Dove sbaglia Obama in Afghanistan

Christian Rocca

Dick Cheney è incontentabile, specie ora che anche grandi editorialisti liberal, come il direttore di Newsweek Jon Meacham, si augurano che nel 2012 voglia candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti contro Barack Obama. L'ex vicepresidente nega, dice che non è interessato, ma quando i riflettori sono puntati sulle questioni dela sicurezza nazionale, l'unico possibile anti Obama è lui. Nel giorno in cui il presidente ha deciso di inviare altri 30 mila soldati in Afghanistan, dopo averne già spediti 35 mila nei primi nove mesi di presidenza, Cheney ha stroncato ancora una volta Obama.

    Dick Cheney è incontentabile, specie ora che anche grandi editorialisti liberal, come il direttore di Newsweek Jon Meacham, si augurano che nel 2012 voglia candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti contro Barack Obama. L'ex vicepresidente nega, dice che non è interessato, ma quando i riflettori sono puntati sulle questioni dela sicurezza nazionale, l'unico possibile anti Obama è lui. Bush ha deciso di non interferire con il successore, così spetta al notoriamente riservato Cheney assumere il ruolo di oppositore della Casa Bianca, come ha segnalato la rivista Foreign Policy che lo ha inserito nella lista dei “pensatori globali” più influenti dell'anno.

    Nel giorno in cui il presidente ha deciso di inviare altri 30 mila soldati in Afghanistan, dopo averne già spediti 35 mila nei primi nove mesi di presidenza, Cheney ha stroncato ancora una volta Obama, accusandolo di mostrare “debolezza” agli occhi del nemico. Obama ha impiegato tre mesi e mezzo per decidere come rispondere alle richieste avanzate dal suo generale, Stan McChrystal, guadagnandosi l'appellativo di “temporeggiatore” coniato da Cheney. Ma dopo dieci seminari nella Situation Room è arrivato a una conclusione molto simile a quella sostenuta da Cheney ai tempi del cambio di strategia in Iraq. Cheney non si accontenta e il paradosso è che non gli vada bene nemmeno che Obama abbia ribaltato l'approccio multilaterale della guerra afghana impostato da Bush, scegliendo una via decisamente più unilaterale.

    Appena il piano Obama sarà completato, infatti, in Afghanistan ci saranno oltre 100 mila soldati americani, più circa 47 mila truppe Nato. Negli ultimi anni di Bush-Cheney, invece, gli americani non hanno mai superato quota 36 mila e il coinvolgimento degli alleati è sempre stato quasi paritario. Cheney lamenta però l'eccessiva enfasi posta dalla Casa Bianca sulla exit strategy e prevede che la popolazione afghana si schiererà con i talebani se Obama continuerà a parlare di impegno limitato nel tempo. Inoltre, ha detto Cheney in un'intervista a Politico, l'indecisione ha effetti negativi sul morale delle truppe americane: “Ogni volta che ritarda, rinvia, dibatte e cambia posizione, i soldati si domandano se il comandante in capo creda davvero nelle cose che chiede di fare”.

    L'ex vicepresidente sta scrivendo le sue memorie, in uscita nella primavera del 2011, ma non perde occasione per difendere l'eredità dell'Amministrazione Bush, criticare l'inesperienza di Obama e mettere in guardia sui pericoli che sta facendo correre all'America. A Washington comincia a circolare l'idea che Cheney possa candidarsi nel 2012. “Sarebbe un'ottima idea per i repubblicani e per il paese”, ha scritto Meacham su Newsweek facendo andare di traverso il cappuccino ai suoi lettori: “Cheney è uomo di forti convinzioni e ha un passato su cui è possibile giudicarlo. Una sfida con Obama offrirebbe l'occasione di un referendum tonificante su due visioni diverse e concorrenti”.
    Non tutti trovano geniale la proposta. “Non esiste”, ha detto Karl Rove, l'architetto dei successi di Bush. Un altro è Adam Serwer, del mensile di sinistra American Prospect, critico con le scelte aggressive e bellicose di Obama: “Sarebbe un referendum su politiche su cui, in realtà, Cheney e Obama sono d'accordo”.