Dal Foglio del 15 ottobre 2002 - Guarda i video storici

Addio a super Mike, padre fondatore della tv italiana e praticamente senatore

Redazione

Il 15 ottobre del 2002 il Foglio pubblicò questo appello perché Mike Bongiorno fosse nominato senatore a vita. Lo riproponiamo oggi per ricordare il Re dei presentatori appena scomparso.

Uno scranno di Palazzo Madama sia riservato a Mike Bongiorno, presentatore, primo volto della tivù di Stato e prima star di quella privata, padre della lingua, figlio di emigranti, fuggitivo in montagna coi partigiani, prigioniero a San Vittore con Montanelli, rinchiuso nei lager, amato da Carlo Levi, testimonial di grappe e prosciutti e testimone della Repubblica.

di Mattia Feltri

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    Il 15 ottobre del 2002 il Foglio pubblicò questo appello perché Mike Bongiorno fosse nominato senatore a vita. Lo riproponiamo oggi per ricordare il Re dei presentatori appena scomparso.

    “Sulla strada del sapere, nessuna altra esperienza potrebbe essere più viva”. Carlo Levi.
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    I dati sono molto parziali. Sono vecchi di cinque anni. Ma nessuno ha fatto più di conto, da allora, sulla carriera di Mike Bongiorno. Allora, era il 1997, la macchinetta calcolatrice di quelli del Guinness dei primati sentenziò: settemilacinquecento presenze televisive in cinquantuno anni di carriera. Oggi gli anni di carriera sono cinquantasei. Otto anni negli Stati Uniti, quarantotto in Italia. Dei quarantotto anni in Italia, ventisei in Rai, ventidue con Silvio Berlusconi. E' il più longevo del mondo. La strada del sapere ebbe inizio nel 1955, centonovantuno puntate di “Lascia o raddoppia”. La storia, rimasticata all'infinito, è quella dell'Italia seduta sulla seggiola di paglia dai vicini o in piazza, è quella della signora Longari, quella dei cinema svuotati al sabato sera, quando andava in onda il quiz, e la gente mollava il grande schermo per il piccolo. E allora il quiz fu spostato al giovedì, e trasmesso anche nelle sale, appunto, perché fossero piene di domande e risposte al giovedì, e di film al sabato. L'epopea romantica dell'Italia postbellica, dell'antennone che saliva nel cielo annunciando la partenza dei programmi tv, è un album sfogliato mille volte. I numeri vanno dritti all'obiettivo. Tutti i grandi italiani hanno grandi numeri: ventotto trasmissioni condotte, compresi dodici Festival di Sanremo e dieci Giromike. I numeri e i fatti. I fatti: Mike è stata la prima star della televisione pubblica e la prima star della televisioni privata. “Mike ha colpito al cuore il sistema”, dice ridendo – ridendo fino a un certo punto – Massimo Donelli, direttore di Tv Sorrisi e Canzoni. E' stato lui, Donelli, ad avere l'idea di candidare Mike Bongiorno a senatore a vita. In collegamento telefonico col palco del Maurizio Costanzo Show, il presidente del Consiglio ha detto sì. Si può fare. Mike si è commosso. L'Italia che pensa bene e ha le pareti adornate da belle librerie, ha sghignazzato sulla proposta e sulle lacrime.
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    Michael Nicholas Bongiorno è nato a New York il ventisei maggio 1924, in una casa sulla Quinta Avenue, all'angolo con la Dodicesima strada. Il nonno era nato in Sicilia ed emigrato a New York nel 1886. Il padre era un avvocato, presidente dell'Associazione Sons of Italy, Figli d'Italia. Fu il primo italiano a essere ammesso a Princeton. Sulle spalle del padre, Mike andava a vedere le parate del 12 ottobre e del giorno del Ringraziamento. In braccio alla madre, Mike fu battezzato sotto gli occhi del padrino, Fiorello La Guardia, che più avanti sarebbe diventato sindaco di New York, e che oggi di New York è un aeroporto. Tutti i grandi italiani hanno avuto grandi padrini.
