Dal Digital Freebie a Monocle - parla Tyler Brule

Ecco la formula più o meno perfetta per trasformare i giornali in opere d'arte

David Carretta

Se i giornali sono un'arte, c'è un artista che è più di successo degli altri nel panorama dell'editoria mondiale, Tyler Brûlé.

    Se i giornali sono un'arte, c'è un artista che è più di successo degli altri nel panorama dell'editoria mondiale. Tyler Brûlé, fondatore di Monocle e Wall Paper, venerato columnist dell'International Herald Tribune e del Financial Times per le sue rubriche su aeroporti e trend, dice al Foglio che “l'arte di raccontare storie” attraverso la stampa “subisce una grande minaccia. Più dell'inchiostro su carta”. I giornali cartacei continueranno a esistere, nonostante Internet, la televisione e gli iphone. Il modello più pericoloso è quello della free press, che toglie “denaro vero a chi raccoglie vere notizie”. I quotidiani che “raccontano storie”, che non si limitano a ripubblicare lanci di agenzie e a mettere insieme noiosi pastoni, hanno bisogno di qualche aiuto pubblico, magari di una “tassa” apposita, per sopravvivere nel mondo dei nuovi media. Perché le storie, come le opere d'arte, hanno un costo economico. Anche gli editori devono fare la loro parte, avverte Brûlé, e “innovare sulle pagine invece che limitarsi a tagliare i costi”. Invece, il futuro dei giornali “è messo in pericolo da consulenti stupidi e amministratori delegati senza una visione creativa”.

    Nella lingua di Shakespeare, “raccontare storie” non significa solo raccontare storie. Per un giornalista o un lettore anglosassone, un articolo di giornale è innanzitutto una “story”: una “storia”, senza pretese di verità o obiettività assoluta, con cui raccontare e analizzare i fatti, l'accaduto. Un'arte che rischia di scomparire, spiega Brûlé, a causa “della robaccia che si trova gratis su Internet”. Non tanto quella di cui usufruisce l'internauta comune. Semmai la roba gratis che viene utilizzata da tutti – o quasi – i giornalisti per mettere insieme i loro articoli: google news, news feeder, blog, siti stile Repubblica.it e Dagospia, o roba anche molto più seria. Il risultato non è una “storia”, unica come un'opera d'arte, ma “pezzi” di informazione standardizzata, che vengono replicati su tutti i giornali, se necessario ciascuno secondo le proprie convenienze. Se ci si vuole salvare dall'omogenizzazione della free press, occorre “uccidere la cultura digital freebie”, spiega Brûlé. I giornalisti devono tornare a consumare le suole delle scarpe per raccontare storie.

    Monocle, l'ultima creazione di Brûlé, è una storia di successo fondata sulle storie, su chi le scrive e su chi le legge. Lanciato nel febbraio 2007, nel suo primo anno di vita ha raccontato storie sulla politica internazionale, l'economia, la cultura e il design da più di 100 paesi. Monocle, che ha uffici di corrispondenza a Londra, New York, Tokyo e Zurigo, si auto-definisce un “global briefing”: nelle prime pagine di ciascun numero compare la cartina del mondo e una bandierina per ciascuna storia raccontata. In America lo hanno definito “un incrocio tra Foreign Affairs e Vanity Fair”, ma è molto di più. Confezionato come un'opera d'arte, Monocle arriva nelle buche delle lettere degli abbonati in una busta bianca anonima. Al suo interno, spesso, un inserto redazionale legato con un elegante elastico: come fosse “hand made”. Il suo contenuto anticipa i trend politico-culturali, il linguaggio è tagliente, la riflessione non è mai banale. Il risultato sono 150 mila lettori super-fedeli e molto benestanti: il 74 per cento compra Monocle ogni mese, solo il 3 per cento acquista meno di sei numeri l'anno. A 12 euro a numero, con inserzionisti pronti a spendere per un target di lettori particolarmente alto, c'è abbastanza di che sopravvivere. Se non bastasse, Monocle ha lanciato la sua linea di borse e arredamento.

    Pur essendosi affermato sul mercato, il fondatore di Monocle non esclude la necessità di finanziamenti pubblici per salvaguardare la stampa. “Penso che ci debba essere qualche tipo di finanziamento per mantenere intatto il giusto modo di raccontare le storie”, spiega Brûlé, ipotizzando una “media tax redistribution”. Anche gli Stati Generali della Stampa, convocati in Francia dal presidente Nicolas Sarkozy per soccorrere il settore in crisi, potrebbero essere “un esperimento intelligente”. Comunque, il giornale del futuro secondo Brûlé deve “cambiare sia il formato sia il tipo di storia che racconta”.

    Per il fondatore di Monocle, “i quotidiani intelligenti sceglieranno le loro battaglie e non cercheranno di essere un canale televisivo, un fornitore di informazioni da telefono cellulare e una stazione radio”. “Tyler è un grande fan del Foglio”, spiegano i suoi collaboratori. Nel novembre dello scorso anno, in un numero di Monocle dedicato alla stampa mondiale, Brulé aveva classificato questo quotidiano al secondo posto dei migliori giornali al mondo, dopo il giapponese Yomiuri Shimbun, per “la sua considerevole influenza e il suo concetto davvero moderno”. Oltre ad avere dimensioni perfette, anche come accessorio per un cappotto Loro Piana, secondo Brulé “il Foglio offre molte risposte ai proprietari di quotidiani che non sono sicuri di come modernizzare il loro giornale”.