Intervista al governatore del Veneto

Così Galan spiega il "suo" federalismo e il rischio per il Pdl veneto di far la fine del Pd

Cristina Giudici

Dicono che sia solo contro tutti nella sua battaglia per un Pdl veneto, fortemente autonomista e federalista. Dicono che abbia parecchio irritato il Cavaliere con le sue bordate contro i “pusher della politica che sono peggio degli spacciatori di cocaina” e con l'iniziativa degli autoconvocati.

    Dicono che sia solo contro tutti nella sua battaglia per un Pdl veneto, fortemente autonomista e federalista. Dicono che abbia parecchio irritato il Cavaliere con le sue bordate contro i “pusher della politica che sono peggio degli spacciatori di cocaina” e con l'iniziativa degli autoconvocati – 700 fra sindaci, amministratori e politici del Pdl veneto – che si sono autodefiniti “autoconvocati del libro” perché hanno accolto le tesi autonomiste descritte dal governatore del Veneto nella sua autobiografia “Il Nordest sono io” e hanno chiesto al premier un Pdl veneto. E dicono anche che sia isolato perché tutti sanno che l'avanzata della Lega per governare la Regione veneta sia ormai un processo irreversibile. Ma lui, Giancarlo Galan, va avanti. Vuole difendere il serbatoio elettorale, impedire il sorpasso da parte del Carroccio, e vincere la guerra per una rappresentanza del Pdl nel Nordest che “rischia di finire come il Pd, senza saper più intercettare le esigenze né i voti degli elettori del Nord”, spiega al Foglio. E per difendersi dai concorrenti leghisti non c'è altra alternativa, non c' è altra parola, non c'è altro obiettivo: federalismo. “E infatti”, rammenta Galan, “nello statuto della Regione veneta è scritto a chiare lettere: autonomismo, federalismo, autogoverno. Ed è scritto a chiare lettere anche nel manifesto-appello al premier degli autoconvococati: federalismo, autonomismo, autodeterminazione nella scelta dei leader che non deve essere più imposta da Roma”.

    Il suo modello di federalismo però è diverso da quello lombardo. “Formigoni vuole trattenere L'80% dell'Iva e il 15 % dell'Irpef: è una strada impraticabile, una pretesa eccessiva, io invece voglio il trasferimento di alcune competenze alla Regione. Il federalismo non è una gara per mantenere sul territorio la quota più alta di entrate fiscali. Non è nemmeno una rivincita contro il Sud. Deve essere differenziato e solidale. Si trattiene una parte delle risorse fiscale e se ne destina un'altra al Sud attraverso il meccanismo della perequazione. Parlano i dati: ogni cittadino veneto dà allo Stato 9800 euro all'anno, in cambio ne ottiene 7200. In Calabria invece ogni cittadino dà 5651 e ne riceve in cambio 7579. Datemi una competenza e trasferitemi le somme relative, ma non in base alle spese storiche perché se io in Veneto offro un buon servizo sanitario per 80 euro contro i 100 euro della Basilicata che offre un servizio peggiore, è ovvio che la media deve essere calcolata sul Veneto”.

    Considerato un esponente del forzaleghismo, Galan (“Se andiamo avanti così la prossima volta voto la Lega”, ha detto e ribadito più volte) non è invece così netto sul rapporto con l'opposizione con cui la Lega invece ha avviato le trattative. Interpellato dal Foglio su Massimo Cacciari, dice “Più passa il tempo più mi è simpatico, dialoghiamo tutti i giorni, abbiamo idee simili sul modello federalista, ma solo perché lui è politicamente scorretto, è un eretico come me”. E' presto per dire, quindi, se il suo modello di Pdl veneto ispirato alla Csu bavarese, ma “senza strappi con Berlusconi e il Pdl” sottolinea, contempli un'alleanza che guardi anche a sinistra, con Cacciari, all'interno di una macroregione che guardi a Est. Anzi guai a chiederglielo che si arrabbia e chiede di scrivere “Mai” a lettere cubitali.

    Calderoli fa bene a dialogare con Chiamparino, ma non fate ipotesi sbagliate. Si tratta di un ministro del governo che dialoga con il ministro ombra: non è un asse Lega-Pd. E noi non abbiamo alcuna intenzione di trattare con l'opposizione. Siamo contenti però che ci sono arrivati tutti al punto dove noi siamo. E' da tempo che lo diciamo: il modello lombardo non può funzionare, quello differenziato e solidale sì. Secondo alcune stime il Veneto potrebbe trattenere il 60% delle risorse fiscali, dai 14 ai 20 miliardi di euro. Ma non arriveremo neanche a quella soglia. Qualcosa otterremo, ne sono sicuro, ma non aspettiamoci troppo. Ciò che importa è affermare finalmente un principio di reponsabilità e riscattarci dalla vergogna”.

    Gli equilibri politici nel Nordest sono fragili e Galan lo sa. E sull'ipotesi che lui venga sacrificato da Berlusconi per dare la guida del Veneto alla Lega per tenersi il comando della Lombardia, risponde: “E' una fesseria, se il Cavaliere volesse tagliarmi fuori, gli basterebbe candidarmi alle elezioni europee il prossimo anno. Io ho avuto paura solo una volta, quando è stato formato il governo e sono stato convocato ad Arcore. Temevo che potesse affidarmi un ministero, ma io non voglio andare a Roma, mi vedete andare a Potenza a parlare con chi usa un idioma che non capisco?”.

    Folkore a parte, Galan sembra voler essere pragmatico. “Tremonti mi piace, tranne che per la sua ipotesi sui dazi doganali, ma sui tagli alla Sanità non ci sto, ovviamente. Sto dalla parte delle Regioni. Per la sanità il Veneto dà ogni anno un miliardo di euro al Sud: acqua nel deserto. Subiamo un' ingiustizia, ecco perché non siamo accordo sui tagli voluti dal governo. La congiuntura economica è drammatica, lo sappiamo, ma non si può accettare di continuare a versare il nostro sangue. Non possiamo permettere che vengano reintrodotti i ticket sanitari, ci vuole un trattamento differenziato che tenga in considerazione il contributo delle Regioni più virtuose. Si può risparmiare su altro: privatizziamo le ferrovie, la Rai. Insomma abbiamo un paese spaccato in due: l'85% del debito pubblico è creato da Campania, Calabria e Sicilia e questo governo non sta certo lavorando per il Nord. E un po' lo capisco: si parla tanto di questione settentrionale, ma la vera questione ora è risolvere le emergenze al Sud. Comunque la posta in gioco è la rappresentanza nel Nord, consolidare e raccogliere consensi che ci permetta di arrivare alle elezioni regionali con maggior forza. E poi non ho niente da perdere. Se mi va male, torno a casa”, chiosa, ma noi non gli crediamo.