L'eroica resistenza e le battute di Graziano Cioni, tribuno in Firenze

David Allegranti

Il motteggio del Cioni è arguto e colorito. A Firenze ricordano uno scambio di battute via giornali fra lui e un ex assessore democristiano. “Ma lei è un po' il Cioni della Dc?”, fu la domanda di un quotidiano all'esponente cattolico. Risposta: “Non so se lo sono, fra lui e me ci sono cinquemila libri di differenza”. La replica di Cioni arrivò il giorno dopo in Consiglio comunale. “Mah, cinquemila libri di differenza non so, ma di sicuro tra noi ci sono cinque quintali di sapone”.

    Il motteggio del Cioni è arguto e colorito. A Firenze ricordano uno scambio di battute via giornali fra lui e un ex assessore democristiano. “Ma lei è un po' il Cioni della Dc?”, fu la domanda di un quotidiano all'esponente cattolico. Risposta: “Non so se lo sono, fra lui e me ci sono cinquemila libri di differenza”. La replica di Cioni arrivò il giorno dopo in Consiglio comunale. “Mah, cinquemila libri di differenza non so, ma di sicuro tra noi ci sono cinque quintali di sapone”. Oggi nel Pd quel linguaggio glielo rinfacciano spesso, specie nelle ultime settimane, dopo la pubblicazione delle intercettazioni sui quotidiani. Magari quando parla, e non solo in conversazioni private, gliene scappano un paio, di parolacce; “Ma che cazzo…”. Gli capita di parlare berlusconianamente di sé in terza persona; “Graziano Cioni non fa un passo indietro, ne fa cinque in avanti”.

    E' un po' spiccio per telefono, anche quando è in linea coi suoi capi politici; “Dimmi, Piero” (laddove Piero in questione è Fassino). Ma a lui piace così e soprattutto lui piace così alla gente. “Vengo da Pontorme e sono figliolo d'un cenciaio, e me ne vanto. Quando parlo con la gente tutti mi capiscono”. Cioni non vuole ritirarsi dalla politica con l'accusa di “corrotto”, proprio lui che di corruttori ne ha fatti mettere in prigione un paio. Il 3 dicembre scorso, proprio nei giorni in cui lo scontro politico interno al Pd raggiungeva l'apice, la Cassazione ha confermato la condanna nei confronti dei due, un uomo e una donna, che nel 2001 tentarono di corromperlo. Ma GC ha sessantadue anni ed è stanco: lo ripete spesso in questi giorni. La stanchezza sembra essere l'unica in grado di fermarlo. Non c'è riuscita l'assemblea del Partito democratico, non c'è riuscito il segretario cittadino Giacomo Billi.

    Graziano Cioni da Empoli, illustre concittadino di Pontorme, classe 1946, è noto nel 2008 anche per le cene che organizza a sostegno della sua associazione, Firenze Democratica, dove non si spende meno di cento euro e dove i cioniani sono ben lieti di sovvenzionare il Capo. La gens cioniana è una fauna variegata di medici (parecchi primari dell'ospedale Careggi), tassisti e barocciai che lo appoggiano e proteggono sfiorando l'idolatria. Gli è che il Cioni – oggi assessore alla sicurezza e alla vivibilità, autore peraltro delle discusse ordinanze su lavavetri e mendicanti, nonché di un regolamento di polizia municipale che arriva a multare chi mangia “in forma palesemente indecente” un pezzo di schiacciata – è parecchio bravo con le pubbliche relazioni; è un tribunus plebis, parla la lingua del popolo. Ha bisogno del pubblico, quando fa un comizio e sul palco si scuote di dosso la stanchezza dei suoi sessantadue anni e la trasforma “in energia grazie alla botta d'adrenalina”.

    La sera esce con i suoi vigili della Municipale per vedere come vanno le cose in città. Una notte, verso le tre, un gruppo di ragazzi lo apostrofò: “Cioni Cioni, vaffanculo!”. Lui gongolò per essere stato riconosciuto: “Sì, mi mandano affanculo, però intanto mi conoscono”. Il 6 maggio 1976 un terremoto colpì il Friuli. Il Pci gli chiese di andare là a dare una mano nella ricostruzione. “Avevo moglie e due figli piccoli – ha raccontato al Corriere Fiorentino – chiesi quanto tempo avrei dovuto restare su. Mi risposero: ‘In un mese te la cavi'. Ci rimasi un anno e mezzo. Durante i primi tre mesi non mi parlava nessuno, non avevano mai visto un comunista. Ma dopo diventai presidente del comitato per la ricostruzione. E' stata l'esperienza più bella della mia vita”. Se non potesse più partecipare alle primarie del Pd, non è esclusa una lista che porti il suo nome. Potrebbe aumentare così il numero di cariche pubbliche raccattate negli anni. Già senatore dei Ds dal 1996 al 2001, in questi giorni di buriana lo potete trovare nel suo fortino, sempre assieme a una delle sue figlie, Beatrice, che non lo lascia un attimo. E' combattivo e smorza tutto con le sue battute. “Forse il mio mestiere doveva essere un altro, quello di far ridere”.

    • David Allegranti
    • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.