Perché il vero scontro è con il partito di Repubblica

Daniele Bellasio

Piero Ostellino, ieri, sulla prima pagina del Corriere della Sera ha posto una domanda: “Si vuole sconfiggere Berlusconi come uomo politico o come proprietario di Mediaset?”. Giriamo l'interrogativo a Fedele Confalonieri. Il presidente di Mediaset circoscrive il problema all'antico concorrente, avversario, rivale di Silvio Berlusconi, cioè Carlo De Benedetti.

    Piero Ostellino, ieri, sulla prima pagina del Corriere della Sera ha posto una domanda: “Si vuole sconfiggere Berlusconi come uomo politico o come proprietario di Mediaset?”. Giriamo l'interrogativo a Fedele Confalonieri. Il presidente di Mediaset circoscrive il problema all'antico concorrente, avversario, rivale di Silvio Berlusconi, cioè Carlo De Benedetti. Con sponda di Rupert Murdoch? “No, Murdoch è uno che fa il suo interesse. E' imprenditore puro ed è editore”. Altri poteri forti alleati di CDB? “Ma io non vedo questi poteri forti così forti”. Luca Cordero di Montezemolo è molto attivo. “Perché ha delle velleità politiche? Vabbeh, posso anche capirlo. Ha fatto bene il presidente di Confindustria, ma andare a fare le campagne elettorali non è come fare le assemblee locali o settoriali della Confindustria”. In Italia contano molto le banche, per esempio. “Profumo e Passera fanno i banchieri, con delle idee sul piano politico, magari diverse da quelle di Berlusconi, ma non hanno secondi fini”.

    Però magari in Confindustria crescono malumori.
    “No, certamente. Il salotto buono della Mediobanca di una volta e un po' di mondo attorno all'avvocato Agnelli, che pure aveva una personale simpatia per Berlusconi, non erano certamente berlusconiani di animus, ma oggi non li vedo”. Insomma, “manca il cui prodest. A chi giova una caduta di Berlusconi? A parte al partito delle procure…”. E a De Benedetti? “Quello economico resta comunque un fronte, per dare colpi. Ma la Maginot della politica, il consenso, resiste”. Però il sottotesto dell'editoriale di Ostellino è questo: siamo di fronte a trasformazioni nelle comunicazioni di massa, esistono antichi e nuovi conflitti tra imprenditori, stiamo attenti, noi tutti, “per primi noi operatori dell'informazione, ad evitare che siano gli interessi di parte in gioco a dettarci l'agenda”. “Ma quali interessi?”. C'è un salto di qualità, prima il nemico era il Berlusconi politico, ora si parla molto delle aziende, visto che questa è la settimana in cui si decide sulla sospensione o no dell'esecuzione della sentenza di primo grado sul caso Cir, con i 750 milioni che Fininvest sarebbe costretta a pagare a De Benedetti, e poi l'attesa della deposizione del dichiarante Gaspare Spatuzza sulle origini della Fininvest, tanto cavalcata da Repubblica?

    E poi non è notevole che sia il Corriere a esporre un simile scenario
    con evidenza? “Sì, ma insisto: quali poteri? Ostellino parla di Telecom, ma Telecom, cara grazia… considerarla un potere è un po' tanto adesso, no?”. Ci sono la banda larga e la rete che fanno gola. “La banda larga è un'infrastruttura necessaria per il paese. E' come un'autostrada. Non mi sembra ci siano le ragioni per scatenare una guerra”. Ma non è che Ostellino vuole dire attenti a non farsi strumentalizzare da Repubblica? “Che poi vuol dire sempre Carlo De Benedetti: quello è un imprenditore sui generis. Ha un grande talento finanziario e lo ha dimostrato, quando la finanza era ancora una parola sconosciuta”.

    “E' un finanziere spericolato che però non ha mai creato niente di solido, perché quando è andato a gestire aziende come l'Olivetti le ha poi lasciate andare. Gli imprenditori alla Berlusconi, alla Ferrero, alla Barilla hanno costruito aziende, spesso ex novo. De Benedetti è stato uno yuppie ante litteram, che si è nobilitato poi con la lotta per l'editoria e con la politica. La concorrenza, la competizione, il conflitto con Berlusconi è su due piani: su quello imprenditoriale, dove Berlusconi è l'imprenditore che costruisce e lui invece fa finanza, nonostante abbia tentato quer pasticciaccio brutto della Sme, e meno male che l'hanno fermato, perché lui aveva convinto Prodi, allora presidente dell'Iri, che gliela dava per quasi niente. Tanto è vero che poi la Sme è stata venduta per cinque volte tanto, venduta normalmente”. Poi c'è il piano politico. “Due galli. Ma uno si è fondato un partito e anche lì partendo dal nulla, quell'altro con la via della tessera numero 1, essendo poi l'editore di quel partito che è la Repubblica”. Non c'è un salto di qualità anche nella linea di Repubblica, dal Berlusconi politico alle origini del Berlusconi imprenditore? “Nella continuità. Chi ha fatto per esempio la campagna sui debiti di Berlusconi? La Repubblica. E Scalfari? Quando parlava dei beni immateriali della tv… Scalfari è il braccio armato di quell'altro. Si danno delle patenti di nobiltà intellettuale, morale e politica ma poi alla fine sono queste cose che contano: fare fuori l'avversario.

    Il Berlusconi entrato in politica per salvare il patrimonio se lo sono inventati loro. Berlusconi è il loro ghost, sono ossessionati”. Beh, finiamola con un accordo, verrebbe da dire. “No, come si devono tenere cari gli amici, così bisogna tenersi cari i nemici. Bisogna conservarseli i nemici: io ero molto contrario anche all'idea di quel fondo di investimento comune tra De Benedetti e Berlusconi. E' un avversario, se lo incontri lo saluti, ma restano mondi antitetici. Questo è lo scontro di questo periodo. In assoluto”. Non è sorpreso del Corriere? “Ostellino è un liberale vero e di vaglia”. E stavolta non c'è la sponda antiberlusconiana nell'establishment. “Lo escluderei. Un po' perché non è così forte questo establishment, un po' perché chi fa business oggi pensa: ‘Right or wrong, my business'. Se il mio business va bene, non mi importa chi governa, e Berlusconi per le imprese ha fatto il suo, in un periodo così critico. Non c'è l'ideologizzazione dello scontro, che invece c'è dalla parte di Repubblica, perché quello è un vero partito. E non porta nemmeno fortuna: Eugenio Scalfari li ha ammazzati tutti quelli che ha appoggiato, da De Mita in poi, anche se è stato un grande editore. Stiamo parlando di avversari di vaglia, però avversari”.