Craxi e i quattrini

Giuliano Ferrara

Sergio Romano, più comprensivo e meno burbero del solito, ha scritto ieri nel Corriere di Bettino Craxi, leader socialista e uomo di stato italiano morto latitante in Tunisia il 19 gennaio del 2000, un editoriale giusto a metà. C'è il riconoscimento dei grandi meriti politici dello statista italiano, elencati con puntiglio e buona memoria, e poi la segnalazione di due limiti: la creazione di un forte debito pubblico negli anni Ottanta, la partecipazione ad un sistema illegale di finanziamento della politica.

    Sergio Romano, più comprensivo e meno burbero del solito, ha scritto ieri nel Corriere di Bettino Craxi, leader socialista e uomo di stato italiano morto latitante in Tunisia il 19 gennaio del 2000, un editoriale giusto a metà. C'è il riconoscimento dei grandi meriti politici dello statista italiano, elencati con puntiglio e buona memoria, e poi la segnalazione di due limiti: la creazione di un forte debito pubblico negli anni Ottanta, la partecipazione ad un sistema illegale di finanziamento della politica. Dei meriti di Craxi nulla più di quanto abbiamo scritto, qui e altrove, quando veniva linciato e tradito da molti che oggi lo rammemorano compunti e orgogliosi. Alla fine, la diagnosi di Romano, il suo punto di vista borghese-nazionale, coincide con la nostra. Il problema è quello dei quattrini, il debito pubblico da un lato, e il prelevamento al sistema delle imprese, private e pubbliche, ovvero il sistema delle tangenti.

    Un economista o uno storico informati e competenti non dovrebbero negare, se non andiamo errati, una circostanza documentata: il debito pubblico crebbe in modo anomalo come fattore di sistema, vi contribuirono consociativamente i partiti tutti e i sindacati tutti, governo e opposizione nonché la classe degli imprenditori e dei boiardi di stato; tanto è vero che in seguito, e ormai si tratta di vent'anni, nessuno più lo ha domato, il mostro debitorio, nonostante le promesse, i cambiamenti di regime e di struttura del sistema economico e produttivo di questo paese. Il debito pubblico non si controlla con l'alto livello di tassazione “a compenso” degli interessi e oneri vari che comporta, si riduce in un solo modo: con la crescita economica, i cui alti saggi potenziano le entrate fiscali, anche in presenza di una imposizione meno esosa. Con la crescita da economia assistita in cui siamo specialisti ci terremo per generazioni questo alto livello di debito pubblico, nonostante l'euro, perché è la cura miserabile dei nostri mali, un elemento connotativo della nostra identità nazionale. Craxi c'entra e non c'entra.

    In fatto di tangenti Craxi era un asso. Grandioso, formidabile, temibile nel mungere le imprese pubbliche e private, nel cercare di dare forza al Partito socialista, da sempre schiacciato tra i finanziamenti pingui di Mosca al Pci (via coop e molto altro), i finanziamenti americani a Dc e Psdi (sindacati, Cia eccetera), e i mille rivoli confindustriali per non parlare dei soldi del petrolio al grande Ugo La Malfa. Il punto è che le tangenti erano la regola dalla fondazione della Repubblica, ma fascismo e Stato unitario liberale non fecero eccezione alla regola repubblicana più tarda; la differenza è che Craxi le mise al servizio di una ambiziosa politica autonomista, e senza quella sprezzatura, talvolta mescolata con un po' di pacchianeria piccolo borghese e piccolo socialista, le sue ambizioni e i suoi meriti riconosciuti non avrebbero avuto la possibilità nemmeno di manifestarsi, non si dica di prevalere e realizzarsi. Nei partiti, per usare il gergo fesso dei mozzorecchi, si “rubava” e si “ruba” a man bassa, anche perché se non rubi tu ruba un altro e ti porta via il partito di sotto il naso, e quel che conta non è il finanziamento illegale della politica ma la politica.

    Se si voglia un sistema moralizzato, con la corruzione limitata,
    bisogna che i partiti siano agili comitati elettorali, che la politica si faccia solo nelle assemblee elettive e nel potere esecutivo, e che l'attività dei politici in pubblico si riduca sostanzialmente al fund raising regolarmente denunciato nelle liste pubbliche del lobbying, insomma alla raccolta legale dei soldi. Il modello c'è, è quello americano. Sono passati vent'anni dal regno di Craxi, dieci dalla sua morte, e nessuno ha nemmeno pensato di andare in questa direzione.
    Chi alza la posta deve procurarsi i soldi per stare al tavolo da gioco. A confronto con quello dei suoi linciatori moralisti del partito degli onesti, a confronto con quelli che al tavolo da gioco barano, il rapporto di Craxi con i quattrini era limpido, solare, serenamente illegale. Ma votato alla realizzazione di una grande politica.  

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.