Ma che faccia di sbronzo

Grazie a Gazza e Steven, il calcio è tornato a essere sport da mascalzoni

Maurizio Crippa

Erano sbronzi, o anche no. Meno male e finalmente. Dopo tutto questo calcio da Dolce & Gabbana, dopo tutto questo calcio shopping, dopo il calcio modaiolo in cui comandano le signorine della tv, arrivano finalmente due buone cattive notizie di calcio maschio e maleducato.

    Era sbronzo, sì. E allora? Era anche Natale, cazzo. E a Natale ognuno ha ben diritto a un quarto d'ora di felicità. C'è chi va al Caribe, chi va a Cortina, chi tira giù Gaza a cannonate. Paul Gascoigne, invece, voleva solo farsi una sacrosanta bevuta da solo, chiuso nell'albergo di fianco alla clinica del Gloucestershire dove stava rinchiuso per disintossicarsi. Dall'alcol. Una bella sbronza. Soprattutto senza dover passare le feste in famiglia, come aveva chiesto e ottenuto di poter fare. E soprattutto senza vedere quello stronzetto di figlio dodicenne, Regan si chiama, che secondo il Mirror avrebbe detto: “Mio padre avrebbe dovuto sostenermi in tutti questi anni. Mi dispiace che si trovi in questa situazione, ma non è colpa nostra. Stiamo tutti sprecando il nostro tempo e siamo in grado di portare avanti la nostra vita”. Dodici anni, cazzo. Un mostro. E vuoi che un uomo sensibile come Gazza non preferisca starsene in albergo, da solo, a scolarsi qualche centinaio di pinte, invece che a spacchettare regali con quell'angioletto?

    Non era sbronzo, no. O forse sì, o almeno non si è ancora capito bene. Perché la polizia di Liverpool mica è come la magistratura di Napoli, prima di mollare un verbale d'interrogatorio te lo fa sudare. E soprattutto il Liverpool non è mica una di quelle squadre italiane tarantolate dal problema dell'immagine pulita, che se un Adriano a caso si scola due gazzose la sera, il mattino dopo lo sanno anche i sassi di Appiano Gentile. Sbronzo o non sbronzo, alle due di notte in un pub di Southport se un pistola di dj ti rompe i maroni con la sua musica, hai tutti i sacrosanti diritti di modificargli i connotati, naso blu e denti rotti. E poi che ti portino pure al comando di polizia, e ti processino per direttissima. Anche se rischi di beccarti cinque anni. Anche se ti chiami Steven Gerrard, se sei il più bravo calciatore della Premier League, uno dei migliori al mondo. E non bastasse quello sei anche il più corretto, quello con la faccina pulita, il capitano leale di mille battaglie, un idolo per i bravi ragazzi inglesi quasi meglio di Frankie Lampard. Un eroe del football, non un fighetto tutto moglie cantante e pubblicità.

    Erano sbronzi, o anche no. Meno male e finalmente. Dopo tutto questo calcio da Dolce & Gabbana, dopo tutto questo calcio shopping, dopo il calcio modaiolo in cui comandano le signorine della tv, arrivano finalmente due buone cattive notizie di calcio maschio e maleducato. E arrivano proprio dall'Inghilterra, patria del football e del fairplay, ma anche della rivoluzione del calcio-business e degli hooligan ridotti all'impotenza come nel finale di “Arancia Meccanica”. Eccoli lì, un vecchio campione con la sua cattiva strada e un campione di oggi con la sua cartolina finalmente macchiata, a offrirci un po' di sana cattiveria, di normale e umana imperfezione. Insomma una via di fuga dalla correttezza politica e sociale, dalle eterne partite del cuore e da tutte quelle balle lì, che sembra sempre di stare a sentire un commento tecnico-etico di Fabrizio Failla. Babbo Natale ci ha fatto un regalo. Il calcio torna ad essere una cosa brutta sporca e cattiva, roba da maschiacci. Torna ad essere il vecchio e caro sport da gentiluomini giocato da mascalzoni, dopo essere stato per troppo tempo uno sport politicamente corretto giocato da indossatori.

    Gazza Gascoigne finirà probabilmente male, lo sappiamo già. E alla fine avrà ragione suo figlio. Ma almeno l'ultima sua guasconata – scapparsene di clinica prima di Natale e farsi ritrovare nell'albergo accanto subito dopo le feste – ha dato la possibilità anche agli ignari ragazzini di oggi (i famosi educandi forzosi di ogni appello della Fifa e della Lega calcio) di scoprire quanto fosse bravo e geniale e indisciplinato. E persino pirla. Finirà male, non è roba da stare allegri, per lui come per tanti altri prima di lui. Ma certo non saranno quelle boiate pazzesche delle pubbliche virtù, o i documentari con titolo alla Wwf, “Saving Gazza”, a cambiargli la vita.

    Quanto a Steven Gerrard, gli faranno pesare come una macchia sull'onore una rissa al pub. Ma il suo coach Rafa Benitez, come un papà filibustiere, l'ha già riabbracciato sul campo di allenamento, non gli ha fatto nessuna paternale e l'ha invece pubblicamente difeso: “Steven is a nice person”. Per non dire del suo club, che è il più titolato d'Inghilterra ma anche quello che ha tragicamente esportato in Europa il termine “hooligan”, che in un comunicato ufficiale ha scritto: “Negli ultimi dieci anni Gerrard ha dato un contributo eccezionale al Liverpool e il club gli assicurerà il massimo supporto”. Dall'Uruguay si è scomodato in difesa dell'ex bravo ragazzo di Liverpool persino un picchiatore nato prestato al calcio come l'ex difensore bianconero Paolo Montero: “In quel preciso istante della notte, non ti senti più il numero uno al mondo, sei, semplicemente e banalmente, un uomo che non vuole essere seccato”. Dj di tutto il mondo, state attenti: il football è tornato a essere roba per mascalzoni.

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"