Tigri addomesticate

Così lo Sri Lanka ha sconfitto i terroristi guerriglieri

Enzo Reale

Venticinque anni di guerra civile e di massacro della libera informazione. Si potrebbe riassumere così l'ultimo quarto di secolo nella storia dello Sri Lanka, isola dilaniata da una battaglia che sembra oggi avviata alla conclusione con la vittoria delle forze fedeli all'esecutivo centrale.

    Venticinque anni di guerra civile e di massacro della libera informazione. Si potrebbe riassumere così l'ultimo quarto di secolo nella storia dello Sri Lanka, isola dilaniata dallo scontro fra governo ed esercito regolare da una parte e guerriglieri social-nazionalisti delle Tigri Tamil dall'altra. Una battaglia senza esclusione di colpi nella quale hanno trovato la morte più di settantamila civili e che sembra oggi avviata alla conclusione con la vittoria delle forze fedeli all'esecutivo centrale. Domenica scorsa i militari hanno conquistato anche l'ultima roccaforte in mano alla guerriglia, il porto nordorientale di Mullaittivu, costringendo ciò che rimane dei separatisti Tamil a darsi alla macchia nella giungla, dove erano nati nel 1976 per mano del loro leader, oggi ricercato, Velupillai Prabakharan.

    "Abbiamo svolto il 95 per cento del lavoro", ha dichiarato trionfante il Generale Fonseka, "la fine del terrorismo è vicina e vinceremo in maniera definitiva nei prossimi mesi". In effetti le prossime settimane potrebbero essere le ultime per uno dei gruppi più sanguinari nel panorama delle guerriglie internazionali, protagonista di numerose ed eclatanti azioni terroriste nel corso degli anni, di eccellenti assassini politici e di purghe interne in perfetto stile rivoluzionario. Quei 300 km quadrati di selva che rappresentano oggi il rifugio e la trappola dei combattenti Tamil sono un pallido ricordo del territorio cinquanta volte più grande che controllavano nel nord-est del paese nel 2006, quando la guerra riprese dopo l'ennesimo cessate-il fuoco fallito. Un anno prima era stato eletto alla presidenza Mahinda Rajapaksa, un falco. Appena entrato in carica lasciò da parte ogni pruderie dialogante e cominciò una vera e propria caccia al terrorista che rischia di passare alla storia per la sua efficacia, anche se ad un prezzo altissimo.

    La morte di Lasantha Wicrematunga, ex direttore del quotidiano indipendente Sunday Leader, ucciso da due sicari all'inizio di gennaio proprio per le sue critiche alla “guerra sporca”, dimostra la implacabile logica di un conflitto senza confini in cui chiunque osi mettere in discussione la politica antiterrorista ufficiale è destinato a pagare come traditore. Ma se l'azione del governo deve essere giudicata dai risultati, allora è onesto riconoscere che l'arrivo al potere di Mahinda ha rappresentato una svolta decisiva. L'offensiva governativa ha infatti permesso all'inizio del 2007 la conquista della località di Vakarai, vera e propria fortezza dei ribelli, e nel luglio dello stesso anno lo smantellamento di tutte le basi orientali del movimento. Nel 2008 un'avanzata su quattro distinti fronti ha accerchiato le postazioni residue da cui partivano gli attacchi, fino alla caduta di Kilinochchi il 2 gennaio scorso, considerata la capitale politica da cui le Tigri Tamil riscuotevano le tasse ed amministravano il loro territorio.

    Dopo aver ripreso il controllo della A-9, arteria fondamentale di collegamento nord-sud, domenica è arrivata infine la conquista di Mullaittivu con la conseguente fuga nella giungla degli ultimi effettivi dell'esercito terrorista. Con loro 230.000 civili costretti ad abbandonare le loro case, secondo i calcoli delle organizzazioni umanitarie, vittime indirette di una sorta di punizione collettiva che è la principale accusa lanciata dai critici al governo: un'offensiva concepita – denunciano - non solo in chiave anti-guerriglia ma anche per “ripulire” una porzione di territorio dall'etnia Tamil. C'è comunque chi sostiene che, nonostante i proclami vittoriosi dell'esercito, la battaglia sia tutt'altro che conclusa.

    La schiacciante superiorità militare può aver liberato le città ma più complicato sarebbe avere la meglio su un gruppo di combattenti rifugiatisi nel loro ambiente naturale. Poi c'è la grande incognita di dove si sia nascosto il fondatore e leader storico Prabakharan. Alcuni dicono che abbia attraversato lo stretto alla volta dell'India, accolto dalla comunità Tamil presente nel sud: una protezione necessaria per sfuggire alla cattura da parte delle autorità che lo ritengono responsabile dell'assassinio di Rajiv Gandhi nel maggio del 1991. Secondo altri si troverebbe in Thailandia o in Malesia, da dove il suo movimento ha ricevuto negli ultimi anni ingenti finanziamenti. Più probabile è che il lider máximo resti intrappolato nella giungla insieme ad un manipolo di fedelissimi e ad una inseparabile pallottola che gli consentirebbe di morire da eroe anziché da prigioniero.

    Speculazioni, spesso alimentate da una propaganda governativa sempre più difficile da contrastare, visto l'intensificarsi della guerra parallela che l'esecutivo sta conducendo nei confronti dei media non allineati. Negli ultimi anni decine di giornalisti sono scappati all'estero dopo essere stati oggetto di intimidazioni di vario genere, mentre quelli rimasti hanno pagato un alto tributo di sangue: tredici omicidi e innumerevoli attacchi alle redazioni. Dall'inizio della guerra civile non è stato celebrato un solo processo nei confronti degli autori materiali di questi delitti mentre i mandanti siedono probabilmente nelle stanze del potere. In cambio in carcere ci vanno i cronisti, con l'accusa di terrorismo.