Sondaggio su Hyde Park Corner: che fine ha fatto il "meno tasse"?

Pop e ganzismo al Tremonti show

Marco Ferrante

Il giovedì seguente al mercoledì da leoni, è la passerella del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Conferenza stampa congiunta, Tremonti + sei (Alfano, Brunetta, Calderoli, Matteoli, Sacconi, Scajola), al ministero del Tesoro, nella sala della Maggioranza, dove all'indomani dell'Unità d'Italia si tenevano i Consigli dei ministri. Affollamento da grandi occasioni. Tremonti al centro sul lato lungo del tavolo, alle sue spalle un ritratto di Cavour.

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    Roma. Il giovedì seguente al mercoledì da leoni, è la passerella del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Conferenza stampa congiunta, Tremonti + sei (Alfano, Brunetta, Calderoli, Matteoli, Sacconi, Scajola), al ministero del Tesoro, nella sala della Maggioranza, dove all'indomani dell'Unità d'Italia si tenevano i Consigli dei ministri. Affollamento da grandi occasioni. Tremonti al centro sul lato lungo del tavolo, alle sue spalle un ritratto di Cavour. La conferenza stampa è convocata per illustrare il senso tecnico-politico della manovra blindata, che sottrarrà a un Parlamento debitamente peonizzato l'eccesso di emendabilità della legge Finanziaria. In realtà è la rappresentazione plastica del fatto che Tremonti è molto forte. E' il titolare del ministero dell'Economia, ma pure il coordinatore di un gruppo di ministri che accettano la sua ospitalità, in segno di riconoscimento della leadership.
    Il Dpef con previsioni di crescita caute (0,9 per cento nel 2009, 1,2 e 1,3 negli anni successivi) e poi la manovra illustrata in questi due giorni sono tremontiani: dal piano casa alla banca per il Mezzogiorno, dalla liberalizzazione dei servizi pubblici locali, alla tassazione delle stock options. In questo programma convivono i due elementi principali del tremontismo.

    Il primo è quello che il ministro tira fuori quando un giornalista, un ragazzo corpulento, polo a righe, si fa largo e gli chiede come mai il governo precedente sostenuto da una maggioranza piena zeppa di partiti comunisti non sia riuscito a far passare niente di lontanamente paragonabile alla Robin Hood Tax, la tassa che colpisce gli extraprofitti dei petrolieri; e dunque quale paradosso vive nell'azione di Tremonti? Tremonti, che viene dagli studi giuridici in uno dei collegi pavesi e che passa con disinvoltura dai dossier tecnici all'umanesimo, guarda l'interlocutore e risponde: “Un filosofo, Bergson, diceva che il paradosso contiene lo splendore della verità. Grazie”. Silenzio ammirato della platea. Il Tremonti un po' moralista della Robin Hood Tax, che rivendica un'ispirazione sinistroide e che non è piaciuto agli ultraliberisti – arricciatisi sul principio assoluto del prezzo come unico punto di equilibrio possibile della realtà – convive però con un altro Tremonti che ai liberali piace molto. E' quello che ieri presentando la parte di manovra del ministro della Giustizia Angelino Alfano, ha sottolineato l'importanza del rapporto tra rapidità della giustizia civile e la competitività di un sistema economico, cioè un Tremonti quasi hayekiano: non c'è mercato senza legge. A un Tremonti così si potrebbe tranquillamente perdonare il pop un po' anarcoide della Robin Hood Tax.

    Fate domande anche agli altri
    Siccome una parte del fascino del ministro dell'Economia viene dalla quantità delle sfumature di cui dispone, tra Hayek e Robin Hood ci sono molti altri Tremonti. C'è quello che alla domanda sull'ipotesi di estensione della Tobin Tax (una tassa sui movimenti speculativi di capitale) al settore energetico, prima si schermisce dicendo che questo tema non fa parte del provvedimento illustrato, poi pregando i giornalisti che vorrebbe domande per tutti i ministri presenti (cordialità ottriata, infatti Scajola un po' storce il naso), infine – prestandosi alla risposta – dice che in effetti qualcosa l'occidente deve cercare di fare. C'è un Tremonti molto gentile che si alza dal suo posto centrale per far sedere Matteoli – causa microfoni – e si siede di lato, consapevole che il centro dell'attenzione generale resterà lui. C'è un Tremonti che sorride un po' incredulo quando Roberto Calderoli lo ringrazia per avergli consentito di fare dei tagli, circostanza che gli procura un piacere maggiore – dice – di quando tagliava nello svolgimento della sua attività professionale di chirurgo. E c'è infine il Tremonti più tremontiano, quello di Mourinho. Ironizza sul fatto che i lettori dell'Unità troveranno eversiva la notizia per cui c'è inversione dell'onere della prova per gli italiani che vogliono pagare le tasse nei paradisi fiscali in cui si dichiarano residenti.
    Per chi osserva (e apprezza) il suo tratto sospeso tra la caccia al consenso, un pizzico di pop, il talento creativo e una forma di ricerca di una soluzione politica fatta di occupazione anche fisica dello spazio generato dal suo attivismo, Tremonti ha davanti a sé larghe prospettive e qualche minaccia. Oggi è l'uomo che schiaffeggia banchieri e petrolieri, che dà un segnale etico ai grandi manager, e cerca di tenere a freno l'assalto alla diligenza dei partiti. E' centrale, e il Cav. non ostacola la sua crescita. Però nei sistemi politici che ruotano intorno a un sole, c'è sempre il rischio di sembrare troppo potenti. (foto Ansa)

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