    Mike tornò in Italia per il liceo, negli anni Trenta. Studiò al Rosmini di Torino, essendo torinese la mamma. Aveva il pallino dell'atletica e vinse una gara giovanile di salto in alto con la misura, che lui giudica rispettabilissima, di un metro e sessantacinque centimetri, difendendo i colori del Dopolavoro ferroviario. Tutti i grandi italiani hanno antichi successi sportivi da vantare. In uno di questi meeting conobbe, era il 1940, aveva sedici anni, Luigi Cavallero, giornalista della Stampa che nove anni più tardi sarebbe morto a Superga, sull'aereo del Torino di ritorno da Lisbona. Cavallero disse a Mike, senti, giovanotto, la redazione è sgombra perché sono tutti in guerra, ci serve gente svelta e con voglia di lavorare, perché non ci fai un po' da galoppino? Messo a parte di che significasse “galoppino”, Mike disse di sì. Girava per la città a raccogliere i risultati e i nomi dei partecipanti a partite minori di football, di ciclismo, di regate sul Po. Ebbe poi un incarico all'ufficio corrispondenti. Dettava agli stenografi dei giornali associati i pezzi dei corrispondenti. “Dovevo parlare chiaramente, scandire le sillabe, tenere un tono alto. Lì ho imparato il mestiere. Ho imparato a parlare in modo che tutti mi capissero”. Firmò il suo primo articolo, sportivo, con il nome di Michi Bongiorno.
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    Alla fine della guerra, Mike tornò in America. Fu assunto alla stazione radiofonica Voice of America. Commentò l'incontro di pugilato fra  Rocky Marciano e Joe Louis.
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    L'otto settembre 1943, alcuni giornalisti della Stampa tagliarono la corda, e si unirono ai partigiani in ritirata sulle montagne. Mike aveva il passaporto americano. Cavallero gli disse, se ti beccano puoi avere dei problemi, vattene in montagna e io continuerò a dare lo stipendio a tua madre. Mike impegnò il tempo tenendo il collegamento fra gruppi di partigiani. Lo racconta lui, nelle sue biografie. Lo convinse, dice, un tipo strano che parlava una babele di lingue e doveva essere un agente segreto e pensava che Mike dovesse darsi da fare per la sua patria, l'America. Tutti i grandi italiani, prima o poi, hanno avuto a che fare coi servizi segreti.
    “Un giorno mi dicono: la situazione si è fatta delicata, dobbiamo andare via dall'Italia, in Svizzera”. Era la seconda settimana dell'aprile 1944. Periodo in cui, all'incirca, Dario Fo prestava servizio per la Repubblica sociale, valutando impossibile prendere la via della Svizzera. Del gruppo di Mike alcuni ci riuscirono, altri no. Non Mike. Una notte, aspettando l'alba per incamminarsi verso Binn dalla Val d'Ossola, Mike e gli altri sentirono avvicinarsi dei motori e sentirono i cani latrare. “Arriva la Gestapo che circonda l'albergo. Gente disperata, si bruciano fogli nel camino, si stracciano documenti, ci si sbarazza delle cose più compromettenti. Io, nel panico più completo, perdo la testa: avevo un pacco di documenti e li butto dalla finestra. Ci ritroviamo tutti giù in cortile, faccia al muro, illuminati dai fari dei camion. Contro quel muro, un po' più in là, c'era anche mia madre. Pensavo, qui ci fucilano”.
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    Colpo di scenaaa! Colpo di scena? Non da subito. Non furono da subito busta numero uno, busta numero due e busta numero tre. Risposte impossibili date e cadute sull'uccello. Ecco, la caduta sull'uccello della signora Longari. Ci sono scuole di pensiero. Chi dice che lo disse. Chi dice che non lo disse, fra cui anche Mike: “In quella Rai? Mi avrebbero oscurato subito. Censura rigidissima. E' una leggenda metropolitana”. Sabina Ciuffini, valletta degli anni Settanta, dice: “Lo disse, lo disse. Ma forse me lo sono sognato”. Di sicuro non lo disse alla signora Longari. Qualcuno suggerisce: “Lo disse, ma non in Rai, lo disse che era già a Canale 5, in una trasmissione all'ora di pranzo”. Gli archivisti si mettano all'opera. Ma tutti i grandi italiani hanno zone d'ombra nelle loro biografie.
    E, dunque, non furono subito colpi di scena e buste numero uno, due e tre. Mike apparve per la prima volta in tv la prima volta che la tv apparve agli italiani. Era il primo gennaio 1954. Che programma era? Programma… Non aveva nemmeno un nome. Mike diceva: questa è una telecamera, questa è una giraffa, questo è un monitor. In fondo, si trattò già di un piccolo colpo di scena.
