L'analisi politica di Lodovico Festa

Consigli ai vincitori

Lodovico Festa

La tenuta del governo Berlusconi sarà decisa da alcune partite: il federalismo fiscale, il calo della pressione fiscale, un sostegno alla ripresa produttiva e la sicurezza dei cittadini. Su questi campi sono al lavoro i ministri più esperti. Da Giulio Tremonti a Maurizio Sacconi a Roberto Maroni, che hanno idee chiare sugli obiettivi da raggiungere a breve e medio termine. Anche per realizzare questi obiettivi, fondamentali ma circoscritti, non basterà la pura sapienza tecnica, servirà introdurre elementi di visione più generale.

    La tenuta del governo Berlusconi sarà decisa da alcune partite: il federalismo fiscale, il calo della pressione fiscale, un sostegno alla ripresa produttiva e la sicurezza dei cittadini. Su questi campi sono al lavoro i ministri più esperti. Da Giulio Tremonti a Maurizio Sacconi a Roberto Maroni, che hanno idee chiare sugli obiettivi da raggiungere a breve e medio termine. Anche per realizzare questi obiettivi, fondamentali ma circoscritti, non basterà la pura sapienza tecnica, servirà introdurre elementi di visione più generale. Trovare un compromesso tra aree diverse fiscalmente e redditualmente svantaggiate o costruire una contrattazione sindacale più articolata per il lavoro dipendente, si può fare se si convincono incerti e preoccupati. E per placarne le resistenze non bastano politiche di scambio. Solo una grande prospettiva che risponda ai dubbi di fondo di chi è toccato dal cambiamento consente di procedere senza opposizioni sociali devastanti.
    Conforta che nei due posti chiave, Economia e Welfare, vi siano politici che hanno alle spalle non solo una forte esperienza di governo ma anche una solida produzione intellettuale. Così Tremonti, così Sacconi. E che quindi, nel loro ambito, sapranno dare la visione generale che serve.
    Ma risolvere solo i nodi centrali del programma serve al massimo a garantire la tenuta del governo. Per il successo, per effettuare una vera riforma dell'Italia (nei limiti in cui essa sia possibile), per suscitare un ampio rivolgimento del tipo di quelli prodotti dai grandi statisti europei come i laburisti anni Cinquanta, i gollisti, Margaret Thatcher e in qualche misura Tony Blair, è necessaria una ben più vasta battaglia culturale. Così per due pilastri della trasformazione dell'Italia di cui scriverò (una seria politica di infrastrutturazione del paese che sia all'altezza di quella degli anni Cinquanta; una politica di riscossa nel sempre più depresso pianeta della scuola, dell'università e della ricerca). Ma più in generale per tutta la politica governativa.
    Sono in atto profonde tendenze disgregatrici della società italiana. E' saltato il compromesso alla base della Prima repubblica che prendeva atto della divisione ideologica della società e offriva un modello in cui l'integrazione veniva compiuta innanzi tutto dai partiti. E' finita la follia giustizialista anni Novanta (che sopravvive solo in qualche cascame tipo Antonio Di Pietro e Marco Travaglio) che pretendeva di far governare l'Italia dalle manette. Oggi anche quelli che stanno tirando la carretta, come per esempio le splendide piccole e medie imprese italiane, non producono aggregazione ma campi di difesa di interessi limitati. Scambiare quel dandy di Luca Cordero di Montezemolo per il leader di un nuovo partito della borghesia, è come prendere Don Lurio per Schopenauer, tutti i due interessati in qualche modo ai problemi dell'armonia.
    Berlusconi ha protetto molto, oltre che i propri interessi o meglio mentre difendeva i propri interessi, la parte più vitale dell'Italia e ha contrastato il partito giustizialista che ci avrebbe fatto precipitare in un inferno. Ma non è stato sinora in grado di costruire sentimenti-movimenti collettivi che permettano di superare la disgregazione in corso, avvertibile in centomila fatti.
    Senza avere coscienza che questo è il problema, quello di ridare spessore alla società nazionale, non vi sono realistiche prospettive di riforma.

    Un movimento etico-culturale
    Vi sono un sacco di persone intelligenti in questo governo: da Sandro Bondi ad Angelino Alfano a Mariastella Gelmini ad Altiero Matteoli, vi sono quei formidabili politici dei leghisti, da Umberto Bossi a Roberto Calderoli, quella ragazza vispa che mi pare sia Giorgia Meloni (così a occhio Garbatella batte Parioli, 10 a 0). Ma come si pensa di risolvere questioni che si trascinano ormai da oltre venti, trent'anni (dalla valorizzazione dei giacimenti culturali che fu tentata da un politico veramente geniale come Gianni De Michelis negli anni Ottanta alla terribile grana della separazione delle carriere – riproposta recentemente dal nuovo Guardasigilli – alla riforma della Costituzione) puntando solo sul lavoro ministerial-parlamentare e su argomentazioni retoricamente logorate?
    Insomma senza un movimento etico-culturale che dia un'anima all'azione di governo, si andrà poco oltre al pur ottimo programma essenziale. Una profonda riforma della giustizia come, da altro verso, una articolata valorizzazione dei beni culturali richiedono un'assunzione di responsabilità diffuse che consentano di superare egoismi e consolidati corporativismi. Altrimenti ogni provvedimento sarà fonte di furbate o di resistenze alla morte. Pensare di ottenere risultati solo con le leggi o con gli “scambi” o anche con il puro mercato (con la “concorrenza” rigeneratrice) non è possibile, ci vuole un movimento delle coscienze. Che naturalmente sia in grado di confrontarsi con la cultura alta dell'Italia. L'idea di fare riforme fondamentali nelle proprie botteghine conduce solo alle sconfitte delle riforme per via referendaria, quelle subite dalle riforme costituzionali del centrodestra. Il nodo da risolvere è ridare senso all'assunzione di responsabilità. Il che non può farsi grazie a ipocrite lezioncine, non solo dei manettari ma anche degli ultimi mohicani della Costituzione. Ma rilanciando la centralità della morale naturale (storicamente determinata) e razionale come fondamento dell'agire umano, dando centralità alla “persona” come sintesi tra individuo e comunità. Questo è l'unico sfondo possibile per un governo di centrodestra che voglia riformare l'Italia.