La vendetta delle forze speciali del Bangladesh

Enzo Reale

Strana storia quella dell'ammutinamento dei Bangladesh Rifles (BDR), che la scorsa settimana ha immerso per tre giorni il piovoso paese asiatico in uno scenario da guerra civile, lasciando sul terreno 70 morti ammazzati, tra i quali diversi ufficiali dell'esercito regolare. I Bangladesh Rifles sono la guardie di confine.

    Strana storia quella dell'ammutinamento dei Bangladesh Rifles (BDR), che la scorsa settimana ha immerso per tre giorni il piovoso paese asiatico in uno scenario da guerra civile, lasciando sul terreno 70 morti ammazzati, tra i quali diversi ufficiali dell'esercito regolare. I Bangladesh Rifles sono la guardie di confine, uno storico corpo paramilitare le cui origini risalgono all'epoca della colonizzazione britannica dell'India. Le motivazioni ufficiali della ribellione che, oltre alla capitale Dhaka, ha coinvolto una decina di altre località, sono legate a rivendicazioni salariali e a una riforma della struttura di comando che non discrimini i membri delle forze speciali.

    Ma la tempistica dell'ammutinamento e la violenza del sequestro e dell'esecuzione degli ostaggi gettano più di un dubbio sulle reali intenzioni dei rivoltosi e di chi ne ha ispirato l'azione. Per inquadrare i fatti nel contesto socio-politico del Bangladesh si tenga presente che le elezioni parlamentari del dicembre scorso hanno decretato l'affermazione della coalizione laica guidata da Sheikh Hasina, quella Awami League che da quindici anni si sta alternando al potere con il Bangladesh Nationalist Party (BNP) di Khaleda Zia, più vicino ai gruppi politico-religiosi di matrice islamica. Entrambe donne, entrambe abituate a passare dagli altari alla polvere, le due contendenti sono legate anche dall'appartenenza a famiglie politiche che hanno giocato un ruolo fondamentale nella storia recente del Bangladesh, cominciata con l'indipendenza dal Pakistan nel 1971.

    Se è vero che il primo ministro in carica, fresca di insediamento, ha disinnescato la crisi in meno di 72 ore promettendo l'amnistia in cambio della resa, non è riuscita tuttavia ad evitare una carneficina che strazia nel profondo la credibilità delle forze armate e fa calare ancora una volta sul paese l'ombra lunga dell'instabilità politica. Strana storia, si diceva, perché sa troppo di tentato golpe. Se i membri del BDR avessero voluto solo rivendicare un trattamento più equo, perché lanciarsi in un'operazione sanguinaria e con poche possibilità di riuscita, invece di ricorrere a formule già sperimentate di disobbedienza, come il rifiuto di obbedire agli ordini?

    E' Sreeram Chaulia su Asia Times a indicare come probabile retroterra della ribellione una lotta di potere interna all'apparato militare, con ripercussioni sulla società civile. Capo dell'esercito è Moeed Ahmed, generale laico nemico giurato dei fondamentalisti islamici la cui influenza è cresciuta sensibilmente sotto l'anteriore governo del BNP: "Durante il secondo mandato di Khaleda Zia (2001-2006) - segnala Asia Times - un importante settore dell'esercito del Bangladesh fu infiltrato da elementi della Jamaat-e-Islami e della Jamaat-ul-Mujahideen Bangladesh per rinforzare la presenza dell'islamismo nella più potente istituzione del paese. Molti ufficiali oggi vantano un background islamista perché i laureati delle madrasse si sono arruolati in gran numero portando con sé un fervore fondamentalista che coesiste con difficoltà con il vertice laico dell'esercito capitanato da Ahmed".

    Potrebbe essere stata proprio la campagna di Ahmed contro gli elementi più ideologizzati ad aver scatenato la reazione delle forze fondamentaliste: una vendetta in piena regola che spiegherebbe il sequestro degli ufficiali e la loro esecuzione in stile terrorista, ma allo stesso tempo un tentativo fallito di cambiare con la violenza gli equilibri di potere.

    Le divisioni interne si stagliano sullo sfondo della più complessa relazione tra i due grandi vicini, il Pakistan e l'India. Da una parte gli islamisti vicini a Islamabad e da sempre contrari all'indipendenza del Bangladesh. Dall'altra le alte sfere dell'esercito e la Awami League, considerati come alleati di Delhi. Non è un caso che il primo atto politico significativo della neo-eletta premier sia stato la riapertura del processo per crimini di guerra contro esponenti di spicco della Jamaat-e-Islami, accusati di atrocità al servizio del Pakistan durante la guerra di indipendenza. L'ammutinamento dei BDR è cominciato pochi giorni dopo l'inizio del giudizio contro il leader del movimento.