La terza puntata on line domenica 15 giugno

I duellanti - Seconda puntata

Marco Ferrante

La storia di Capitalia comincia nel 1989, quando la Cassa di Risparmio di Roma – il cui direttore generale è Cesare Geronzi, già dirigente della Banca d'Italia, vicino a Guido Carli, già vicedirettore del Banco di Napoli con Rinaldo Ossola – acquisisce il Banco di Santo Spirito e tre anni dopo il Banco di Roma. Nasce Banca di Roma.

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    La storia di Capitalia comincia nel 1989, quando la Cassa di Risparmio di Roma – il cui direttore generale è Cesare Geronzi, già dirigente della Banca d'Italia, vicino a Guido Carli, già vicedirettore del Banco di Napoli con Rinaldo Ossola – acquisisce il Banco di Santo Spirito e tre anni dopo il Banco di Roma. Nasce Banca di Roma. Amministratore delegato è Geronzi, presidente Pellegrino Capaldo. Per tutti gli anni Novanta, su impulso della Banca d'Italia (Fazio e Geronzi sono in eccellenti rapporti personali) a Banca di Roma viene affidato il ruolo di draga del sistema bancario. Interviene su Banca Mediterranea e Banca nazionale dell'agricoltura. Nel 1997 viene privatizzata. Nel 1999 gli olandesi di Abn Amro entrano nel capitale come primi azionisti. A fine anno, Banco di Roma entra in Medio credito centrale che ha in pancia il Banco di Sicilia.
    Nel 2002 nasce Capitalia, dopo l'intervento di salvataggio della banca bresciana Bipop Carire specializzata nell'on line. Per cinque anni Capitalia, come il resto delle banche italiane, si presta al processo di consolidamento e sta dietro alle richieste che arrivano dal sistema industriale e dalla Banca d'Italia, Fiat, Mediobanca, Parmalat e Cirio. Scrive Vittorio Borelli in “Banca padrona” (Rizzoli, 2005): “Geronzi è stato per un decennio uno degli strumenti principali a disposizione di Banca d'Italia per realizzare la riorganizzazione del sistema”. Capitalia è la banca che deve farsi carico delle situazioni difficili.
    Geronzi stabilizza l'assetto azionario. Prende dal Credito bergamasco un amministratore delegato, Giorgio Brambilla, che amalgama la fusione (gli succederà Matteo Arpe). Dà alla banca una veste istituzionale. Nel 2003 nel suo cda siedono Abn, i Ligresti, i Boroli-Drago, Pirelli, Colaninno, Marchini. Nel 2005 entrano Fininvest, Merloni e Pesenti.
    Nel 2005 si interrompe il sodalizio con Antonio Fazio. Gli olandesi avevano cercato di salire al 20 per cento di Capitalia per poi arrivare alla fusione tra Capitalia e Antonveneta. Geronzi in una prima fase non è d'accordo, successivamente, d'accordo con gli olandesi, sottopone a Fazio l'ipotesi Antonveneta. Fazio dice no, di Antonveneta se ne occuperà Gianpiero Fiorani.
    Il presidente di Capitalia si oppone alla controffensiva faziana avversa alle due opa straniere su Bnl e Antonveneta. Appoggia gli olandesi per evitare che si concentrino su Capitalia. Diventa il banchiere dell'establishment italiano, dà un contributo decisivo nella battaglia per il controllo del Corriere della Sera, minacciato dalla stravagante scalata di Stefano Ricucci. Questa operazione mette in crisi i tradizionali avversari di Geronzi: abituati a considerarlo un banchiere romano ostile al sistema milanese, se lo ritrovano accanto in un ruolo guida. Nel 2007 Geronzi completamente istituzionalizzato – anche se ancora alle prese con le code della faida giudiziaria italiana – contemporaneamente cattolico, vaticano, ma anche borghese, si accorda con Alessandro Profumo.

