L'espressione “morale cattolica” è paccottiglia da anni Cinquanta

Parliamo della vecchia, cara concupiscenza carnale

Camillo Langone

Concupiscenza, che bella parola. E che brutta gatta da pelare. Perché il tema mi mette in un angolo, mi impedisce ogni via d'uscita che non sia dire la verità. Potrei menare il torrone a lungo ma tanto vale dirlo subito: io mi sono assunto il compito di testimoniare in partibus infidelium la possibilità di essere nel contempo cattolici e concupiscenti.

    Concupiscenza, che bella parola. E che brutta gatta da pelare. Perché il tema mi mette in un angolo, mi impedisce ogni via d'uscita che non sia dire la verità. Potrei menare il torrone a lungo ma tanto vale dirlo subito: io mi sono assunto il compito di testimoniare in partibus infidelium la possibilità di essere nel contempo cattolici e concupiscenti. Di più: di essere cattolici e concupiscenti senza particolari problemi, senza soverchie macerazioni. Di più e di più ancora: senza particolari problemi e senza soverchie macerazioni proprio in quanto cattolici. Penso che sia una testimonianza necessaria in un mondo diviso tra perfettismo e nichilismo. Penso che ogni uomo (ogni uomo normale, non parlo dei santi) abbia una dose limitata di intransigenza: è pericoloso sprecarla per i dettagli, quando serve davvero si rischia di scoprire che è finita.
    Stesso ragionamento per qualsiasi altra virtù. La storia e l'esperienza quotidiana insegnano che spesso i vegetariani cominciano e finiscono a tavola la loro dose di bontà. Io mangio carne cruda di cavallo sia perché mi piace sia per essere più mite con i non equini.
    L'espressione “morale cattolica” mi fa venire in mente un vecchio libro di Alessandro Manzoni, che immagino non legga più nessuno e una volta tanto l'oblio di un testo è un bene, l'idea ricevuta del cristianesimo come morale è già troppo diffusa. E' svilente, insultante pensare che Gesù si sia fatto inchiodare a una croce per impedirci di rubare la marmellata o di toccarci il pisello. E' molto anni Cinquanta, anche. Il nostro popolo è così vecchio e così stanco che ama credere di vivere nel passato, al tempo in cui era pieno di speranze e di energia. In politica giriamo sempre intorno agli anni Settanta (con la differenza che oggi la violenza è solo di sinistra), al cinema vanno molto gli anni Ottanta e per quanto riguarda la religione l'immaginario nazionale è bloccato agli anni Cinquanta, questo grazie all'attività degli anticattolici e alla passività dei cattolici deboli, dei milioni di italiani che hanno ricevuto un'educazione cattolica ma che non sono più capaci di impartirla.


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    Antonio Socci è stato espulso come corpo estraneo dalla televisione non perché cattolico ma perché cattolico attivo e contemporaneo, non nostalgico, non archeologico: osò addirittura mostrare la fede del Terzo Millennio, e non glielo perdonarono. Che andasse a Radio Maria a parlare alle beghine.
    Gli anni Cinquanta furono l'età della censura, ovunque, nell'Italia democristiana, nell'Europa comunista, nell'America maccartista, e a chi non vuol pensare fa molto comodo una chiesa vintage, bloccata per sempre dentro quello scenario mondialmente sessuofobico. Ignorando quanto avvenuto prima, ad esempio il Vangelo con quella frase che cambia il corso della storia: “Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra”. Tutte le volte che rileggo Giovanni 8, 4-11, tutte le volte che rivedo Gesù tracciare ghirigori sulla sabbia con sprezzatura stellare (un gesto senza il quale non si possono capire né Don Chisciotte né Pierre Drieu La Rochelle), sotto lo sguardo via via più perplesso dei farisei coi sassi pronti in mano, bene, mi vengono le lacrime agli occhi. Come il quadro di Courbet è l'origine del mondo, questa è l'origine del nostro mondo, di tutto quanto di gentile esso contiene. Sono dettagli che sfuggono perfino all'Osservatore Romano che, nel culmine di una crisi di violenza mimetica che per spiegarla ci vorrebbe René Girard, si è vilmente accodato alla lapidazione mediatica dell'adultero Vittorio Emanuele di Savoia. Sono loro che si dovrebbero vergognare, non il principe: la vittima è sempre innocente e chi lo nega è pronto a diventare complice dell'immenso campo di lavoro forzato chiamato Cina, dove chi si ribella viene ucciso assieme a decine di altri in uno stadio e il conto della pallottola mandato a casa ai famigliari.
    Gli sciattoni e i maliziosi secondo i quali regna ancora Pio XII ignorano anche quanto è venuto dopo, a cominciare da Comunione e Liberazione, movimento realista quindi immoralista, fino alla “Deus caritas est”. Papa Ratzinger nella sua prima enciclica è stato chiaro al di là di ogni aspettativa: “Eros e àgape non si lasciano mai separare completamente l'uno dall'altro”. Significa che distinguere fra amore e sesso non è cattolico (ed etimologicamente non potrebbe proprio esserlo). Significa che nella concupiscenza non alberga soltanto il male. Sembra di ascoltare Fabrizio De Andrè: “Dal letame nascono i fior”. Benedetto XVI si spinge al punto da considerare potenzialmente fruttifero perfino il sesso senza amore aborrito dagli atei sentimentali: “Anche se l'eros inizialmente è soprattutto bramoso, nell'avvicinarsi poi all'altro cercherà sempre di più la felicità dell'altro”. Qui ci sento qualcosa di sant'Agostino, anche se non vorrei.


