Un altro Papa in Sinagoga

Giuliano Ferrara

Giovanni Paolo II aveva un'impostazione profetica, scavalcava gloriosamente i problemi con la volontà e la visione. Benedetto XVI è Papa teologo, si colloca alla radice delle questioni e delle controversie, ed esercita il mite rigore dottrinale che gli si conosce e che mise al servizio dell'avventuroso slancio del predecessore. Wojtyla aprì la strada di una nuova coesistenza tra ebrei e cristiani, dopo il grande salto conciliare della libertà religiosa e della denuncia dell'antigiudaismo cristiano, con la prima visita alla Sinagoga romana e con lo slancio penitenziale del Giubileo del 2000, i mea culpa della chiesa (santa) per errori e delitti dei suoi figli nella storia.

    Giovanni Paolo II aveva un'impostazione profetica, scavalcava gloriosamente i problemi con la volontà e la visione. Benedetto XVI è Papa teologo, si colloca alla radice delle questioni e delle controversie, ed esercita il mite rigore dottrinale che gli si conosce e che mise al servizio dell'avventuroso slancio del predecessore. Wojtyla aprì la strada di una nuova coesistenza tra ebrei e cristiani, dopo il grande salto conciliare della libertà religiosa e della denuncia dell'antigiudaismo cristiano, con la prima visita alla Sinagoga romana e con lo slancio penitenziale del Giubileo del 2000, i mea culpa della chiesa (santa) per errori e delitti dei suoi figli nella storia. Ratzinger si è dato un compito più delicato, quello di suggellare il percorso fatto in direzione della libertà, senza niente rinnegare e in palese continuità magisteriale, tuttavia perseguendo la propria specifica missione di ridefinire il perimetro dell'identità cattolica nel mondo postmoderno. Le tensioni che precedono la visita di Benedetto in Sinagoga, e il suo incontro di domenica con il rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, si spiegano con molte ragioni, e anche con questa distinzione storica.

    Studioso di Maimonide, singolare e immensa figura di filosofo nel giudaismo, il rabbino Giuseppe Laras, capo per un quarto di secolo della comunità di Milano e dirimpettaio di Carlo Maria Martini, antepapa (con la “e”) per autodefinizione, ha espresso dissenso dalla decisione dei romani di confermare l'appuntamento con B-XVI nonostante la dichiarazione delle “virtù eroiche” di Pio XII nel processo di beatificazione, e ha annunciato con toni bruschi la propria assenza. Di Segni ha replicato con civiltà, con grazia, affidando alla storia il giudizio su quale sia il comportamento lungimirante da tenere in questa circostanza intrinsecamente profetica (insomma, incontri come questi non sono cose di tutti i giorni). Tuttavia anche il giornale della Comunità romana, “Shalom”, torna sulle responsabilità o le omissioni storiche del vescovo di Roma nell'epoca delle persecuzioni razziali e, infine, dello sterminio degli ebrei d'Europa, che ebbe appunto in Roma uno dei suoi capitoli infami e imperdonabili. I cattolici ammettono che la discussione storica è tuttora aperta, non si chiudono a riccio sebbene abbiano un giudizio diverso a proposito della pastorale di Pio XII verso gli ebrei: ma una causa in materia di santità è altra cosa da un giudizio storico, dicono comprensibilmente. Come si può capire, la situazione è comunque difficile.

    L'ebreo di Nazaret divide radicalmente ebrei e cristiani. Il problema del tempo messianico non è una bagattella o un affare teologico di ordinaria amministrazione. Elezione e universalismo sono in conflitto aperto almeno a partire dalla stagione del convertito san Paolo. Perfino il giudizio storico sul Novecento risente di punti di vista traumaticamente differenti, ed in questo è chiaro che la parola più alta e dolorosa è quella di un popolo sopravvissuto a stento alla catastrofe dell'umanità e al nichilismo razzialmente connotato. Esistono strumenti concettuali moderni per attenuare il contrasto, per privarlo della sua storica asperità, e la chiesa cattolica non ha fatto poco, dal Concilio in avanti, anche e specialmente sotto la guida di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI per affinare e usare questi strumenti. La visita in Sinagoga di domenica prossima, un Papa tedesco accolto con rispetto nei luoghi del 16 ottobre 1943, servirà anche a questo, a creare nuovi strumenti di comprensione e di amore fondati sulla immensa virtù della parola. C'è comunque da augurarselo. Wojtyla e Ratzinger hanno definito l'ebraismo, distinguendolo dalle altre religioni, come “la radice della nostra fede”. In questo senso entrambi, se invitati e accolti, in Sinagoga hanno potuto e possono sentirsi a casa propria.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.