tutti gli zapaterismi”, e non beve la favoletta miticheggiante, diffusa con faccia tosta d'impostura dai radicali, di una “suora laica” alla quale si possano attribuire, sebbene in contrasto con tutte le idee della chiesa “sulle questioni antropologiche che stanno a cuore ai cattolici” (vita, matrimonio uomo-donna, libertà di educazione), elementi di spirito missionario, se non di spirito tout-court.

    Ai cattolici democratici del Pd, che si sono prontamente sottomessi all'opportunismo pro-radicale del nuovo segretario, Delle Foglie dice che “hanno sottovalutato lo schiaffo dato alle comunità cristiane e ai singoli credenti”, e via di questo passo.
    Sì, dopo le elezioni abbasseremo i toni, e anche la cresta, perché se continua così la Bonino vincerà, e dopo la sua vittoria basteranno pochi mesi per sentirci dire che avevamo avuto ragione, il che se non altro è consolante. Ci sarà un tempo per pentirsi delle aspre critiche personali, dello spirito paradossale ma non tanto con cui conduciamo, con timbro aggressivo, una campagna per adesso molto solitaria di denuncia del “caso Bonino” come caso politico e come indizio di un ethos impazzito.

    Ma adesso lasciateci confondere il peccato e il peccatore, il candidato e il suo programma vero e segreto, lasciateci dire che pubblicare a pagina 11 e con l'occhiello tipografico “l'intervento” un esorcismo in piena regola, perfino un po' esagerato sui temi di “genere” o sessuali, come quello di Delle Foglie, bè, questo significa che di nuovo la chiesa cattolica non sa che pesci pigliare. Difficile per il giornale dei vescovi assumere toni irridenti e sferzanti, visto che l'Osservatore Romano è stato tirato in ballo da ambienti cattolici americani, incredibile dictu, come giornale obamian-abortista.

    La chiesa è una cosa seria. Non è un giornalino d'opinione, che fa guerre culturali e politica, a suo modo, o superpolitica. Non è un'istituzione che possa muoversi senza rispettare il principio di precauzione o la virtù così cattolica della prudenza. Deve ipotizzare con chiunque, fosse pure un vivente “schiaffo alla comunità cristiana”, lo spazio di un compromesso possibile. Nel Lazio si governa una quota importante della sanità, e siamo in terra di assistenza ecclesiastica, di dedizione e carità diffusa, e anche di business per il bene della causa. Ovvio.

    Da realisti, rispettiamo i confini che i vescovi si attribuiscono, e quei confini sono perfino un elemento della sana laicità che predichiamo da anni, con i nostri argomenti e spesso in sintonia con quelli ecclesiastici. Però bisogna mettersi d'accordo. Qui il dissenso non è civico, non riguarda il piano regolatore, non insiste su aspetti marginali dell'esistenza civile di un popolo: qui si parla di roba decisiva, principi che sono stati autorevolmente definiti come “non negoziabili”, qui si tratta di vita, letteralmente, o di morte. E allora bisogna, per una via o per l'altra, uscire dall'imbarazzo, mettersi in regola con la propria coscienza collettiva: abrogare definitivamente l'idea che la società possa produrre grandi mali che violentano la nostra libertà e consegnarsi al mainstream ultrasecolarista proclamando l'universale negoziabilità dei principi oppure fare come fece Gedda, sia lodato nonostante la damnatio memoriae, comitati civici e un'onesta battaglia politica e civile nello spazio pubblico tra religione, morale e politica. Deve o non deve reagire una comunità che riceve un simile schiaffo, cioè l'imposizione di una scelta elettoralmente e politicamente minoritaria, che come Rosa nel pugno prende il due per cento, comminata in quanto prospettiva di governo e di guida materiale a una grande regione italiana e alla sua capitale, che qualcosa per la cattolicità significa? Si deve o non si deve impedire che i preservativi diventino ostia consacrata dall'ideologia di stato? Che la Ru486 arrivi al più presto in ogni dispensario romano e laziale, come peraltro già sta per avvenire in Emilia Romagna, per realizzare la felice scelta di aborto privato per la quale il diavolo Bonino si batte da oltre trent'anni, anche contro la legge 194?

    L'Italia è in maggioranza a destra, qualunque cosa destra significhi (a noi piace la “destra divina”, vedi sotto). Era stato delineato un programma di alleanza tra fede e ragione, al servizio di una chiesa contestata ma non irrilevante. Scatta l'ora del diavolo, e un'insopportabile eroina della nostra provincia moderna, inconsapevole del fatto che la modernità è diventata un problema, scende in lizza per realizzare non il male minore bensì il male peggiore. Noi non c'impicciamo più di tanto, ma abbiamo l'impressione che i vescovi qualcosa dovrebbero pur farla. Non a pagina 11, per cortesia.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.