Il club dei torinesi cresce

Vie d'opposizione

Lodovico Festa

Le vie dell'opposizione non infinite, sono comunque numerose. Ci sono Walter Veltroni e Guglielmo Epifani che prima mettono l'elmetto e poi chiamano all'unità nazionale. Stare in minoranza politicamente e “socialmente” in tempi di crisi richiede nervi saldi. Serve realismo se no si passa per sabotatori, critiche misurate se no si fa la figura di sciacalli.

    Le vie dell'opposizione non infinite, sono comunque numerose. Ci sono Walter Veltroni e Guglielmo Epifani che prima mettono l'elmetto e poi chiamano all'unità nazionale. Stare in minoranza politicamente e “socialmente” in tempi di crisi richiede nervi saldi. Serve realismo se no si passa per sabotatori, critiche misurate se no si fa la figura di sciacalli.

    Se Veltroni non riesce a districarsi tra Antonio Di Pietro, Massimo D'Alema, Francesco Rutelli e Arturo Parisi (e inciampa persino su Riccardo Villari), non è colpa di Silvio Berlusconi. Se Epifani è stretto nell'angolo da Gianni Rinaldini e Carlo Podda, non può prendersela con Raffaele Bonanni o Emma Marcegaglia. I due “leader” farebbero bene a darsi una mossa perché gli equilibrismi in situazioni come l'attuale sono devastanti. La vicenda Rai e l'avvitarsi della crisi danno oggi al democratico e al sindacalista un'occasione per definire opposizione e proposte costruttive all'altezza dei drammatici tempi che viviamo. La utilizzeranno?

    Poi c'è Rifondazione, con vari estremisti al seguito. Pensa che a minare il governo Berlusconi sarà il nuovo movimento degli studenti. In realtà l'Onda montata dai rettori, adesso che questi trattano con Mariastella Gelmini, non sa più che cosa fare. Verrebbe da dire che una seria opposizione la organizza Ferruccio de Bortoli l'unico che abbia un'idea, sia pure come sempre con stile ed equilibrio, di come aprire varchi nel governo.

    Da una parte Guido Tabellini e Alberto Alesina, grandi scienziati ma grandissimi impolitici, chiedono un'ulteriore riforma delle pensioni che se affrontata nel medio termine produrrebbe fortissimi tensioni sociali. I due professori, al contrario di Tito Boeri che con le sue proposte sul lavoro sa quali effetti di sconquasso vuol provocare, non hanno sempre ben presenti gli esiti sul “consenso” dei loro obiettivi. Sempre sul Sole 24 Ore poi Orazio Carabini lancia un polo di potere intorno a Mario Draghi che in qualche modo condizioni la politica tremontiana: anche se il governatore della Banca d'Italia di questi tempi sarà preso soprattutto a spiegare quel che è successo negli istituti che controlla e che hanno nella pancia grane che dovevano essere meglio monitorizzate: come fa notare con un tocco di malignità Angelo De Mattia, l'ex portavoce fazista, su Mf. Ma è una forzatura attribuire eccessivi disegni politici a un giornalista come De Bortoli che a tutela della propria indipendenza non esita a prendere le distanze dall'uomo che gli è stato storicamente più vicino, Giovanni Bazoli, quasi affondato dalla crisi Zaleski.

    Di fatto il luogo d'eccellenza dove si lavora per “pensare” l'opposizione è Largo Fochetti che prima ha puntato su Alessandro Profumo da scagliare come un ariete contro Cesare Geronzi e indirettamente dunque contro l'asse (non sempre perfettamente allineato) Gianni Letta-Tremonti. Poi, considerato che dalle macerie dell'Unicredit non poteva partire alcuna controffensiva, da una parte tenta di adulare Tremonti e separarlo dall'ala più berlusconiana della maggioranza, dall'altra ripete la stessa operazione con Letta per rivolgerlo contro Tremonti. Spera poi di potere giocare anche di sponda con l'ala più tradizionalmente rivendicativa della Fiat, quella che vuole soldi brutti, sporchi e subito. Di questa tendenza proprio sulla Repubblica si è fatto portavoce Luca Cordero di Montezemolo. Si tratta di una cordata consolidata al Lingotto, concentrata a ottenere un compromesso generale con la Cgil che tenga bassi i salari nell'auto e ottenga aiuti statali “diretti” per la Fiat, una cordata che ha il suo forte peso in una Confindustria, però, tutt'altro che corriva.

    Autonomo da questo reseau è Sergio Marchionne: anche se sicuramente pronto a prendere tutto quel che “arriva”, punta su una via di modernizzazione più in sintonia sia con la Marcegaglia sia con le scelte che Giulio Tremonti sta cercando di far passare a Bruxelles. Alla fine come si muoverà Epifani, dipenderà se prevarrà la linea Montezemolo o quella di riserva di Marchionne.
    La partita Fiat si intreccia, via Ifi-Ifil, con quella di Intesa Sanpaolo, dove la fragilità di Bazoli crea un vuoto di potere grazie al quale gli uomini degli Agnelli tentano di aumentare la propria influenza in diretto rapporto con Sergio Chiamparino e in contrasto con un infuriato Enrico Salza che vede messo in discussione il suo ruolo storico di contraltare torinese del potere Fiat. Anche questi scontri, che dovrebbero avere come prossima vittima Pietro Modiano e portare a un consolidamento del potere di Corrado Passera, hanno risvolti sull'opposizione possibile.

    I torinesi con Luciano Violante (non per nulla attaccato da Veltroni) e Marcello Maddalena (che poi sarà costretto a spiegare a Gian Carlo Caselli che cosa sta succedendo), con Cesare Damiano e l'ala riformista sindacale (in Piemonte più Uil che Cgil) e con lo stesso Chiamparino sono gli unici a sinistra dotati di una forte, vera base sociale, alleati con una realtà ancora influente come quella della Fiat. E sono dunque in grado di aprire un dialogo con il centrodestra per costruire sbocchi riformistici nel rispetto dei ruoli di maggioranza e opposizione sulle questioni strategiche: giustizia, lavoro e federalismo. Forse decollerà su questa base il chiampariniano partito del Nord. E non sarebbe male che il centrodestra aprisse un'interlocuzione seria con oppositori che hanno maggiore linearità e consistenza.