I fantocci delle Fiji

Gaia Pandolfi

“Clima di paura”. Così il rapporto di Amnesty International definisce la situazione nelle isole Fiji, da tre anni sotto una dittatura militare. Il colpo di stato del 2006 ha portato al potere il commodoro Voreqe Frank Bainamarama, destituendo così il primo ministro Laisenia Qarase.

    “Clima di paura”. Così il rapporto di Amnesty International definisce la situazione nelle isole Fiji, da tre anni sotto una dittatura militare. Il colpo di stato del 2006 ha portato al potere il commodoro Voreqe Frank Bainamarama, destituendo così il primo ministro Laisenia Qarase, eletto democraticamente e accusato dall'esercito di corruzione e discriminazioni nei confronti della minoranza indiana. Un golpe è illegittimo, si sa. Qualche tempo fa è arrivata anche la sentenza della corte d'Appello – il secondo organo giudiziario delle Fiji – che ha dichiarato illegale il governo militare al potere nel tranquillo arcipelago in mezzo al Pacifico.

    Tranquillo si fa per dire, se consideriamo che la prima reazione del presidente Ragu Josefa Iloilo è stata quella di sospendere la Costituzione e destituire tutti i giudici del paese. Il primo ministro ad interim, Bainamarama, dal canto suo, ha rinunciato al potere mentre il presidente Iloilo, in un discorso alla nazione, annunciava la formazione di un governo di transizione, almeno fino alle prossime elezioni parlamentari, previste “al massimo per settembre del 2014”. Ma senza Costituzione, il “sogno” di un nuovo governo democratico dura poco.

    L'indomani Bainamarama era di nuovo primo ministro e il presidente dichiarava lo stato d'emergenza per 30 giorni. Il rapporto di Amnesty che si scaglia contro le “misure draconiane” adottate dal governo, non da ultimo il mancato rispetto dei diritti umani, le minacce di morte che arrivano ai giornalisti locali e i media che subiscono la censura, non fa altro che evidenziare una realtà drammatica già balzata all'attenzione della comunità internazionale qualche mese fa. Dopo il golpe, Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Gran Bretagna avevano interrotto le relazioni diplomatiche e l'invio di aiuti economici e il segretario generale del Commonwealth aveva sospeso le Fiji dal gruppo dei 53 stati membri. A gennaio, i rappresentanti dei sedici paesi del Forum del Pacifico avevano chiesto al governo dell'arcipelago di organizzare elezioni legislative entro la fine del 2009 e avvisato che, in caso contrario, avrebbero sospeso la nazione dall'organismo regionale.

    Anche l'intervento dell'Onu non si è fatto attendere. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha criticato in un comunicato “l'abrogazione della Costituzione nelle Fiji”, palesando la propria preoccupazione per “il chiaro tentativo di prolungare il potere di un esecutivo non eletto”. Certo le elezioni non sono proprio dietro l'angolo e questo non è un buon segno. Difficile capire cosa passa nella mente di Iloilo. Se veramente le sue decisioni siano dettate da un freddo disegno politico o se sia soltanto un fantoccio nelle mani di Bainamarama, è ancora difficile da capire. Resta ora da vedere se le pressioni della comunità internazionale e l'insofferenza che cresce nel paese saranno più forti del fantomatico “giornalismo della speranza”: storie ottimiste sul presente, redatte (ovviamente) su esplicita richiesta delle forze militari.