    Il duello
    Tra i due c'è sempre stato un confronto a distanza, ma il duello tra Geronzi e Bazoli comincia intorno al 2005, quando il riassetto del sistema economico finanziario rese necessario individuare nettamente delle polarizzazioni, dei centri di gravità. C'erano molte cose in cui mettere ordine e a cui dare stabilità. Le due banche italiane sotto opa straniera, Rcs scalata, Mediaset in cerca di una soluzione definitiva che diluisse il conflitto d'interessi, la solita Telecom, le solite Generali. In tre di queste partite, Rcs, Telecom e Generali, Bazoli e Geronzi avevano parecchio peso. Di Rcs il primo era azionista attraverso Intesa e la Mittel. Il secondo attraverso Mediobanca e una quota di Capitalia. Stesso dicasi per Generali: Capitalia, con il 10 per cento circa di Mediobanca, era il perno di un'alleanza di governo italo-francese della banca d'affari, assieme al gruppetto di soci che fa capo a Vincent Bolloré. Mediobanca è il primo azionista di Generali. Ma Generali è legata a Intesa da una partecipazione incrociata e da un legame commerciale, Intesa vende le polizze di Trieste. Anche nella lunga catena di controllo Telecom c'era un interesse azionario comune.
    Dunque Bazoli e Geronzi erano centrali in queste vicende, anche perché entrambi dotati delle caratteristiche, dell'esperienza, dei rapporti e del gusto per la geometria negli assetti di potere.
    Così, all'inizio del 2006, cominciò la partita. Eccola, cronologicamente, con l'aiuto di una legenda (B=mossa o evento a favore di Bazoli; G=mossa o evento a favore di Geronzi; N=evento neutro).
    A febbraio 2006 – dimessosi Fazio, archiviate le due opa e l'affaire Corriere – è in pieno svolgimento il tormentone Telecom. La Pirelli, società chiave negli equilibri del risiko finanziario, è in difficoltà. Marco Tronchetti Provera pensava di cedere alcune partecipazioni rilevanti in Capitalia e Mediobanca per convogliare le risorse in Telecom.
    Naufraga il progetto di avvicinamento di Fininvest alla Telecom (una smentita ufficiale arriva il 7 aprile). Bazoli è contrario e si mette di traverso a Geronzi, che considera quell'ipotesi una delle strade perseguibili per salvare Tronchetti, ma anche per dare una prospettiva strategica al futuro di Mediaset.
    In quel momento, si parla anche del rischio che Generali sia sotto osservazione estera.
    Geronzi – secondo voci di stampa – è fautore di una soluzione filoberlusconiana, una grande intesa tra Telecom e Mediolanum. Il piano non andò avanti soprattutto perché Ennio Doris, principale azionista di Mediolanum e alleato del Cav., riteneva che la sua società fosse valutata troppo poco. Bazoli – molto interessato al dossier Generali per via del rapporto commerciale con Banca Intesa – non avrebbe gradito affatto una soluzione del genere, ma il no di Doris gli consentì di non intervenire.

    B - Il principale alleato di Bazoli è Romain Zaleski, finanziere franco-polacco a capo del gruppo Carlo Tassara, socio della Mittel, società che costituisce lo zoccolo duro, la base finanziaria del sistema bazoliano: è alla Mittel, per esempio, che fa capo la partecipazione in Rcs acquisita dal Nuovo Ambrosiano. Il 15 febbraio del 2006 Zaleski entra in Generali con una quota del 2,2 per cento. (Per farsi un'idea della fama di implacabile raider di cui gode Zaleski, può servire un aneddoto di qualche tempo fa: una volta una persona che non lo conosceva gli telefonò. Rispose sua moglie: “Non è in casa – disse – è in scalata”. Siccome dall'altro capo del filo la reazione fu di un silenzio tra la curiosità e l'allarme, lei subito precisò: “In montagna, s'intende”).

