La legge della vita

Guido De Franceschi

La Settimana della vita spagnola si è conclusa ieri con una marcia a Madrid tra il ministero della Uguaglianza e il Congresso. Le associazioni che la promuovono, Derecho a vivir, HazteOir, Médicos por la vida e ProVida Madrid, insieme con circa cento altri movimenti, si sono attivate contro l'annunciata “ley de plazos”, una riforma in senso permissivo della legge sull'aborto.

    La Settimana della vita spagnola si è conclusa ieri con una marcia a Madrid tra il ministero della Uguaglianza e il Congresso. Le associazioni che la promuovono, Derecho a vivir, HazteOir, Médicos por la vida e ProVida Madrid, insieme con circa cento altri movimenti, si sono attivate contro l'annunciata “ley de plazos”, una riforma in senso permissivo della legge sull'aborto. Già una decina di giorni fa un gruppo di scienziati, medici e professori ha firmato la Dichiarazione di Madrid in cui si forniscono le ragioni scientifiche della convinzione secondo cui la vita inizia con il concepimento. Le adesioni a questo documento sono circa 1500. Uno dei più illustri firmatari, Nicolás Jouve de la Barreda, professore di Genetica della Università di Alcalá de Henares, dice al Foglio che una delle prime istanze è quella di farsi ascoltare, “perché la legge non è ancora stata scritta. Per il momento ci sono soltanto alcune conclusioni derivate da una Commissione parlamentare che ha terminato il suo lavoro in dicembre, ma non ha consultato praticamente nessuno scienziato, nessun medico ginecologo specialista, ma soltanto un po' di esperti affini alla forma mentis del governo”.

    Intanto i provida hanno già strappato qualcosa: “Il 2 aprile saremo ricevuti dal ministro dell'Uguaglianza, Bibiana Aído – spiega Jouve – Almeno abbiamo ottenuto un incontro. Chiederemo al ministro che consideri la Dichiarazione come un documento importante nel momento in cui sarà redatta la legge”. I prolife sono contrari all'aborto in generale, ma c'è la consapevolezza che sarà molto difficile ottenere addirittura l'abrogazione della legge attualmente in vigore. Quindi se ne chiede un'applicazione rigorosa che, dicono, ridurrebbe moltissimo il numero degli aborti. Come altro obiettivo, dice Jouve, “noi insistiamo sulla sindrome post-aborto che colpisce in percentuali importanti le madri che abortiscono. Perciò chiediamo che, se verrà approvata questa legge, almeno si obblighino le cliniche al consenso informato della madre sulla sindrome post-aborto e a spiegare come tecnicamente si estirpa il bambino”.

    La “guerra di guerrilla”
    Il primo passo è stata la marcia di ieri. “Una festa con musica”, spiegano i promotori, che speravano in 70-100 mila partecipanti (come sempre le cifre tra chi manifestava e le forze dell'ordine erano molto discrodanti). Perché, spiega Jesús Poveda, medico e portavoce di ProVida Madrid, se le manifestazioni prolife precedenti sono state “modestas pero molestas”, questa si prefigge di coniugare qualità e quantità. Certo, in Spagna la sensibilizzazione sull'aborto fatica a uscire dal mondo cattolico, a far breccia a sinistra, fra i laici e i non credenti, benché – dice Proveda al Foglio – ora “sulla stampa si siano fatti avanti alcuni commentatori non prevedibilmente catalogabili”. Pochi. “Qui – ci conferma Raúl Mayoral della Fondazione Ceu-San Pablo – non si tratta di una questione di sacerdoti e di chiesa, ma della decenza morale di una società, della difesa dei diritti umani. Però in Spagna quando si dibattono questi temi viene sempre tirata in ballo la chiesa. Mi piacerebbe che ci fosse una classe intellettuale, se non politica, meno ideologizzata”.

    Invece fa molta notizia il fatto che un consigliere comunale socialista di un paesotto in provincia di Siviglia abbia aderito alla manifestazione. Eppure, parlando con il Foglio, la portavoce di Derecho a vivir (e pediatra) Gádor Joya ricorda che, secondo un sondaggio pubblicato in autunno dal Mundo, circa il 53 per cento degli elettori socialisti e il 51 di quelli di Izquierda Unida sarebbero contrari alla “ley de plazos”. Però, lamenta Joya, i difensori della maternità sono trattati come fanatici ultracattolici da destra franchista. E anche questo è il frutto di un dibattito ideologizzato. Come ricorda la dottoressa Joya, nel programma tv “Tengo una pregunta para usted”, in cui i cittadini pongono domande ai politici, Zapatero – a cui era stato chiesto se considera l'embrione un essere umano – ha risposto che si trattava di una domanda dottrinale. “Sinistra e destra soffrono di complessi – dice Joya – La sinistra non vuol essere confusa con la chiesa e la destra imita quelli che si ritengono atteggiamenti progressisti”. Ed è per questo che il capo dei Popolari Mariano Rajoy “che pure ha dichiarato che si sta attentando al diritto alla vita, non dice che se il Pp vincerà le elezioni abrogherà la legge”. E in effetti non erano attesi in piazza i big del Pp che sfilarono contro il matrimonio gay. Soltanto qualche deputato a titolo personale. Anche i vescovi, che pure appoggiano con simpatia l'iniziativa prolife, non hanno aderito ufficialmente e quindi questa volta non scenderanno in piazza. Gli organizzatori però sono fiduciosi e puntano su una “buona guerra di guerriglia”, tesa a sensibilizzare la società. Perché, dicono, “l'aborto è la peggiore violenza di genere e la cosa veramente progressista è difendere la maternità”.