Repubblica Ceca-Svizzera 1-0

Alla Svizzera non bastano i metodisti

Maurizio Crippa

Come insegnava il vecchio Hitchcock, se vuoi fare un film ambientato in Svizzera ci metti i laghi, gli orologi e il cioccolato, così la gente capisce che sei in Svizzera.

    Come insegnava il vecchio Hitchcock, se vuoi fare un film ambientato in Svizzera ci metti i laghi, gli orologi e il cioccolato, così la gente capisce che sei in Svizzera. Certo, puoi anche fare un film in Svizzera senza orologi e cioccolato, ma allora sei un fottuto intellettuale come Godard o Claude Goretta, e gli svizzeri se c'è una cosa che non ci tengono proprio è a passare da intellettuali. Sicché per la coreografia dell'eurodebutto di Basilea non si sono fatti mancare niente: mucche finte, ragazzi in camicia a scacchi e ragazze travestite da “c'è un grande prato verde”. Il vecchio Hitch avrebbe avuto invece qualcosa da ridire su quell'insensata parata di cubi in mezzo al campo, che daranno anche l'idea della precisione, ma per dare il benvenuto alla palla rotonda facevano un po' troppo molto arte concettuale. Comunque l'inizio è sempre emozione, e infatti l'inno nazionale ceco cantato da un tenore fa piangere peggio del funerale di Pavarotti. Quello svizzero è cantato in stile pop da una Heidi di colore (certo, Heidi è tedesca: ma chi conosce una ragazza svizzera che non sia Michelle Hutzinker?).
    Finalmente si parte, almeno Beppe Dossena la pianta di dire “il calcio della Svizzera potrebbe fare un mix esplosivo”. Svizzeri rossi, cechi bianchi, arbitri con delle casacche celesti da cadetti in riva al Lemano. Partita che non decolla, pubblico che sembra a un cda. In campo, è più un film di Goretta che uno spot per il bel gioco. Ludovic Magnin, terzinone della Svizzera è biondo e calvo come un tagliaboschi del Vallese, il giovane più promettente è ovviamente un capoverdino, si chiama Gelson Fernandes e sta al Manchester City, il ct dei cechi è sempre una gran bella zazzera bianca, Mitteleuropa da vedere. Messo in difesa sulla fascia, Jankulowski da solo riesce a essere in difficoltà come tutta la difesa del Milan messa insieme. Tanto che Bherami, che assomiglia a Cristiano Ronaldo soltanto per le meches, davanti a lui sembra un inganno credibile. La Svizzera fa un po' di più, s'inventa qualcosa. L'unico che carbura è Dossena: “La Svizzera ha due metodisti davanti”, che detto nella terra di Calvino e Zwingli è sempre un bel ragionamento. Comunque uno è Senderos, e sta all'Arsenal, e l'altro è Inler dell'Udinese. Bei portieri, in compenso. “Cech c'è”. Molta noia, ci si attacca ai dettagli. Ad esempio il guardalinee italiano Calgano lo inquadrano sempre, forse perché è un incrocio tra Frattini e Panucci, ma più pettinato. “Bucaniere Koller” è espressione che non sentivamo più dai tempi di Bruno Pizzul, e francamente non è che si avesse nostalgia. Frei, il buon centravanti dei rossi, si becca una botta al ginocchio e si avvia fuori. Civoli: “Ma sulle sue gambe”. “Eh, ma è appoggiato”, fischietta Gatto Nero Dossena. Finisce come ovvio che Frei lo portano via. Esce che piange, ed è l'unica emozione del primo tempo della prima partita di Euro 2008. Gli svizzeri gridano “ops Suiss” come se fosse una gara di sci, i loro difensori fanno uno scivolone difensivo e al 70esimo Sverkos al primo tiro dei cechi la sparacchia male ma dentro al sacco. Gol partita, nonostante l'arrembaggio elvetico, un rigore negato che in Italia cadeva il governo, una traversa da mangiarsi le mani e il civile pubblico svizzero che fischia pure gli infortunati avversari in barella. Nell'intervallo e nel dopogara, va in onda il gran bollito misto Rai: Mazzola, Carlo Longhi e soprattutto Marino Bartoletti, detto O' Profeta. Che prima pronostica: “Nel 50 per cento dei casi la partita iniziale è un pareggio”. E alla fine si lancia in un raggelante “la fortuna è ceca…”. Parte benone anche l'Europeo della Rai.

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"