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    Farcendo questo articolo di brani delle “Confessioni” potrei finirlo in trenta secondi e andarmene a spasso in bicicletta ma stavolta non voglio usare la scorciatoia del solito “Ama e fa' ciò che vuoi”. La usa sempre Adriana Zarri, una teologa che non ho ancora capito a quale religione appartenga. Se si equivoca sulla prima parte della frase, la seconda ci porta in bocca a Zapatero. L'amore a cui allude il santo africano è certamente lo stesso amore di cui parla Cristo: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Quindi la manifestazione della propria volontà va subordinata al bene dell'altro. Non che sia sempre così facile identificarlo. Ci sono rari casi di incontri fra concupiscenti: Dio li ha fatti e che si accompagnino pure. Ci sono molti casi di incontri tra falsi concupiscenti che in realtà non ci tengono per niente a essere gettati dopo l'uso. Ci sono altrettanti casi di incontri fra un lui concupiscente e una lei sedotta e abbandonata, e viceversa. Ma non vorrei infilarmi in una casistica degna di un gesuita spagnolo del Seicento, che pure sarebbe divertente. Che spasso l'Enriquez secondo il quale la sodomia praticata con una donna era se non altro esercitata col sesso giusto. Sollazzevole il Suarez che giustificava gli ecclesiastici che non avessero compiuto quell'atto fino in fondo (fondo?) o per non più di due o tre volte. Io purtroppo questi buontemponi li ho conosciuti tardi, attraverso Pascal che non li poteva soffrire. Così mi sono salvato dalla religione braghettona leggendo altri autori, ad esempio Pietro Aretino, principe dei pornografi cattolici, Michelangelo Buonarroti, omosessuale che per la Cristianità ha fatto più di trecento cardinali, Charles Baudelaire, che mi ha insegnato come la preghiera potesse ben abbinarsi alla frequentazione di mulatte e all'aspirazione di pipette.
    Recentemente mi è stato prezioso “Peccato non farlo” di Roberto Beretta ed Elisabetta Broli (Piemme), agile catalogo di duemila anni di erotofilia cattolica. Pure il vocabolario mi ha dato una mano. Platonico, aggettivo che ripugna in bocca a una ragazza, deriva da Platone, uno che Cristo non poteva sapere chi fosse. Puritano, altra parola fastidiosa, prima che un moralista fanatico denotava un odiatore della chiesa di Roma. Docetisti, monofisiti, encratiti, pauliciani, bogomili, catari, albigesi, begardi, lollardi, zwingliani, calvinisti…
    Ai margini della vera fede sono infinitamente più numerose le eresie e le degenerazioni spiritualiste che quelle carnaliste. Lo spiritualista, uno gnostico convinto di appartenere a una schiera di eletti, è di norma un teorizzatore, un moralizzatore invadente, mentre il carnalista tende a farsi gli affarucci propri, a non fondare né sette né ideologie. L'atteggiamento del peccatore è molto più consono al cristiano di quanto sia quello dell'immacolato.
    L'Immacolata è una sola, la Madonna. Tutti gli altri sono macolati, prima ne prendono atto e meglio è. Anche la devozione mariana mi ha aiutato a fare i conti senza isterismi con la concupiscenza. Una mamma protegge sempre un figlio, qualunque sia il suo errore. Provvede a coprirlo sotto il suo manto, a intercedere per lui. Del resto i santuari mariani sono zone franche, a Montevergine si può incontrare Vladimir Luxuria, a Loreto, secondo Vittorio Messori e Magdi Allam, possono arrivare da un momento all'altro i maomettani, per venerare la madre di un profeta. Non che sia la stessa cosa ma in certi casi bisogna sapersi accontentare anche di una mezza verità. Lo dice san Tommaso d'Aquino: “E' proprio di un legislatore sapiente permettere le trasgressioni più piccole per evitarne di più grandi”.


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    A questo punto, per chiudere l'articolo e andare a pedalare contenti, bisogna solo tracciare il confine fra trasgressioni piccole e trasgressioni grandi. Trasgressione piccola è la concupiscenza rassegnata, grande quella orgogliosa. Perché la prima mantiene il dolente ricordo della caduta primordiale, la seconda non percepisce su di sé la minima ammaccatura. Nella concupiscenza minore, chiamiamola così, Dio è sempre pensabile, mentre nella concupiscenza maggiore Dio è dimenticato o negato, con i rischi segnalati da Dostoevskij. Ma non è certo il dongiovannismo l'ultima stazione di questa nostra via crucis. La concupiscenza sensuale, esercitandosi sui corpi, mantiene sempre un qualche rapporto, per quanto storto, con la legge naturale. L'esplosione dell'artificio tecnoscientifico ha insuperbito le masse rendendole preda di una concupiscenza peggiore, la brama tutta mentale di essere come Dio. Il peccato finora riservato a pochi empi leggendari diventa alla portata di chiunque. La produzione di mele da mordere si è fatta industriale, il prezzo si è abbassato, i supermercati dove le si compra sono aperti anche la domenica. Maggioranze ubriache di potere vogliono approvare nuove leggi che in pratica non servono a niente (i matrimoni omosessuali a nulla praticamente servono), se non a soddisfare uno scopo astratto: proclamarsi fonte del diritto, sorgente della verità. Idem per la manipolazione genetica, per l'aborto non chiamato col suo nome, eccetera. Queste sono trasgressioni grandissime, per aggiornare san Tommaso. Meglio dunque la cara vecchia concupiscenza della carne.

    Leggi l'articolo di Giuliano Ferrara

    • Camillo Langone
    • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).