Oggi i funerali dell'avvocato Stanislav Markelov

Omicidi a Mosca. E' la squadra “antilatitanti” di Kadyrov?

Redazione

La serie di omicidi avvenuti negli ultimi giorni fra Mosca e Vienna sono l'ennesimo regolamento di conti fra i clan che si contendono il potere nelle province pacificate del Caucaso settentrionale. Il nome più ricorrente nei rapporti dei think tank e delle organizzazioni che si occupano di diritti umani è quello di Ramzan Kadyrov, l'uomo forte di Grozny.

    Mosca. La guerra in Cecenia continua a essere un problema per il premier russo, Vladimir Putin. La serie di omicidi avvenuti negli ultimi giorni fra Mosca e Vienna sono l'ennesimo regolamento di conti fra i clan che si contendono il potere nelle province pacificate del Caucaso settentrionale. Il nome più ricorrente nei rapporti dei think tank e delle organizzazioni che si occupano di diritti umani è quello di Ramzan Kadyrov, l'uomo forte di Grozny, salito al potere nel 2007 con il favore del Cremlino: secondo molti, avrebbe ordinato l'uccisione di Anna Politkovskaya, la giornalista russa morta nell'ottobre del 2006.

    Lunedì pomeriggio, a Mosca, un uomo armato di pistola ha sparato contro Stanislav Markelov, uccidendolo sul colpo. Markelov era un avvocato noto per le battaglie civiche, era conosciuto al tribunale di Mosca come alla Corte di Strasburgo. Aveva denunciato gli abusi compiuti dai soldati russi durante la guerra in Cecenia. Negli ultimi anni ha difeso la famiglia di Elza Kungaeva, una ragazza torturata e uccisa nel 1999, quando aveva soltanto 18 anni, da un colonnello russo, Yuri Budanov. Il militare è in libertà da una settimana, dopo aver scontato nove dei dieci anni a cui era stato condannato. Assieme a Markelov è stata uccisa una giovane donna, Anastasia Baburova, 24 anni, studentessa di giornalismo e collaboratrice di Novaya Gazeta, lo stesso giornale per cui lavorava Politkovskaya. Baburova aveva appena assistito a una conferenza stampa sul caso Kungaeva. “Due critici di Putin si prendono una pallottola in testa”, titola il quotidiano Washington Post. Secondo Amnesty International, l'omicidio deve essere collegato al lavoro di Markelov.

    Così la pensa pure Visa Kungaev, il padre di Elza, intervistato dall'agenzia russa Ria Novosti: negli ultimi mesi, l'avvocato gli aveva confidato di aver ricevuto minacce. Ieri l'Unione europea ha chiesto al Cremlino di fare piena luce sul caso: da quando Putin è al potere, quindici giornalisti russi hanno perso la vita. Gli inquirenti non fanno ipotesi, ma lo schema dell'omicidio è uguale a quello usato dalle squadre speciali usate da Kadyrov per fermare i ricercati. Basta guardare la fine di Umar Israilov, l'uomo di 27 anni trovato morto lo scorso martedì a Vienna. In vita, Israilov è stato una delle guardie del corpo di Kadyrov. Quattro sicari armati lo aspettano su due auto parcheggiate sotto la sua casa. Lo colpiscono in pieno giorno, all'ora di pranzo, mentre tornava dal supermercato. La polizia austriasca arresta un uomo, Otto K., che sarebbe coinvolto nell'agguato.

    La storia di Israilov è molto simile a quella del presidente ceceno. Era un ribelle vicino al clan di Movsar Barayev, uno degli uomini che hanno portato a termine l'assalto contro il teatro Dubrovka di Mosca nell'ottobre del 2002. E' stato in una galera dell'esercito russo, è tornato libero per un'amnistia, è finito nei kadyrovtsy, le milizie private di Ramzan e dei suoi fratelli: sono gruppi di ex guerriglieri passati dalla parte del Cremlino. Le similitudini finiscono qui. Nel 2006 Israilov chiede asilo in Europa e denuncia le autorità cecene per le violenze contro i civili, chiede senza fortuna la protezione delle autorità austriache, muore in un agguato a pochi passi dall'appartamento in cui viveva, in un tranquillo quartiere di Vienna. L'ultimo omicidio eccellente era avvenuto quaranta giorni fa a Istanbul, in Turchia. Lui è un ex comandante dei ribelli ceceni, Islam Dzhanibekov. L'ipotesi della rapina dura poche ore perché gli investigatori scoprono subito che l'uomo è stato ucciso con due colpi di Groza, una pistola a canna corta usata dalle forze speciali russe che, un paio di mesi prima, sempre a Istanbul, aveva fatto fuori un altro reduce della Cecenia, Gadgy Adilsultanov. A questo punto la mappa è abbastanza chiara: in Europa c'è una rete di poliziotti con la licenza di uccidere i vecchi amici di Kadyrov.

