Separati alla nascita, oggi di nuovo assieme

Perché Berlusconi e Sarkozy sono sì fratelli ma certo non gemelli

Lanfranco Pace

Uno spettro si aggira in Europa, nei centri studi, negli istituti che analizzano a freddo la cosa politica. E' il sarko-berlusconismo, dove con la giustapposizione del presidente francese sul premier italiano e viceversa si intende definire il fenomeno di questi anni, la trasformazione profonda, di immagine e di idee, della destra del Vecchio continente.

Leggi l'intervista a Sarkozy pubblicata sul Foglio del 7 aprile 2007

Clicca qui per leggere il Monde sul sarko-berlusconismo

    Uno spettro si aggira in Europa, nei centri studi, negli istituti che analizzano a freddo la cosa politica. E' il sarko-berlusconismo, dove con la giustapposizione del presidente francese sul premier italiano e viceversa si intende definire il fenomeno di questi anni, la trasformazione profonda, di immagine e di idee, della destra del Vecchio continente. Un'innovazione che a termine potrebbe estendere la sua egemonia a tutto il Ppe: nel Partito popolare governato fin qui dalle solide, ragionevoli élite della Cdu tedesca sono infatti già confluiti il partito del presidente francese, quello di Berlusconi e a breve termine dovrebbe entrare anche Alleanza nazionale, quindi tutto il Popolo della libertà. Ma davvero si può parlare del sarko-berlusconismo come di un movimento omogeneo dagli accenti vagamente populisti, che ha introdotto l'antistatalismo e l'antipolitica nella politica, piegandola a criteri puramente manageriali, cercando di gestire lo stato come un'impresa e trasformandone il ruolo da stato provvidenza, da welfare a stato liberale, secondo la declinazione del politologo francese Pierre Musso che al fenomeno ha dedicato il suo ultimo saggio?


    E' evidente che il presidente francese e il premier italiano si stimano, si piacciono e hanno non pochi punti di affinità. Credono nell'amicizia con gli Stati Uniti, pensano le stesse cose sull'Europa. Entrambi coltivano o hanno coltivato l'ambizione di entrare nella storia del proprio paese. Berlusconi è stato il primo a congratularsi con Sarkozy dopo la vittoria del 2007, ricambiato a tempo di record la sera del 14 aprile. Sarkozy sarà il primo capo di stato straniero che Berlusconi incontra da presidente del Consiglio, martedì prossimo a Roma. Entrambi amano decidere in fretta o dare questa impressione. Entrambi sono “méneurs d'hommes”, diffondono ottimismo, qualità senza la quale, dicono, non sarebbe possibile governare né un'impresa né un paese, un approccio all'americana che ha il pregio di rompere con quel pessimismo dell'intelligenza che è stato in Italia il retroterra culturale dei gruppi dirigenti comunisti e dc. Entrambi sono seduttori, grandi comunicatori e animali televisivi.


    Certo non hanno lo stesso carattere. Abbiamo visto Sarkozy in visita al Salone dell'agricoltura di Parigi porgere la mano a uno sconosciuto che rifiuta di dargliela per non sporcarsi le mani e lui che sibila: “Barre toi, pauvre con”, che poi sarebbe “togliti dalle palle, testa di cazzo”, una reazione che Berlusconi non avrebbe mai meno per senso della funzione che per semplice buona educazione. Ma è su alcuni aspetti di fondo che c'è differenza tra i due leader. Sarkozy è un politico di professione, con trent'anni di militanza alle spalle, la sua candidatura è stata immediatamente sostenuta dall'alta borghesia, dal grande padronato, da quello che il filosofo Paul Virilio ha definito il complesso militare-industriale. Ha sedotto in corso d'opera la piccola borghesia, commercianti, artigiani e gli strati popolari impauriti dalla globalizzazione e dall'insicurezza montante.

    Le due diverse vittorie

    Berlusconi invece emerge contro la volontà dei cosiddetti poteri forti, dei salotti buoni del sistema industriale e finanziario. Il suo processo di legittimazione e il suo affondo partono dal basso, dalla piccola borghesia del sud e dal popolo delle partita iva del nord. Sarkozy ha inasprito il suo linguaggio e le sue proposte in materia di immigrazione per tagliare l'erba sotto i piedi dell'estrema destra e prosciugarne il serbatoio elettorale: a ogni istante, prima da candidato poi da presidente, ha incarnato la pienezza dei poteri statuali. Berlusconi resta anche in questa materia un cattolico compassionevole. In cinque anni il suo precedente governo ha prodotto la Bossi-Fini una legge certo severa, ma lontana dal giro di vite annunciato dal presidente francese. Solo ora con il nuovo governo, con il primo Consiglio dei ministri a Napoli, affiora la determinazione del premier e della destra a ristabilire la piena autorità dello stato repubblicano.


    Sarkozy s'impone come candidato naturale di una destra sclerotizzata, costretta a cambiare per evitare un sicuro fallimento. Berlusconi irrompe sull'onda di un'eccezione, la distruzione per via giudiziaria delle forze di governo. Sarkozy ha vinto sulla rupture culturale coniugata a tutti i livelli. Berlusconi ha rivinto e stravinto, senza far sognare, promettendo poco e mostrando la consapevolezza della gravità del momento, che è come dire la parte lettiana della sua anima.

     

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    • Lanfranco Pace
    • Giornalista da tempo e per caso, crede che gli animali abbiano un'anima. Per proteggere i suoi, potrebbe anche chiedere un'ordinanza restrittiva contro Camillo Langone.