L'onda dei pm

Lodovico Festa

La “questione morale”, la pretesa di dividere l'Italia tra impuri e berlinguerianamente puri, è finita.

    La “questione morale”, la pretesa di dividere l'Italia tra impuri e berlinguerianamente puri, è finita. Anche se questi giorni raccontano di una estesa corruzione, più o meno seria, accompagnata dall'improvviso riemergere di un protagonismo politico (a guida campana) della magistratura. E' evidente come la rinnovata diffusione della corruzione sia figlia diretta dell'uso irresponsabile, da Enrico Berlinguer in poi, della questione morale. Se non si ragiona sul carattere politico, e per altri versi ancora antropologico, del sistema di scambi e favori nella gestione pubblica, degli effetti strutturali che la Guerra civile europea (1914-1989) ha comportato per la nostra Italia, se si attribuiscono i comportamenti corruttivi solo a politici geneticamente diventati disonesti. Se sulla base di questo presupposto la stampa moralista tipo la Repubblica inneggia ai rinascimenti napoletani, abruzzesi, lucani, calabresi, si prepara così l'avvento di un ceto politico di sinistra. Un ceto che, invece di dannarsi per recuperare voto per voto il suffragio di ogni bracciante, operaio, disoccupato naturalmente da alleare a intellettualità e borghesia progressiste, invece di considerare centrale questo fronte, sentendosi “unto” dalla questione morale organizzerà subito terrificanti blocchi di potere urbano con al centro banche, costruttori e giornali. Decisiva, poi, nell'andazzo, la copertura data per anni al protagonismo di mani pulite, l'avvio di un quindicennio che segue il quasi cinquantennio di occhi chiusi della magistratura. Diffondendo l'idea che la corruzione si combattesse solo con gli eroici pm, si è spenta ogni riflessione sugli “strumenti specifici” per limitare la corruttela pubblica (banche dati sugli appalti, regole automatiche e così via). Anche se poi la via più utile per superare una estesa corruzione è quella della libera competizione politica con frequenti alternanze di guida del potere pubblico.
    Senza peraltro contare sul carattere in sé salvifico dei politici. Si consideri il piccolo moralizzatore Walter Veltroni che ha preteso come segretario regionale del Pd del Lazio il noto Roberto Morassut, già assessore all'urbanistica di Roma. O si valutino le azioni sul campo, non la chiacchiera, del grande moralizzatore Antonio Di Pietro che appena diventato ministro in uno dei settori più “sensibili” dello stato, i Lavori pubblici, ha lanciato alcune eclatanti iniziative eticamente decisive. Non ve le ricordate? Ma come è possibile?

    Perché tutto parte dalla Campania
    Al di là della corruzione, centrale è però oggi una ripresa ampia e apparentemente coordinata dell'offensiva di vaste aree di “toghe”: sia chiaro, il problema non è la persecuzione dei reati. E che questa sacrosanta attività sia politicamente organizzata risulta evidente dal suo muoversi come un'“ondata”: questa volta, ogni giorno, con un pidiennino sindaco, parlamentare, assessore messo sotto torchio. Trascinandosi dietro infiniti dubbi sul merito: si prenda l'inchiesta che imputa all'ex sindaco di Pescara 30 reati. Ma non potevate intervenire chessò, quando ne avevate individuati 4 o 5? Lasciare che si ammucchiasse una piletta di 30 presunti reati è tipico di un'offensiva preparata con una strategia politica, non di una normale attività giudiziaria. L'Abruzzo, poi, ospita anche un altro mistero: il ruolo del ministro ombra alla giustizia Lanfranco Tenaglia, magistrato proprio di quelle terre. Quando fu arrestato Ottaviano Del Turco malevoli pettegoli sottolinearono come Tenaglia fosse amico, oltre che di pm impegnati nell'operazione, del sindaco di Pescara grande rivale di Del Turco. E oggi? Certo che il responsabile giustizia del Pd sia circondato da tante affettuose attenzioni (e possa esserne intimidito?) non rassicura. Riflettendo sulla “nuova ondata” va ricordato come la magistratura campana sia stata l'epicentro dei primi moti di questa legislatura. Dopo che Silvio Berlusconi mise le mani sull'organizzazione delle procure per poter rimuovere la spazzatura dalle strade, è partita l'offensiva delle “telefonate incandescenti” (a cui Milano ha fatto da spalla) nella convinzione che si potesse azzoppare il premier. Riuscendo a convincere di questa possibilità la Repubblica e, tramite questa, quell'allocco di Veltroni. Con il lodo Alfano si è efficacemente stoppata questa manovra. Magari i magistrati campani cercano oggi di ritagliarsi anche un posto nelle trattative (tentando anche di smacchiare – grazie a retate di pidiennini – il rosso delle toghe da battaglia usate in questi anni), dopo che per prime Palermo, Torino e Roma, e ora anche Milano hanno di fatto avviato un dialogo con il governo. E al seguito dei campani, si mobilitano anche nuove aree, dai fiorentini agli abruzzesi, per non parlare dei soliti “esibizionisti”. Le aree più radicali cercano di trasformare in un percorso di guerra un eventuale dialogo su una legge costituzionale per la giustizia. Soprattutto in Abruzzo si ritiene che Di Pietro possa diventare, in una stagione di crisi dura in cui cresceranno i rancori, il nuovo uomo della provvidenza. Alcuni pm hanno poi una psicologia ormai da crepuscolo degli dei: funzionari dello stato pieni di sé, con una visione generale molto miope, privi del senso delle proprie responsabilità, hanno perso il senso delle proporzioni. Non mi pare vi sia un'unica spiegazione per quel che sta succedendo. Ma è netta la convinzione che i reparti messi in movimento in questi giorni “non possono non sapere” di stare seguendo una strategia coordinata. E anche solo questa convinzione ci spinge a scongiurare Silvio Berlusconi di non fallire il colpo, a partire dalle separazione delle carriere.