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    “Pensai, è finita. Addio mamma”. Tutti gli italiani, grandi e piccoli, riservano l'ultimo pensiero alla mamma. “Con i tedeschi c'erano anche alcuni italiani, della Decima Mas”. Uno di loro si avvicina a Mike per perquisirlo. Mike si prende un colpo. In tasca conserva – se l'è dimenticato, maledizione! – un libretto coi nomi e gli indirizzi di gente scappata in Svizzera, fra cui parecchi ebrei. Il soldato trova il libretto, lo sfoglia, non dice niente. Lo rimette in tasca al ragazzo, gli sorride, si allontana. “Allora lì, con la faccia contro il muro, ho preso il libriccino e, pagina per pagina, me lo sono mangiato tutto”. Quelli della Gestapo, però, hanno recuperato tutti i documenti. C'è anche il passaporto americano di Mike. Lo caricano su un camion e lo portano via. “E così arriviamo a San Vittore. Mi sbattono subito in una cella di isolamento, al sesto raggio, quello della morte. Ci sono rimasto sessantaquattro giorni. Mangiavo una volta al giorno. Qualcuno ci aveva tradito. Ma chi? Qualche tempo dopo, nella biblioteca del carcere, riesco a mettere le mani su un librone con l'elenco delle persone fatte prigioniere insieme a me. Un nome, solo un nome, è cancellato con un tratto di penna. Il nome del traditore. Io ho letto quel nome”. Tutti i grandi italiani hanno un segreto, e dicono di averlo, e non lo rivelano.
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    Mike oggi ha settantotto anni, ma ne dimostra di meno, dicono tutti. Sono molti i segreti della sua eterna giovinezza, e lui li rivela. Pratica lo sci e il tennis. Un po' di footing. Qualche dieta, periodicamente. Tempo fa, la dieta Scarsdale. Se fa sport niente colazione con brioche e cappuccino: meglio gli energetici consigliati agli atleti. Ha la fortuna di riuscire a prendere sonno in pochi minuti e di dormire profondamente, per cui non resta a letto molte ore. Non perde mai le staffe: “Ho raggiunto il perfetto controllo dei nervi”. A tavola, mezzo bicchiere di vino, mai di più. I superalcolici, solo se lo trascinano per i capelli gli amici, in certe sere particolari. Sigarette abolite: ha smesso da giovane. La parola “giovane” lo entusiasma: è rimasto giovane anche perché ha una moglie giovane, con amici giovani, e lui è sempre in mezzo a giovani; così è rimasto giovane. Un giorno confessò, vanitosello: “Se compro un abito, dico taglia 48 e possono darmi un abito che ha indossato un indossatore in una sfilata: quando lo provo, scoprono che è perfetto, non devono né stringerlo né allargarlo”. Sono pochi i grandi uomini italiani con una linea impeccabile.
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    Dopo il periodo in isolamento, Mike fu portato in una cella comune. “Di giorno facevo lo scopino: vuotavo i pitali dei detenuti. Un lavoro terribile: molti di loro erano malati e soffrivano di dissenteria”. Fu allora che conobbe Indro Montanelli, detenuto e condannato a morte. Mike portava l'acqua alle celle e Indro gli dava messaggi da consegnare a una prigioniera, di cui era incapricciato. Così Mike faceva la staffetta, per questioni belliche e per questioni amorose. “Dopo lo scopino ho cambiato mestiere: sono diventato materassaio. C'era, in cortile, una grande montagna di paglia. Si riempivano i materassi. Un giorno la paglia è quasi finita e io mi accorgo che sotto c'è un tombino. Lo alzo e vedo una scala a pioli che scende nel buio. Racconto la cosa ad alcuni compagni”.