    In questa fase si comincia a parlare anche di un grande progetto di accordo tra Féraud e D'Hubert. E' il progetto Capintesa.
    Scrive Giuseppe Turani il 7 marzo 2006: “Di fatto, in un sol colpo, si metterebbero al sicuro da eventuali attacchi esterni quattro importanti realtà finanziarie: Capitalia, Intesa, Mediobanca, Generali. Inoltre, scopo non secondario della Nuova Galassia sarebbe quello, disponendo di un rilevante potere finanziario, di opporsi a eventuali scalate o opa contro realtà industriali italiane”. C'è aria di fusione, ma l'operazione salta. L'amministratore delgato di Capitalia, Matteo Arpe, è contrario, perché non ci sarebbe spazio per lui. In quel momento ha il campo libero, perché il 22 febbraio arriva l'interdizione temporanea di Geronzi dagli uffici direttivi, per decisione del gip di Parma, dove si discute il caso Parmalat in cui vengono contestate delle accuse a Capitalia.

    N - Il 10 marzo, Capitalia compra il 2,02 per cento di Banca Intesa con un investimento di circa 600 milioni di euro. Congela la possibilità di opa da parte dei milanesi.
    Il 20 aprile Arpe dice “la fusione tra Capitalia e Intesa non è allo studio” e la banca non intende “neanche metterla allo studio. Anche con il reintegro di Cesare Geronzi”.
    Lo stesso giorno interviene Passera, e manda a dire al non amato Arpe: “Al tempo dell'acquisizione di Cariplo da parte di Ambroveneto io ho partecipato, ma mi sono fatto da parte perché ero il più giovane”. Perché Passera ricorda quel passaggio? Perché all'epoca quando nacque Banca Intesa, Bazoli preferì affidarsi a un amministratore più esperto per la nuova banca. Così Passera se ne andò a Roma in Poste, e il posto di capo esecutivo della nuova banca toccò a Carlo Salvatori.

    B - Mentre infuria la battaglia, sempre nella primavera del 2006, Bazoli lavora per mettere a segno un altro colpo. Batte la coppia Arpe e Profumo (più Abete, presidente di Bnl), alleati nella contesa per la presidenza dell'Abi, l'associazione bancaria italiana. Il loro candidato, Roberto Mazzotta, presidente della Popolare di Milano, viene stoppato. Il designato è Corrado Faissola, stretta osservanza bazoliana, amministratore delegato di Banca Lombarda di Brescia che sta per andare in sposa alla Bpu di Bergamo. Sarà eletto il 12 luglio.

    B - A giugno, il 23, viene nominato alla Consob, la commissione che vigila sulle società e la Borsa, un commissario considerato vicino al presidente di Intesa. Si chiama Vittorio Conti, è stato responsabile della gestione rischi del gruppo bancario milanese.

    G - Nel luglio 2006, Geronzi mette a segno un punto suo, pesante. Il 20, Vittorio Colao, amministratore delegato di Rcs al tempo del tentativo di scalata da parte Ricucci, considerato molto vicino a Corrado Passera, capo esecutivo di Banca Intesa, lascia la Rcs, dopo lunghe tensioni con il direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli. Colao garantisce la continuità aziendale fino al 12 settembre.

    B - L'ipotesi di un futuro comune per Geronzi e Bazoli cade in piena estate. Arriva la fusione tra Intesa e Sanpaolo Imi. E' successo che, registrata l'ostilità di Arpe, Bazoli comincia un negoziato con Torino. Certo, la soluzione Capintesa gli avrebbe dato più serenità, avrebbe riportato Intesa in Mediobanca, ma un accordo con Torino ha un senso industriale più forte. Le strade con Capitalia si separano. Il 26 agosto 2006 i consigli di amministrazione di Intesa e Sanpaolo Imi approvano le linee del progetto di fusione, che sarà ratificato il 12 ottobre e convalidato dalle assemblee straordinarie il primo dicembre.

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