Amicizie pericolose e rinnegate

“L'ebraismo? Religione da fogna”. Il legame con il reverendo Wright

Giulio Meotti

Roma. Louis Farrakhan fu il grande protagonista della manifestazione svoltasi a Teheran per il 17 anniversario della rivoluzione che rovesciò il regime dello scià.

    Dal Foglio del 27 febbraio 2008

    Roma. Louis Farrakhan fu il grande protagonista della manifestazione svoltasi a Teheran per il 17 anniversario della rivoluzione che rovesciò il regime dello scià. Il leader nero del movimento “Nazione dell'Islam” fu abbracciato dal presidente della repubblica iraniano Akbar Hashemi Rafsanjani che gli fece l'onore, mai riservato a uno straniero, di concedergli la parola in pubblico. Farrakhan non deluse, definendo il popolo iraniano “avanguardia della rivoluzione islamica che sta spazzando il mondo”. Rendendo omaggio alla memoria dell'imam Khomeini e levando alto il grido di Allah akbar. Di questo e di molti altri episodi della biografia di Farrakhan si sta parlando negli Stati Uniti, dopo l'endorsement dell'agitatore nero verso l'astro di Barack Obama, definito una “speranza del mondo intero”.

    Il candidato democratico ha preso subito le distanze da Farrakhan. Ma a pochi giorni dalle primarie in Texas e Ohio, che decideranno la corsa alla nomination democratica, è già tempesta sul senatore afroamericano. Per rafforzare il proprio messaggio, Obama ha incontrato a Cleveland la locale comunità ebraica, affermando che “la sicurezza di Israele è sacrosanta, non negoziabile” e definendosi “l'uomo giusto per avvicinare ebrei e afroamericani”. I repubblicani hanno messo in dubbio il patriottismo di Obama. Dopo che lo stesso candidato democratico ha giustificato con l'opposizione alla guerra in Iraq la scelta di togliersi dalla giacca la spilletta con la bandiera americana e sua moglie Michelle ha detto che si è sentita “per la prima volta orgogliosa di essere americana” durante la campagna elettorale. Il problema sono il tipo di persone che appoggiano Obama. Come il suo pastore alla Trinity United Church of Christ di Chicago, Jeremiah Wright, che parla del sionismo, dell'autodeterminazione storica e politica del popolo ebraico, come di un “razzismo bianco” e che ha proposto di disinvestire dalle aziende israeliane. E' di Wright l'espressione “the audacity of hope”, l'audacia della speranza, diventata poi titolo del bestseller di Obama. 

    Richard Cohen sul Washington Post scrive che “per quanto ammiriamo Obama sappiamo poco di lui. Sappiamo che da rappresentante dell'Illinois si asteneva spesso su questioni toste. Stavolta astenersi non basta”. Farrakhan, che Cohen definisce “rancido”, ha paragonato il senatore dell'Illinois al fondatore del movimento della Nazione dell'islam, Fard Muhammad: “Un uomo nero con una madre bianca divenne il nostro salvatore”. Newsweek titola così: “E' un bene per gli ebrei?”. E' lo stesso filosofo nero Cornel West a bollare come antisemita la retorica di Farrakhan. Come quando definì gli ebrei statunitensi “una sottospecie delle sanguisughe”. O disse che “tutti i bianchi sono razzisti e schiavisti e tra loro i più pericolosi sono gli ebrei”. E ancora: “L'ebraismo è una religione da fogna”, “gli ebrei sono stati i peggiori mercanti di schiavi”, “Hitler era un grande, certo un grande del male...ma in fondo ha risollevato la Germania ed è quello che noi proviamo a fare, sollevare i neri”. Farrakhan, star dei colleges neri, delle stazioni radio nere, dei giornali neri, cita spesso il fondatore Elijah Muahammad: “I diavoli bianchi si stermineranno fra loro nel genocidio di una guerra, dobbiamo svegliarci, purificarci, elevarci, perché siamo noi, i neri, il popolo eletto e non gli ebrei. Dobbiamo vivere liberi dal giogo dei bianchi”. Il reverendo Wright, un altro leader nero dal quale Obama ha dovuto prendere le distanze, ha definito Farrakhan “un gigante dell'esperienza afroamericana del XX e del XXI secolo”. E' lo stesso Farrakhan che nel 1996 disse a un giornale iraniano che Allah avrebbe “distrutto l'America” e che due anni dopo scrisse una lettera a Saddam Hussein, definendolo “un visionario”. 
    Cohen scrive che Obama, anziché prendere le distanze da tutti i suoi amici patrocinatori d'odio, deve rendere onore alle tombe degli ebrei che presero parte al movimento dei diritti civili. Come “Micky” Schwerner e Andrew Goodman, eroi dell'estate passata alla storia come “Freedom Summer”, la campagna dei diritti civili che intendeva estendere il voto ai neri in tutti gli Stati Uniti. Schwerner, Goodman e il nero Chaney erano in Mississippi per aiutare i neri a registrarsi negli uffici elettorali, un affronto per i suprematisti bianchi del Ku Klux Klan. Gliela fecero pagare giustiziandoli alla nuca.

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.