La breccia/1

Maurizio Crippa

Poiché le parole di Benedetto XVI circa la politica “che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile” hanno scatenato una ridda di commenti, in molti casi simili all'evangelico “sono forse io?”, vale la pena fermarsi innanzitutto alla lettera.

L'invito del Papa al protagonismo e la linea di continuità da Ruini al dialogo sul testamento biologico di Nicoletta Tiliacos

    Poiché le parole di Benedetto XVI circa la politica “che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile” hanno scatenato una ridda di commenti, in molti casi simili all'evangelico “sono forse io?”, vale la pena fermarsi innanzitutto alla lettera. Se il Papa auspica “una nuova generazione” di politici, significa che una attuale non c'è. O se c'è, non è soddisfacente. E il giudizio, non essendo ulteriormente sfaccettato, va assunto in blocco: non c'è n'è di soddisfacenti né a destra né a sinistra. Esistono motivi storici per i quali alla “generazione” democristiana non si è sostituita una classe politica cattolica in grado di aggregare (e pesare) in quanto tale.

    Uno di questi, non l'ultimo, è stata la scelta operata dal cardinale Camillo Ruini di non favorire aggregazioni partitiche di cattolici, preferendo una loro diffusione (variamente strumentale) nei due schieramenti, trasferendo alla gerarchia ecclesiale la funzione di indirizzo, ogni qual volta la chiesa ritenesse suo dovere e interesse intervenire. Dal punto di vista dei risultati, sulle legislazioni bioetiche e non solo, questa strategia di lungo corso ha funzionato bene. Un po' meno – forse – ha funzionato nel promuovere quella “nuova generazione” di politici tante volte sollecitata a parole da innumerevoli documenti della Cei, e l'altroieri ripresa anche dal Papa.

    Un percorso che era iniziato molto prima dell'eclissi della Dc, con il convegno di Loreto del 1985, quando Ruini mise in atto la sua “decisione di commissariamento della Cei e della Chiesa italiana”, per citare lo storico della Chiesa Albero Melloni, e che per prima cosa comportò un maggior controllo e indirizzo sul laicato (parrocchie, associazioni, movimenti) dopo i burrascosi anni 70. Da allora, progressivamente, i “fedeli laici” sono stati chiamati a sostenere a livello sociale e culturale le battaglie di volta in volta indicate. Uno schema che ha trovato la sua apoteosi, ma forse anche il suo canto del cigno, nel Family Day e nella sconfitta inferta a Romano Prodi sui Dico.

    Ma che ora, con l'uscita di scena di Ruini e ancor più con lo stabilizzarsi di un quadro politico in cui il voto cattolico non è più l'ago della bilancia, quella strategia sembra venire meno. Le parole del Papa andrebbero collocate qui. E non certo come una scomunica “solo” dei politici di sinistra, come se il cattolicesimo politico italiano fosse ancora quello di “Evangelizazione e promozione umana”, anno 1975. Invece sono passati vent'anni anche da Loreto e se in questi anni, al di là del capolavoro più balistico che politico di Ruini, la presenza dei “valori cristiani” nella società è andata scemando fino a produrre quella “mucillagine” e quel paese moralmente “sfilacciato e frammentato” denunciato con forza dal cardinal Angelo Bagnasco, qualche motivo sarà forse da ricercare anche in quel modello politico che presupponeva – e anzi si alimentava – l'assenza di un ceto politico che quei “valori” sapesse trasformare in azione concreta.
    E' per questo che colpisce l'analisi di Ezio Mauro sul fallimento della “riconquista” cattolica della società italiana basata sull'insistenza sui valori etici. Colpisce per l'esattezza.

    Citando un giudizio di don Giussani (andrebbe ricordato che negli ultimi anni molti interventi del fondatore di Cl erano stati ospitati dal giornale fondato da Eugenio Scalfari) sulla “prevalenza dell'etica rispetto all'ontologia” nella chiesa contemporanea, Mauro sembra cogliere il punto: che oggi a fronte di molte parole sull'etica, e di un diffuso ritorno del “ruolo pubblico” della religione, la fede cristiana e la sua capacità di attrattiva non sono più diffuse di prima. Ma l'analisi di Mauro colpisce soprattutto perché sembra contenere una richiesta – per quanto implicita, o addirittura inconsapevole – alla chiesa di tornare a svolgere il suo ruolo di “portatrice di salvezza”, prima ancora (o piuttosto) che dispensatrice di una dottrina morale.
    Probabilmente, si scatenerà un dibattito attorno alle parole del Papa, per capire se indichino in qualche modo la fine di una fase in cui la chiesa – come dice Mauro – ha utilizzato le battaglie etiche per pesare nella società, o se invece vadano lette come uno sprone a intensificare la battaglia sui temi “non negoziabili”. Ciò che appare evidente – e le recenti, abili, aperture a una legge sui temi di “fine vita” sembrano confermarlo – è che la stagione di un certo modo di far politica sta finendo. E urgono, per dirla col Papa, “soluzioni di sviluppo sostenibile”.

    L'invito del Papa al protagonismo e la linea di continuità da Ruini al dialogo sul testamento biologico di Nicoletta Tiliacos

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"