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"Stiamo freschi"

Piero Vietti

Analizzando i dati in possesso di molti climatologi nel mondo, appare evidente come le conclusioni catastrofiste siano il frutto di una lettura deviata, a tratti ideologica, degli stessi dati.“Se chiediamo a una persona molto anziana di ricordare i fatti più importanti accaduti nel XX secolo, probabilmente citerà i due conflitti mondiali, la Guerra fredda e forse la rivoluzione informatica, ma è alquanto improbabile che aggiunga: ‘Ah, e l'aumento del livello del mare…'”.

    "Dobbiamo garantirci un vasto supporto di base e catturare l'immaginazione del pubblico, il che implica un'amplissima copertura mediatica. Quindi dobbiamo presentare scenari spaventosi, fare dichiarazioni semplicistiche ma drammatiche tralasciando di citare i dubbi che potremmo avere”. A parlare è Stephen Schneider, uno dei più famosi esperti di global warming al mondo, la dichiarazione è contenuta nell'ultimo libro di Bjørn Lomborg, “Cool it” (in uscita martedì 27 maggio per Mondadori col titolo “Stiamo freschi, perché non dobbiamo preoccuparci troppo del riscaldamento globale”). La frase di Schneider riassume alla perfezione l'ideologia da disastro ambientale che Lomborg intende ridimensionare. Quando nel 2001 scrisse “L'ambientalista scettico”, lo scienziato danese venne prima accusato di “disonestà scientifica”, poi – con disprezzo – di appartenere alla sempre più nutrita schiera dei “climate change deniers”, i negazionisti del cambiamento climatico, e infine di avere un modo di pensare agli esseri umani molto simile a quello di Adolf Hitler. Quest'ultimo paragone fu avanzato da R. K. Pachauri, presidente dell'Ipcc, il panel dell'Onu che studia i cambiamenti climatici, organo con cui l'ex vicepresidente statunitense Al Gore ha diviso il Nobel per la pace. Nel frattempo il biondo ex militante di Greenpeace è stato però anche inserito dal Time nell'elenco delle cento persone più influenti al mondo e meno di un anno fa definito dal giornale inglese The Guardian “una delle cinquanta persone che possono salvare il pianeta”.
    L'idea di Lomborg è semplice: l'allarmismo che negli ultimi anni si è scatenato sul problema del riscaldamento globale è semplicemente esagerato. E comunque le misure che si vogliono prendere per contenerlo sono inefficaci e molto anti economiche. Con una spesa decisamente inferiore a quella prevista per portare a termine i grandi programmi sul clima si potrebbe intervenire in modo risolutivo sulle grandi malattie, il problema della fame nel mondo e della denutrizione e la mancanza di acqua in molte parti del globo. In “Stiamo freschi” Lomborg spiega, dati e studi approfonditi alla mano, come questa sua idea non sia il sogno utopistico di un visionario ottimista ma un progetto concretamente realizzabile. Così non contesta la teoria secondo cui l'aumento della temperatura mondiale negli ultimi anni sia dovuta alle emissioni di gas serra provocate dagli uomini, ma la prende sul serio e dimostra come le misure previste dal protocollo di Kyoto e da eventuali nuovi accordi ancora più restrittivi non solo siano irreali ma spesso controproducenti.
    Il punto di partenza di Lomborg è – trattandosi di riscaldamento globale – la temperatura che aumenta. Benissimo, scrive, “e che cosa succede quando aumenta la temperatura?”