    Ramzan Kadyrov non è stato sempre dalla parte di Mosca. Il suo clan ha combattuto contro l'esercito russo sino al 1999, l'anno in cui è cominciata l'ascesa di Putin al Cremlino. Suo padre, il muftì Akhmad, è stato presidente ceceno sino al 2004, anno in cui ha perso la vita in un attentato. Vladimir Putin lo considera un alleato fondamentale per mantenere la sicurezza nel Caucaso. A Grozny, durante le elezioni dello scorso autunno, il partito Russia Unita ha conquistato il 99 per cento dei voti. Secondo numerose organizzazioni umanitarie, Kadyrov non è che un criminale di guerra. Poche settimane prima di essere uccisa sulle scale di casa, Anna Politkovskaya ha detto di aver ricevuto un video che mostra “un uomo con le stesse sembianze” del presidente ceceno che organizza rapimenti e uccisioni.

    Nel 2006, un vecchio comandante dei ribelli, Movladi Baisarov, dice che Ramzan Kadyrov “si comporta come un tiranno mediovale”. Baisarov non è un uomo qualunque: anche il suo clan ha lasciato la guerriglia per passare dalla parte del Cremlino. I suoi uomini, i gorets, sono le guardie più potenti della Cecenia durante il regno del muftì Akhmed. Ma il muftì muore e gli equilibri cambiano. Baisarov finisce sulla lista dei ricercati ceceni e scappa a Mosca, dove rilascia alcune interviste al quotidiano Kommersant. Cinquanta agenti speciali arrivati da Grozny gli danno la caccia per le strade della capitale. Lui chiede aiuto ai servizi segreti, l'Fsb, chiama il quartier generale della Lubianka e domanda protezione. Si sente rispondere una cosa soltanto: “Il programma è finito”. Una mattina di ottobre, alle sei di mattina, guida una vecchia Vaz sulla prospettiva Lenin. Nessuno sa chi avrebbe dovuto incontrare. Lo trovano morto, ucciso dai colpi di un'arma automatica. Due anni più tardi, nel 2008, tocca a Ruslan Yamadayev, un altro ribelle che ha lasciato le armi, senatore della Federazione russa con il partito di Putin.

    E' il pomeriggio del 24 settembre e l'uomo percorre in auto una strada di Mosca. I killer colpiscono quando si ferma a un semaforo: due uomini si avvicinano e aprono il fuoco senza lasciargli alcuno scampo. Il fratello di Ruslan, Sulim, è il comandante delle brigate Vostok, un gruppo di miliziani ceceni integrati fra i regolari russi. Ad agosto partecipa all'invasione della Georgia. Poche settimane più tardi passa sulla lista dei ricercati ceceni per crimini di guerra. Ora è in fuga, ma promette vendetta. L'elenco segreto di Kadyrov sarebbe lungo. Uno dei suoi consiglieri, Timur Aliev, ha detto al quotidiano Moscow Times di averlo visto con i propri occhi: conterrebbe 5.000 nomi, soldati, politici e giornalisti che hanno avuto a che fare con la guerra in Cecenia e non hanno saputo scegliere la parte giusta, non sono rimasti con i ribelli e non sono passati dalla parte del Cremlino, ma hanno denunciato i crimini commessi nella provincia del Caucaso. Gli agenti di Kadyrov hanno l'ordine di ucciderne almeno 300. Cinquanta, sostengono fonti d'intelligence, hanno ottenuto l'asilo in Europa.