E' andata come doveva

Quasi EuroCaw.

Salvatore Merlo

E' andata come doveva. Walter Veltroni ha vinto le resistenze di Massimo D'Alema e la Camera approva una riforma elettorale europea che se forse porta magri vantaggi a Pd e Pdl, ha tuttavia il pregio, come dice il veltroniano Stefano Ceccanti, “di mettere l'Italia nel solco delle democrazie europee” con l'introduzione di uno sbarramento fissato al 4 per cento.

    E' andata come doveva. Walter Veltroni ha vinto le resistenze di Massimo D'Alema e la Camera approva una riforma elettorale europea che se forse porta magri vantaggi – in termini grettamente percentuali – a Pd e Pdl, ha tuttavia il pregio, come dice il costituzionalista veltroniano Stefano Ceccanti, “di mettere l'Italia nel solco delle democrazie europee” con l'introduzione di uno sbarramento fissato al 4 per cento. L'unico dubbio lo aveva il Pd, che per garantirsi una linea comune ha riunito in mattinata il proprio gruppo parlamentare mettendo ai voti il patto che la diplomazia veltroniana aveva siglato con gli ambasciatori del Pdl.

    I più dalemiani (Gianni Cuperlo e pochi altri) si sono rivoltati, Pier Luigi Bersani ha mantenuto una linea mediana mentre il capo di Red, Massimo D'Alema in persona, ha abbandonato l'assemblea prima del voto. Il segretario Veltroni ha imposto che  i parlamentari democratici ritirassero tutti gli emendamenti “non in linea”, in particolare quello dell'ex tesoriere diessino Ugo Sposetti che mirava a introdurre il rimborso elettorale anche per quei partiti che non avessero raggiunto il 4 per cento. Sarebbe stato abbastanza – lunedì i berlusconiani avevano avvertito – per far saltare l'accordo, così il segretario è arrivato a minacciare “l'effetto indulto”, “la gente – ha detto Veltroni ai suoi – non capirebbe”. Alla fine Sposetti è stato preso da parte e convinto a ritirare il proprio emendamento.

    Nonostante lo sbarramento è improbabile che adesso la sinistra così detta radicale ritrovi un po' di unità e persegua la strada del cartello elettorale indicata da Nichi Vendola, ma anche da quella parte del Prc ex bertinottiano che non aveva seguito il governatore pugliese nella scissione interna al partito. “Vendola, grazie al Pd, si potrà candidare senza raccogliere le firme”, dicono dentro Rifondazione. Qualche imbarazzo hanno creato le dichiarzioni di Veltroni relative al Prc. Accusato di aver siglato un patto “della morte” con il Cav, Veltroni si è difeso dicendo che della legge elettorale (sbarramento compreso) aveva discusso ampiamente con l'ex segretario di Rifondazione Franco Giordano.

    Tuttavia, questi ha smentito dicendo che “la prossima volta che incontro Veltroni lo registro” (come Rosa Russo Iervolino). Una situazione imbarazzante e sufficiente ad alimentare il mai sopito astio interno a quello che fu il maggiore affluente della Sinistra. Di fatti l'attuale segretario, Paolo Ferrero, già in rotta di collisione con Vendola e Giordano, dice che “adesso è chiaro. Il vero regista della scissione nel Prc è stato Veltroni: una operazione fatta su commissione del Pd per cercare di distruggere Rifondazione comunista e creare una sinistra addomesticata”. Come dire, il cartello non si farà.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.