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    Scrisse Indro Montanelli: “La mia amicizia con Mike Bongiorno non finirà mai. Non tanto per l'intensità e la frequentazione, visto che gli anni e le nostre vite ci hanno diviso, quanto per il luogo in cui è nata, il carcere di San Vittore (…) Noi prigionieri in isolamento avevamo il conforto di un ragazzino che, unico in tutto il carcere, aveva il privilegio di girare liberamente. Faceva il lavandaio, lo scopino il fattorino e puliva scrupolosamente le latrine. Per noi condannati a morte si faceva in quattro, procurandoci sigarette, pane e sapone. E passandoci di nascosto messaggi e biglietti”. Tutti i grandi italiani hanno seri dubbi sui giovani d'oggi. Anche Mike: “Vivono senza traguardi, se ne fregano. Quando sento dire che in Italia non c'è lavoro, c'è disoccupazione, io mi arrabbio. Ci sono lavori che i giovani d'oggi non vogliono più fare. Si vergognano. Nessuno vuol fare il cuoco. Ma lo sanno che in America un pizzaiolo guadagna migliaia di dollari al mese?”.
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    Scrisse ancora Indro Montanelli: “Qualche tempo dopo andai negli Stati Uniti. Una mattina, uscendo dall'albergo, me lo ritrovai davanti (…) ‘Senti, mi disse, ho bisogno di un consiglio da te: mi è arrivata una proposta dall'Italia, vogliono che faccia un programma per la televisione, vogliono che esporti questo quiz che qui in America ha grande successo. Che dici, accetto?'. Accetta in fretta, gli risposi (…) Credevo ormai che Mike fosse uscito dalla storia, e invece sbagliavo profezia un'altra volta: nella storia stava per entrarci proprio in quei giorni”. Non fu subito busta numero uno, due e tre. Fu quell'apparizione didattica di cui s'è detto, e fu “Arrivi e partenze”, che i libri indicano come “primo programma ufficiale della Rai”. Vi si raccontavano storie di italoamericani. Dai ricordi del regista Piero Vivarelli: “Si presentava nei paesini del meridione su una sfavillante Pontiac, per lo più vestito da cow-boy, con tanto di stivaletti, cappellone e cinturoni in cuoio sbalzato”.
    Dopo Arrivi e partenze, sarebbero seguiti Lascia o raddoppia. Campanile sera. Caccia al numero. La fiera dei sogni. Giochi in famiglia. Rischiatutto. Personaggi in fiera, alla tv svizzera. Ieri e oggi. Scomettiamo?. Lascia o raddoppia seconda edizione. Flash. Tutto questo, prima che si iniziasse l'era del sodalizio con il Cav. Anche se molti non lo ammettono, tutti i grandi italiani hanno avuto a che fare con il Cav.
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    “Nell'agosto del 1944 ci fu una clamorosa fuga da San Vittore. Sparirono dodici prigionieri. Erano passati da quel tombino che evidentemente aveva un collegamento con l'esterno”. Quando a fine settembre (Mike era dentro dall'aprile) lo portarono via, era il detenuto più giovane, ma con maggiore anzianità di prigionia. Gli altri, erano già stati trasferiti in campo di concentramento. Finì in lager anche lui, vicino a Innsbruck. Trascorreva del tempo alla finestra della baracca e lì vedeva le donne naziste che calzavano stivali neri e indossavano cappotti di pelle. Legavano dei sassi al collo dei prigionieri, e li obbligavano a correre. Mike, al collo aveva una scatola con tre cosette dentro, un taccuino, un chiodo, poco altro. “Un giorno una di queste poliziotte me la strappa, la apre e rovescia il contenuto per terra. Poi mi ordina di raccoglierlo. L'ho fatto, in ginocchio, in silenzio: ormai non piangevo più”.
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    Le donne. Tutti gli italiani, grandi e piccoli, hanno avuto le donne nelle loro vite. Mike, tre mogli. L'ultima è Daniela, madre dei suoi tre figli. Quando la conobbe, Daniela aveva vent'anni e si guadagnava due lire facendo l'hostess per le ditte. Lei e Mike avevano già questo in comune, una certa predisposizione a fare da testimonial. Mike dice che prima di girare le televendite, si fa mandare i prodotti e ne verifica la qualità. Poi visita la fabbrica. Segue i processi produttivi, si sincera della condizioni di igiene e di quelle lavorative, e se tutto è a posto accetta. Chi ha lavorato con lui, conferma. All'interno della Ruota della fortuna, Mike registra circa cinquecento televendite all'anno. I suoi matrimoni più celebri – ramo commercio – sono stati quelli con la grappa Bocchino e col prosciutto Rovagnati. L'esordio in America, nel 1945. Era lo sponsor dei maccheroni Ronzoni: “Scrivevo anche i testi. Era una specie di lascia o raddoppia, dove si vincevano chili di pasta a ogni risposta esatta”. Torniamo a Daniela, la moglie. “Mi piacque subito perché era molto ingenua, diversa da tutte le ragazze del nostro ambiente. Però era anche un po' hippy, leggeva l'Unità e il Manifesto e contestava la famiglia”. Tutti i grandi italiani sono stati affascinati – chi poco chi tanto – dagli anni della contestazione.
