Cambio di fase

Lodovico Festa

Il 25 aprile Berlusconi si è allacciato un fazzoletto da partigiano in terra d'Abruzzo e ha lanciato un messaggio di conciliazione. Subito dopo è scattata la campagna d'aggressione che ha messo insieme di tutto: eurocandidate, feste di compleanno, foto scattate per tre anni a Villa Certosa, Mills fino alle memorie documentate di un'escort. Certo, una diffusa sbadataggine ha dato materiale alla “campagna”. Tuttavia la quantità di materiale accumulato non è improvvisabile.

    Il 25 aprile Berlusconi si è allacciato un fazzoletto da partigiano in terra d'Abruzzo e ha lanciato un messaggio di conciliazione. Subito dopo è scattata la campagna d'aggressione che ha messo insieme di tutto: eurocandidate, feste di compleanno, foto scattate per tre anni a Villa Certosa, Mills fino alle memorie documentate di un'escort. Certo, una diffusa sbadataggine ha dato materiale alla “campagna”. Tuttavia la quantità di materiale accumulato, in lunghe stagioni, per essere scagliato contro Berlusconi non è improvvisabile, come ha notato acutamente lo storico Aldo Giannuli. Il senso della “campagna” è chiaro: spezzare il circuito riconciliatorio avviato.

    Le ragioni sono articolate. C'è la paura per l'eccesso di popolarità berlusconiana. Ci sono, poi, le trattative sugli esiti postconciliatori: chi accederà a un Quirinale stabilizzatore di tanti poteri? Quali equilibri in un mondo che viene richiamato ad aiutare i disperati bisogni di certi gruppi finanziari-editoriali? Poi, i condizionamenti internazionali, non solo americani, che vedono con piacere una Roma più debole. Infine i settori più militanti e corporativi della magistratura che vogliono impedire la separazione delle carriere. Il risultato di inceppare “la riconciliazione” come immaginata da Berlusconi è stato ottenuto: il Pdl non ha raggiunto il 40 per cento dei voti, si sono evitate sconfitte clamorose (Firenze, Bologna, Bari, provincia di Torino) che avrebbero disgregato il centrosinistra. Ma non si è andati oltre a questi risultati: il centrodestra ha ottenuto il voto europeo forse migliore per le coalizioni al governo in Europa. Alle amministrative sono cadute realtà storiche del potere della sinistra: Verbania. Pavia, Orvieto, Cremona, Sassuolo, la provincia di Venezia. La sconfitta alla provincia di Milano è un durissimo colpo al potere “materiale” del Pd (autostrade, Fondazione Cariplo, Sea, Expo). Inoltre la disfatta del referendum segna la fine di chi contrappone società civile a società politica: un segnale su cui i giustizialisti dovrebbero meditare con cura.

    Ora il lavorìo di coloro che vogliono sconfiggere il centrodestra via intrigo si concentra sul costruire ed esasperare le possibili contrapposizioni interne: leghisti contro Pdl, il governo tecnico Fini (proposto sia dal rétore trasandato Eugenio Scalfari sia da un nevrotizzato Giuliano Amato), le estenuate trame casiniane. E che cosa succederà? Serve più che mai un rapporto con l'opposizione politica: tutti i gesti di insofferenza verso i tentativi pasticciati del centrosinistra di trovare qualche base di dialogo hanno fatto sì che l'unica opposizione reale diventasse quella degli snasa-patte (annusa mutande), molto più distruttiva per il paese di qualsiasi sciocchezza di quelli del Pd. Corrispettivamente bisogna cogliere con senso critico le tentazioni di onnipotenza (con annessi cali di attenzione allo stile) che si sono determinate. L'Italia è una società libera e aperta, per questo motivo ha licenziato il prodismo, e perciò non accetterà nessuno che non ne rispetti il carattere di fondo. Berlusconi è popolare perché è stato letto come la garanzia (sia pure un po' anarcoide) di questo sentimento di fondo, qualunque scarto rispetto a questa immagine, qualunque tendenza a dimostrarsi “autorizzato a tutto” diventa immediatamente esplosiva.

    I margini per svolgere un ruolo di guida positiva ci sono tutti, si tratta di concentrarsi su due obiettivi: l'iniziativa in campo economico-sociale, e quella per le riforme istituzionali su cui è indispensabile un dialogo con l'opposizione. Anche l'iniziativa economico-sociale va fatta con spirito aperto, come quello in questi mesi con soggetti non certo organici al centrodestra (dalla Cisl a Intesa San Paolo alla conferenza delle regioni guidata da Vasco Errani). Deve avere però un centro propulsivo autonomo (di cui la guida tremontiana è buona garanzia) capace di iniziativa continua. Tre i settori prioritari: soldi alle imprese, assistenza ai lavoratori senza lavoro, decollo delle opere pubbliche. Per imprese e opere pubbliche si tratta di costruire un circuito virtuoso tra due fattori: l'enorme risparmio degli italiani amministrato sonnacchiosamente dalle grandi banche e l'enorme patrimonio pubblico. Siccome alienare il patrimonio pubblico diventa una delle tante imprese italiane impossibili, bisognerebbe spingere soprattutto gli enti locali a usarlo come garanzia per credito alle imprese e alle opere pubbliche.

    Per quel che riguarda le riforme istituzionali, è evidente come non si possa farle alla gollista cioè con una certa torsione autoritaria perché mancano sia l'autorevolezza sia i legami con gli apparati dello stato (vedi esercito) che aveva il generale francese. Bisogna farle dunque anche con il consenso dell'opposizione. Indispensabile in questo senso il contributo della Lega che ha già fatto vedere sul federalismo fiscale la sua capacità di essere forza di governo. Con la sinistra bisognerebbe trovare un modo per consentire che certi nodi (vedi la separazione delle carriere dei magistrati o l'abolizione delle province) vengano affrontati con referendum propostivi non abrogativi. Una sorta di nuovo quesito: volete la monarchia o la repubblica. Questa via di un gollismo “concordato” può aiutare a superare le trame dei vari topetti  tipo Udc o Idv, che non vogliono che le grandi questioni siano risolte per aumentare la propria utilità roditoria.