. I media hanno capito che l'associazione di pensiero “global warming” uguale a “paura, terrore e disastri” fa vendere molte copie e pubblicare copertine particolarmente suggestive; i politici hanno capito che promuovere politiche sui tagli alle emissioni di CO2 e nel frattempo inevitabilmente aumentarle dà un'ottima immagine di sé all'opinione pubblica mondiale anche se alla fine non risolve nulla (Lomborg cita l'esempio della Gran Bretagna di Tony Blair che annunciando la volontà di ridurre del sessanta per cento le emissioni entro il 2050 intanto le ha aumentate del tre per cento; o l'ancora più divertente dato che spiega come negli otto anni della presidenza Clinton-Gore l'America abbia aumentato dell'undici per cento le sue). Sono proprio molti leader mondiali ad aver visto nel global warming “un'occasione per elevarsi al di sopra dell'irridente dibattito politico, vestendo gli abiti di filantropi e di statisti coinvolti nel grande tema della sopravvivenza del pianeta”, scrive Lomborg. E prosegue: “Il riscaldamento del globo è da tempo un tema perfetto. Perché permette loro di toccare argomenti grandiosi ma al tempo stesso vicini al cuore della gente, rende alcune tasse popolari e aiuta a relegare nell'ombra i veri costi della politica”. Tutto ciò ha molto appeal sulle folle, che arrivano anche a cantare, come durante una recente manifestazione ambientalista a Londra, cori con queste parole: “Che cosa vogliamo? Tasse sul biossido di carbonio! Quando le vogliamo? Ora!”. Cittadini che inneggiano alle tasse: probabilmente il sogno di qualunque uomo di governo. Che poi gli impegni che tanti politici stanno assumendo in questi anni abbiano scadenze talmente lontane da ricadere sulle spalle di chi prenderà il loro posto, questo lo dicono in pochi, sottolinea maliziosamente l'ambientalista scettico.
    La paura da cambiamento climatico ha sempre eccitato la fantasia delle persone, come se si fosse davanti a un “evento a luci rosse”, scrive Lomborg. Fanno sorridere i titoli dei giornali all'inizio del XX secolo: nel 1912 il Los Angeles Times titolava che “La quinta era glaciale è in arrivo: la razza umana dovrà lottare contro il freddo per salvaguardare la propria esistenza”, e appena dieci anni dopo il Chicago Tribune spiegava che “Uno scienziato afferma che il ghiaccio artico spazzerà via il Canada”. Titoli che per lo meno ridimensionano “storie di copertina” di riviste come U.S. News & World Report che in questi anni annunciavano che “il riscaldamento globale avrebbe provocato siccità, malattie, sconvolgimenti politici, pestilenze, carestie, guerre e flussi migratori”. Se poi si pensa che negli anni Quaranta guerre e carestie erano previste entro l'anno 2000 per colpa del raffreddamento globale, l'invito a “discutere di questi temi in modo pacato” dello scienziato danese è condivisibile.
    Stiamo calmi, oltre che freschi, sembra dire Lomborg dalle righe del suo ultimo libro: è vero, la temperatura aumenta, e forse è anche colpa dell'uomo, ma questo non significherà affatto guerre, carestie, inondazioni, uragani e malattie. Un caso per volta, l'ambientalista scettico danese prende i capisaldi della propaganda ambientalista “alla Al Gore” e dimostra come con misure più razionali e meno costose i tanti problemi per cui secondo i media abbiamo i giorni contati siano in realtà facilmente risolvibili. Lo scioglimento dei ghiacci fa annegare gli orsi polari? Applicando Kyoto ne salveremmo 0,06 all'anno. Diminuendo la caccia quarantanove. Milioni di persone muoiono per colpa della temperatura? Partendo dal presupposto che nel mondo la gente muore più per il freddo che per il caldo, con Kyoto ci sarebbero circa 84.000 morti in più, con misure alternative (più verde nelle città, diversi materiali con cui costruire le abitazioni…) ci sarebbe una netta diminuzione di queste morti. L'elenco è lungo, e va dai danni causati dagli uragani al numero di persone infettate dalla malaria, passando per i morti per fame e il deficit idrico mondiale fino al problema da Lomborg considerato il più grave e urgente: la lotta all'Hiv e all'Aids. Il costo annuo per applicare il protocollo di Kyoto sarebbe di 180 miliardi di dollari a fronte dei 52 spesi con misure alternative, definite “veramente efficaci”. (1.continua)

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    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.