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    Il 9 ottobre del 1977, la contestazione stava ancora vivendo l'anno del grande ritorno. Le grandi città, e specialmente Bologna, erano in grande fermento. A Roma si stava preparando il rapimento di Aldo Moro. Mike incontrò Berlusconi, che ancora non era Cav. Neanche Mike lo era, ma lo avrebbero fatto, nel settembre di undici anni più tardi: “Insignito del nobilissimo titolo di cavaliere scarlatto dei Santi Maurizio e Lazzaro. Da Vittorio Emanuele di Savoia, in pompa magna per la cerimonia. Mike vestito di rosso porpora come i cardinali. E gli fanno compagnia Camillo Benso di Cavour, Edmondo De Amicis, Benito Mussolini, Giuseppe Verdi, Benedetto Croce. Ma anche Luchino Visconti e Valentino Bompiani”. Sono le cronache di allora. E dunque, i futuri cavalieri sedettero a tavola in un ristorante di via Cino del Duca, traversa di corso Monforte, zona San Babila, Milano. Nel numero in edicola oggi di Tv Sorrisi e Canzoni, Mike ricorda quell'incontro. Gli dissero, ma che fai con quel palazzinaro? Lui ricorda che in Rai faceva anche venticinque milioni di telespettatori. Ricorda certi disagi. Ricorda che aveva bisogno di nuovi stimoli e che quel trentanovenne palazzinaro era pieno di soldi, di entusiasmo e di idee nuove. Per qualche tempo Mike collaborò di nascosto. Poi decise di mollare la Rai. E, in fondo, tutti i grandi italiani hanno lasciato la Rai, prima o poi. Mike la lasciò che Mediaset ancora non esisteva.
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    “Dopo Innsbruck, Spittel: un campo di punizione militare. Avevo fame, sempre”. E aveva freddo, perché c'erano dieci gradi sotto zero e lui era vestito ancora coi calzoncini e la maglietta della torrida estate milanese. I bombardieri alleati, di ritorno dalle missioni in Germania, volavano radenti per salutare e fare coraggio ai prigionieri. Mike ebbe la fortuna – la fortuna di tutti i grandi italiani – ed entrò in una lista di scambio. Fu liberato. Camminò nella neve sino alla ferrovia, dove trovò un convoglio della Croce Rossa. “Tremavo. Piangevo. Il caldo, il caldo”.
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    “Quando sono arrivato al Polo Nord non ho resistito. Ho gridato “Allegria!”. Ho cercato di lanciare un razzo, ma ho sbagliato i movimenti e ho rischiato di bruciarmi una mano. Poi, io stesso ho fissato sui ghiacci la croce donataci da Papa Giovanni Paolo II”. Come tutti i grandi italiani, Mike è cattolico e molto devoto a Carol Wojtyla. La spedizione al Polo (inteso come luogo geografico) di cui ha fatto parte Mike è dello scorso anno. Mike aveva settantasette anni.
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    1945. “Intorno ai miei occhi scorre la vita di New York: automobili in coda, persone che camminano, che sorridono, negozi illuminati… dov'è la guerra? (…) Poi vedo mio padre, non lo vedevo dal 1936. Mi dice: “Mi sono risposato”.
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    Per le tv di Berlusconi, Mike esordì nel 1980, a Telemilano, con I sogni nel cassetto. Poi avrebbe continuato con Bis. Superflash. Superbis. Pentathlon. TeleMike. La Ruota della fortuna. Tris. Bravo, Bravissimo. Tutti per uno. Festival italiano. Viva Napoli. GiroMike. Paperissima sprint.
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    “Sulla strada del sapere, nessuna altra esperienza potrebbe essere più viva”. Carlo Levi lo ha scritto pensando a Mike Bongiorno, e alla sua tv, che è un po' la storia della Repubblica.

    di Mattia Feltri

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