Intervista al ministro per la Semplificazione

Calderoli ci dice che il dialogo sulle riforme non si è interrotto

Salvatore Merlo

Il ministro per la Semplificazione commenta a caldo la proposta di riforma elettorale europea avanzata dal Pd: “E' la fotocopia della nostra – ride – non so come si faccia a dire che il dialogo non abbia funzionato”. Solo un aspetto non convince Roberto Calderoli.

    Roma. Il ministro per la Semplificazione commenta a caldo la proposta di riforma elettorale europea avanzata dal Pd: “E' la fotocopia della nostra – ride – non so come si faccia a dire che il dialogo non abbia funzionato”. Solo un aspetto non convince Roberto Calderoli, il Pd propone uno sbarramento al 3 per cento: “Come punto di arrivo va bene, ma come punto di partenza è poco. Se si parte dal 3 per cento, si finisce con uno sbarramento all'1 per cento”. Così parlando con il Foglio, l'autore del Calderolellum (detto anche Porcellum), detta l'agenda della “politica del fare”: federalismo fiscale a settembre, riforma elettorale europea a novembre, a gennaio le riforme costituzionali condivise: “Io con il Pd ci parlo da due mesi – spiega smentendo all'unisono il Cav. e W. – e vi assicuro che anche loro sono d'accordo”. Altro che dialogo chiuso.

    Ma con quale interlocutore, Veltroni o D'Alema? Calderoli risponde, neanche tanto sibillino: “Io posso essere d'accordo o meno con il modello tedesco, però è un modello. Se tu vuoi parlare di qualcosa – spiega – una tua proposta deve esserci. Ecco. Veltroni per esempio lunedì parlava della giustizia, però non ho sentito avanzare una sua proposta”. Il ministro ribadisce che nella progressione delle riforme la modifica del sistema elettorale nazionale non è la priorità. E invita i referendari e il centrosinistra “ad abbandonare l'idea del referendum, perché nasce già vecchio. Una volta modificato l'assetto istituzionale, con l'introduzione per esempio del Senato federale – spiega – questo referendum sarebbe inutile, introdurrebbe un sistema elettorale inapplicabile al nuovo assetto costituzionale”. I partiti “si accordino per disincentivare la partecipazione alla consultazione popolare, poi tutti ci impegneremo a recepire le indicazioni dei referendari nella scrittura della riforma”.

    Su tutte, la parola chiave di Calderoli – anche per quanto riguarda il referendum – sembra essere “dialogo”. Sebbene di aria d'accordo non sembra tirarne troppa. Veltroni ha dichiarato chiuso il dialogo e Berlusconi ha paragonato il Pd al giustizialismo di Antonio Di Pietro. “Le beghe tra partiti e le beghe per la leadership tutte interne al Pd non fermano un percorso che è già cominciato. E se ci fate caso – aggiunge – sulle riforme Veltroni non ha detto niente, non ha mai attaccato. So di cosa parlo perché sono in contatto costante anche con l'opposizione. Il federalismo fiscale è frutto di un'apertura totale alle proposte delle regioni”.

    “Le riforme vanno fatte assieme”. Affermazioni che potrebbero suonare come un eccesso di wishfull thinking. L'opposizione nelle ultime settimane è stata durissima sulla giustizia, accusando anche il governo di un eccessivo ricorso alla decretazione d'urgenza. “Aspetti minori – sentenzia il ministro – Tutti sanno che le riforme vanno fatte, vanno fatte insieme e sarebbe criminale rinunciarvi. E poi, anche sulle riforme costituzionali, abbiamo preso molto dal centrosinistra. Il punto di partenza sul proggetto Violante è una cosa concreta. In questa legislatura non c'è più lo scontro sul merito del dafarsi. Nel 2001 il premierato era assolutamente inviso alla sinistra, adesso noi abbiamo preso delle proposte che venivano dal loro stesso campo”.

    D'altra parte se il Pd si divide al suo interno sulle ipotesi di riforma elettorale, tra sistema francese e tedesco, tra proporzionalisti, bipolaristi e bipartitisti, “sulle riforme costituzionali no. Non c'è divisione – assicura Calderoli – Iniziamo a fare qualcosa per il bene del paese – propone – e poi dopo vedremo, sulla base di contenuti certi, di discutere la legge elettorale”. Questione di reponsabilità politica? “Se si continua a litigare, la gente non capirà. Il paese ha bisogno delle riforme. Nessuno può sognarsi di dire che non si fanno per le beghe tra i partiti. Io credo che il popolo verrebbe davvero a prenderci a casa”. E la Lega farebbe cadere il governo? “La Lega ha dimostrato nel 2001 di essere una fedele e responsabile alleata. Sappiamo che in una coalizione non esiste solo il nostro programma. Ma – aggiunge Calderoli – nel '95 la Lega ha dimostrato di avere la forza e il coraggio di staccare la spina quando le condizioni per un'alleanza capace di governare non ci sono più”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.